Un caldo anomalo che ha colpito tutta l’Italia. A cominciare dal Nord per poi scendere fino al Sud. Temperature anche sopra ai 40 gradi con grandi sofferenza per l’agricoltura in generale, ma soprattutto per i vigneti. Noi abbiamo fatto un giro tra le aziende, per sapere la situazione, non solo metereologica, ma per capire quali interventi sono stati messi in atto o stati predisposti per difendersi da questo caldo così “strano” che non si vedeva dal 2003, almeno stando a quello che dicono gli esperti. Ed anche per conoscere i dettagli sulle irrigazioni dei vigneti: c’è chi effettua delle “campagne” di soccorso, chi non irriga e chi, invece, lo fa abitualmente.
Importante regola da applicare in agricoltura condivisa da tutti: non usare l’acqua se non ve ne è strettamente bisogno. Ciò premesso, quando è effettivamente necessario? E nel caso della vite, come comportarsi? Vi anticipiamo che la soluzione non è affatto chiara o univoca, e che professori, agronomi e stimati professionisti hanno opinioni diametralmente opposte, anche entro la stessa area Chi non lo fa è Paolo Cianferoni, che ha l’azienda a Radda in Chianti, in provincia di Siena. Grazie alle escursioni termiche tra il giorno e la notte che possono raggiungere anche i 20 gradi. “I terreni sono molto freschi – dice Cianferoni -, perché ha piovuto molto in primavera. Oggi per affrontare i cambiamenti climatici occorre ripensare a nuove forme di allevamento e concepire le vigne tutte con una misura standard: 180 centimetri di altezza”. Anche sull’Etna il dibattito è molto interessante. Tutti cercano la qualità, le strade percorse, però, possono essere diametralmente opposte. Certo, la qualità del frutto resta il valore condiviso da tutti. Forse, quello che li divide, è una concezione “filosofica” dell’argomento.
“Nel rispetto di tre obiettivi, che sono la premessa di tutto, quello della rimuneratività del lavoro del viticoltore, del lavoro dei suoi collaboratori e del rispetto dell’ambiente, ci sono due grandi aspetti da valutare: un lato etico e un lato tecnico – dice Salvo Foti, enologo -. Cui, poi, se ne può aggiungere uno culturale. Il lato etico chiede di rispettare la natura, di evitare lo spreco di risorse importanti e la modificazione nella composizione dei suoli (l’uso di acqua di falda porta comporta una modificazione della composizione dei suoli). La preoccupazione/sospetto è – tra l’altro – che alcune modificazione climatiche in corso possano. Nel caso specifico dell’Etna, un approccio corretto evita la necessità di irrigare, la vite si autogoverna e mette in atto quelle strategie per cui troverà nel giro di breve tempo il giusto equilibrio”.
“I cambiamenti climatici in corso hanno toccato anche l’Etna, i microclimi del vulcano non sono più quelli di 50 anni fa – dice l’enologo Vincenzo Bambina -. Tra l’altro, il vulcano non è uniforme, vi sono zone sabbiose con strato sottilissimo dove sotto c’è subito roccia; questo non permette alcun accumulo d’acqua ovvero una condizione tale da potere la pianta instaurare un corretto equilibrio idrico. La situazione va quindi esaminata caso per caso, così come gli interventi di irrigazione. In linea di massima, basta un periodo medio senza precipitazioni che le piante entrano in sofferenza, anche sull’Etna. Il corretto processo di maturazione del frutto viene interrotto, questa è una situazione da evitare assolutamente. Invece, nei primissimi anni di vita di un nuovo vigneto (dove non c’è produzione), conviene senz’altro non irrigare per, stavolta sì, costringere la pianta ad assumere un comportamento corretto di ricerca dell’acqua negli strati più profondi del suolo. L’armonia della pianta e la sanità del frutto sono il valore da salvaguardare a tutti i costi, da questo dipende la produzione di vino di qualità”.
Francesco Pensovecchio e Giorgio Vaiana (CronachediGusto.it)