“Oggi essa vive la più profonda crisi della sua storia, così profonda che molti si pongono la domanda se vi sia ancora in assoluto l’Europa nel vecchio senso della parola”.
Non è un commento del dopo Brexit ma sono parole del filosofo italo-tedesco Romano Guardini (“Europa. Compito e destino” – Morcelliana 2004) nel tempo in cui l’Europa veniva a più riprese sconvolta dall’odio. Sono trascorsi oltre settanta anni dalla fine di quelle tragedie ma l’attualità della preoccupazione, nella diversità dello scenario, colpisce.
Guardini non si lascia vincere dal pessimismo e scrive: “Non possiamo trattare qui questo problema (le cause e le conseguenze dei conflitti), ma esprimere solo la convinzione che l’Europa vive ancora. E qui, nella coscienza della serietà, che si esprime in tale convinzione, sottolineiamo la parola ‘ancora’ ma anche, e più energicamente, l’altra, che essa realmente ‘vive’”.
Il filosofo si rivolgeva soprattutto ai giovani. E sono stati soprattutto i giovani a leggere nella Brexit una risposta sbagliata a un disagio reale. Hanno colto i segni prevalenti dell’egoismo, della nostalgia, del rancore, della paura: si sono sentiti traditi. I loro segnali in questi giorni di fibrillazione interrogano, seppur per differenti motivi, sia chi esce dall’Unione europea, sia chi vi rimane. Ovviamente nella distinzione, che non è separatezza, tra Europa e Unione europea. I giovani, a cominciare dagli Erasmus, hanno parlato chiaro e c’è ora da augurarsi che continuino a farlo senza timidezza.
Tra pochi giorni molti di loro incontreranno a Cracovia i coetanei di tutti i continenti per vivere con papa Francesco la Gmg. Saranno il volto di un’Europa unita che vuole ritrovare il proprio umanesimo, che vuole costruire futuro per se stessa e per il mondo, saranno il volto di un’Europa che non si affida alla mediocrità, al pensiero debole, al piccolo cabotaggio politico?
Tocca soprattutto a loro, giovani cittadini europei, compiere un passo avanti nel campo difficile e a tratti ostile della politica per dire con i fatti che l’Europa “ancora vive”.
Non avranno moltissimi alleati in questa impresa e anche il loro richiamo alla storia esigerà la capacità di progettare il futuro perché i “padri”, per primi, chiedono di custodire ma non di conservare l’eredità.
Ad accompagnare la fatica e la bellezza di costruire novità è un altro pensiero di Guardini: “Sappiamo e sempre più duramente verremo a sapere quanto paurosamente l’Europa ha infuriato contro se stessa e quanto profondamente ha tradito il suo proprio spirito. Tuttavia la struttura essenziale europea c’è: la vediamo anzi in ogni gesto, la percepiamo in ogni parola, la sentiamo con intensità nuova, dolorosa in noi stessi. Così siamo fiduciosi che continuerà e sarà soggetto di storia”.
Su queste convinzioni, su queste prospettive, su queste speranze occorre che i giovani trovino occasioni di confronto con gli adulti perché un’alleanza dei pensieri di diverse generazioni può rimotivare l’impegno e la passione per la casa comune europea.
In questa direzione non ci sono per ora grandi segnali.
Torna Guardini a incoraggiare: “Se l’Europa deve esistere ancora in avvenire, e il mondo deve ancora aver bisogno dell’Europa, essa dovrà rimanere quella entità storica determinata dalla figura di Cristo, anzi deve diventare, con una nuova serietà, ciò che essa è secondo la propria essenza. Se abbandona questo nucleo, ciò che ancora di essa rimane, non ha molto più da significare”.
Un messaggio severo ma di grande fiducia e responsabilità: uno di quei messaggi che in passato i giovani hanno saputo raccogliere per cambiare la direzione della storia: anche alla storia dell’Unione europea.
Paolo Bustaffa