Bel tempo, o quasi. Se si dovesse guardare all’andamento generale dei consumi “domestici” in Italia e al sentire degli addetti ai lavori, la sintesi della situazione dell’agroalimentare nazionale potrebbe essere questa. Certo, tutti i problemi non sono risolti oppure dimenticati, anzi. Ma, accanto ai risultati da primato nelle vendite all’estero, occorre metterci anche quanto ottenuto sui mercati nazionali. Che sono tutt’altro che secondari.
Secondo l’Ismea – che segue costantemente l’andamento dei mercati agricoli e agroalimentari in Italia e all’estero -,
nel 2017 i consumi alimentari in Italia sono cresciuti. La spesa degli italiani nel settore degli alimenti e delle bevande è aumentata del +3,2%.
In particolare, ha spiegato una recente nota dell’Istituto, aumentano del 4,6% gli acquisti di bevande (acqua imbottigliata, birra, spumanti e vino) e del 3% quelli di prodotti alimentari. L’incremento rispetto all’anno precedente riguarda sia i prodotti confezionati (+3,7%) sia quelli sfusi, che segnano un +1,8%, in controtendenza rispetto al 2016. Tutto bene, quindi, anche tenendo conto che l’agricoltura ha dovuto sopportare un clima avverso da ogni punto di vista (tanto che a fine anno la produzione agricola in senso stretto ha chiuso in negativo).
Non tutti i comparti, ovviamente, hanno dato prove ottime. Così, se le prestazioni di mercato delle carni bovine sono state più che buone (+3,4%) e quelle della frutta ancora migliori (+4,3% il fresco e +3,5% il trasformato), così come quelle degli ortaggi (+4%), hanno stentato le vendite dei cereali (+0,8%). Addirittura gli acquisti di pasta sono in calo (-1,6% in volume e -3% la spesa), così come quelli di latte. Tutto con una conferma generale che deve indicare la strada futura. “Le tendenze che avevano fatto intravedere in questi anni una crescita di interesse per prodotti ad alto contenuto di servizio, alta praticità d’uso e fortemente orientati alla salute e al benessere – dice una nota di Ismea -, hanno trovato conferma tanto che oltre il 50% dei consumatori ha acquistato piatti pronti, sostituti del pane, insalata in busta, prodotti surgelati o prodotti bio, Dop o Igp”.
A sostenere l’impressione che, nonostante il clima, l’agroalimentare guardi al futuro con fiducia, ci sono poi le sensazioni trasmesse dagli imprenditori. Sempre secondo l’Ismea, nell’ultima parte dell’anno gli agricoltori si sono detti più ottimisti che in precedenza. Con una sottolineatura: gli operatori del settore primario si dimostrano ancora pessimisti riguardo alla situazione corrente, ma più fiduciosi sull’evoluzione della situazione a 2-3 anni. Gli industriali alimentari, invece, nell’ultimo trimestre del 2017 si sono dimostrati più ottimisti rispetto a quanto dichiarato nello stesso periodo del 2016, ma meno fiduciosi rispetto al trimestre precedente.
C’è insomma la volontà di fare meglio e più di prima e la sensazione che si possa riuscire nell’intento. Volontà e capacità degli agricoltori e degli industriali alimentari probabilmente però non bastano. Il mercato interno deve essere sostenuto da politiche economiche, fiscali e del lavoro che riescano a dare risorse da spendere ai cittadini ma anche la voglia di spenderle. Dal canto loro, i segnali più che buoni di alcuni prodotti piuttosto che altri, devono essere colti anche dal settore. Certo, è forse più facile aumentare la spesa alimentare rispetto a quella dei beni voluttuari. Ma a ben vedere, la sfida dei prossimi mesi e dei prossimi anni per l’agroalimentare, si gioca anche qui: sui mercati nazionali oltre che in giro per il mondo.
Andrea Zaghi