Africa inquieta / Il terrore di Boko Haram e le giovani kamikaze in Camerun: rischio contagio?

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In meno di una settimana due attentanti attribuiti a Boko Haram hanno colpito la città di Maroua provocando la morte di 36 persone e oltre cento feriti. Violenze che si concentrano su una città fino ad oggi ritenuta sicura. La testimonianza del missionario italiano, padre Piergiorgio Cappelletti. E il 30 luglio prenderà il via la nuova Forza di intervento multinazionale per contrastare il terrorismo

Due attentati kamikaze, attribuiti a Boko Haram, hanno scosso la scorsa settimana la città di Maroua, camrpnella provincia dell’Estremo nord del Camerun, uccidendo 36 persone e ferendone oltre cento. Il primo attentato, mercoledì 22 luglio, ha interessato il mercato della città, con una duplice esplosione; il secondo, nel pomeriggio di sabato 25 luglio, ha colpito un bar. In entrambi i casi le protagoniste sono state giovani donne con cinture esplosive, ma non è chiarito se siano state proprio loro ad azionare i detonatori. Nelle stesse ore Boko Haram, che non ha rivendicato ufficialmente gli attentati, ha attaccato alcuni villaggi lungo il confine con la Nigeria. Il governo del Camerun ha reagito dichiarando lo stato di emergenza.

Un cambio di strategia.
“Siamo tutti scossi da quanto accaduto perché avevamo sempre considerato la città di Maroua come un luogo sicuro. Ora ci rendiamo conto che non è così”, racconta al Sir padre Piergiorgio Cappelletti, missionario del Pime dagli anni ‘70 in Camerun. “È da almeno un anno e mezzo – racconta padre Cappelletti in questi giorni in Italia – che la situazione di sicurezza è andata progressivamente deteriorandosi, ma questo duplice attacco e quello di Fotokol del 12 luglio segnano un cambio di strategia da parte del gruppo con conseguenze che non possiamo al momento immaginare”. Oltre ai rapimenti, Boko Haram aveva colpito, fino ad oggi, soprattutto mediante incursioni e razzie nei villaggi di confine. “È difficile capire cosa possa spingere delle giovani a immolarsi in questo modo – continua il missionario -, ma l’influenza di questi fanatici può essere fortissima. Un indottrinamento che si innesta in un contesto di povertà, scarsa scolarizzazione e mancanza di prospettive. La preoccupazione è che il gruppo possa fare proseliti anche da questa parte del confine”.

La sfida del presidente Buhari.
La regione dell’Estremo nord del Camerun confina con lo stato del Borno, insieme a Yobe e Adamawa, uno dei tre Stati nigeriani dove si concentrano le basi dell’organizzazione che ha proclamato, per bocca del suo leader Abubakar Shekau, la nascita di un Califfato. “Questi attacchi ci colgono di sorpresa – prosegue Cappelletti – perché dopo la vittoria alle elezioni nigeriane del candidato musulmano, Muhammadu Buhari, pensavamo che la situazione potesse migliorare e, in parte, la relativa calma degli ultimi mesi ci incoraggiava a sperare. Nei giorni scorsi il presidente nigeriano, in visita negli Stati Uniti, ha chiesto al presidente Obama sostegno militare per far fronte alla minaccia terroristica”. Il 30 luglio prenderà il via ufficialmente la nuova Forza di intervento multinazionale congiunto (Mnjtf), coordinata dalla Nigeria, per combattere il gruppo. La missione coinvolgerà 8.700 tra militari, poliziotti e personale civile e coinvolgerà gli eserciti di Camerun, Ciad, Niger e Benin.

Crisi economica.
A preoccupare non è solo l’insicurezza ma anche le conseguenze economiche che ne derivano. “Negli anni passati – continua Cappelletti – questa regione era meta di turisti che venivano a visitare il parco nazionale di Waza, cosa oggi impossibile. Allo stesso tempo anche alcune organizzazioni internazionali hanno ritirato, per motivi di sicurezza, parte del personale espatriato con conseguenze sui progetti in corso”. Ad essere colpiti sono anche i commerci con la vicina Nigeria, centrali per l’economia della zona, mentre la presenza crescente di profughi sta mettendo sotto pressione le risorse dell’intera regione. Sono oltre 1,5 milioni gli sfollati a causa delle violenze in Nigeria e nei Paesi confinanti.

“La gente vuole la pace”. “La speranza – conclude padre Cappelletti – è che questa possa essere una fase temporanea perché la gente vuole la pace. A Maroua i rapporti tra cristiani e musulmani sono buoni ed è stata creata anche una casa per il dialogo il cui affitto è pagato grazie a contributi delle diverse confessioni. Qui è stata da poco aperta una biblioteca per dare uno spazio di incontro ai giovani. Ci piace credere che questo possa essere un luogo di pace e un seme di speranza per il futuro del Camerun”.

Michele Luppi (Sir)

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