Contro chi sono, contro che cosa si muovono le manifestazioni di protesta che si sono riaccese nelle piazze francesi mentre altre e altrove si stanno preparando? Contro un primo ministro? Contro una riforma del lavoro simile al Jobs Act italiano? Oppure marciano contro un fantasma che, senza curarsi delle frontiere, continua ad attraversare diversi territori del mondo lasciando dopo ogni su passaggio segni di incertezza, paura, disoccupazione, povertà?
Un fantasma che gioisce anche per il declino economico, la rancorosità sociale, l’egoismo individuale o di gruppo, il rifiuto del diverso?
Le domande vengono dalla lettura delle notizie del giorno in contemporanea con la lettura del saggio “Le industrie del futuro” (Ed. Feltrinelli ) di Alex Ross, consigliere per l’innovazione del Segretario di Stato Hillary Clinton. Uno studio sul rapporto tra nuove tecnologie, sviluppo economico e crescita sociale.
Si apre una riflessione intrecciata con i commenti alla cronaca perché nasce dai segnali di preoccupazione e di allarme che scaturiscono da fatti che i media raccontano ogni giorno.
La domanda emergente riguarda le nuove tecnologie: accresceranno la disoccupazione, saranno la causa di altri licenziamenti, di altre non assunzioni, di fallimenti e di chiusure?
La risposta di Ross, che ha viaggiato in 40 Paesi per conoscere sperimentazioni e innovazioni, è che la tecnologia non distrugge ma crea occupazione e benessere a patto che l’intelligenza dell’uomo non ne sia succube e non si consumi ripercorrendo acriticamente il passato.
Nel tempo della globalizzazione occorre una cultura capace di coniugare la tecnologia con l’umanesimo. Diversamente, afferma Ross con un riferimento concreto, l’Europa “precipiterà nella depressione, nella disoccupazione, nel conflitto. Le strade maestre per evitare queste piaghe non sono né facili, né indolori ma esistono”.
Evidente che la prima intelligenza, l’intelligenza dell’uomo, per affrontare e vincere questa sfida, ha bisogno di nutrirsi di studio, pensiero, valori e ideali.
Qualcosa in questa direzione sta avvenendo in alcuni Paesi dell’Africa, del Nord Europa e dall’America dove la tecnologia ha cambiato ma non ha ridotto il lavoro, non ha sottratto sapere ma ha offerto un sapere ulteriore, non ha agevolato l’evasione fiscale ma ha consentito di mettere in atto sistemi di riduzione delle tasse.
A questo punto il saggio dello studioso di origini abruzzesi ha interessato un giornalista, Gianni Riotta impegnato da tempo nell’analisi delle possibilità che le nuove tecnologie stanno già offrendo perché il lenzuolo del fantasma vagante nel mondo abbia diversi colori.
Senza togliere del tutto il nero.
“Il futuro – scrive Riotta – non è né rosa né nero, come sempre saremo noi a colorarlo con le nostre azioni. Ross racconta di quando studente, ripuliva le arene dopo fiere e concerti, avendo come compagni di fatica i minatori e i lavoratori rimasti senza salario dopo la chiusura delle vecchie industrie. Sono i bianchi che hanno perduto status sociale con la tecnologia”.
A dire il vero qualcuno avrebbe potuto, anzi dovuto, trasformare il rischio della perdita di status in un’occasione per la crescita di status: ma all’appuntamento nessuno si è mai presentato.
E così potrebbe accadere nei Paesi nei quali la cultura dell’alleanza tra tecnologia e umanesimo fatica a essere compresa, fatica a nascere per nostalgia di un passato non più ripetibile e anche per paura di un futuro che, come quello del fantasma, si vede di un solo colore: il nero.
Paolo Bustaffa