Ai bordi della cronaca / Gli abiti della presunzione. Omosessualità e unioni civili in un talk con un vescovo

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C’è un vescovo in un talk show televisivo sul tema dei diritti e della dignità delle persone dello stesso sesso e sulla questione delle unioni civili.
Nello stesso studio ci sono un gruppo di giovani, una donna-spettacolo assurta al ruolo di opinionista, uno scrittore eccentrico, una coppia di uomini “civilmente uniti” che vivono con un bimbo, alcuni spezzoni di un film sul tema…
È accaduto nei giorni scorsi su una rete tv nazionale.
Il vescovo, mons. Domenico Sigalini, della diocesi di Palestrina racconta l’esperienza di ascolto e domenico_sigalini-586x390preghiera che condivide con un gruppo di persone omosessuali che vogliono vivere la loro fede.
Parla del suo dialogo con queste persone e, rimanendo nei confini del percorso diocesano, espone alcune delle cause che portano a queste situazioni di vita, elenca le offese e le umiliazioni subite nella delicatissima sfera della sessualità e dell’affettività.
Un parlare senza giudicare alcuno ma anche senza mai tacere la necessità di un ritrovarsi attorno alla verità sull’uomo e sul dovere di rispettare senza riserve lo stesso uomo ma non la menzogna su di lui.
Un racconto pacato ma che scatena la reazione di non pochi giovani presenti contro la Chiesa, contro il vescovo e contro i preti per la loro posizione sul tema degli omosessuali perché si permettono di dire che il matrimonio tra un uomo e una donna è a fondamento della nostra società e non può essere confuso con altre forme di unione.
I toni sono particolarmente accesi e a tratti sprezzanti: il caso irlandese viene richiamato come sogno da realizzare presto, come obiettivo di civiltà, come meta che l’Italia raggiungerà.
In un sorriso fuori misura traspare l’attesa di un’alba di civiltà sulle macerie di una Chiesa che non ama, non accoglie, non condivide la sofferenza di chi vive situazioni di vita come quelle degli omosessuali.
Il sorriso si smorza però nei volti dei due uomini “civilmente uniti” e che vivono con un bambino, quando si collegano allo studio televisivo e invitano il vescovo a incontrarli, a parlare con loro, ad ascoltarli. Non si invita a casa una persona se non si ha stima e fiducia in lei.
E lui, il vescovo, non esita ad accogliere l’invito ma neppure esita nel ribadire che l’amore – con il quale il giovane dal sorriso sempre pronto, motiva e giustifica il rapporto intimo tra due persone delle stesso sesso – non può esistere senza verità. E nessuna esitazione ha nel richiamare la verità del matrimonio tra un uomo e una donna e del diritto di un figlio, anche in adozione, di avere un papà e una mamma. E, ancora nessuna esitazione ha il vescovo nel chiedere di non fare e di non creare confusione tra unioni civili, omosessualità, pedofilia, teoria del gender.
La trasmissione termina. Rimane, colto di chi è ai bordi della cronaca, l’appello ad affrontare questi temi con onestà intellettuale, con l’umiltà di riconoscere e correggere gli errori, con la conoscenza del pensiero autentico della Chiesa, con la riflessione sulle esperienze di dialogo in corso nella comunità cristiana, con la volontà forte di contribuire alla difesa e tutela della dignità della persona che non può prescindere dalla difesa e dalla tutela della verità.
Occorre allora rivedere qualche passaggio nella comunicazione, sul senso della vita e dell’amore, tra credenti e non credenti. Prima che altri innocenti, soprattutto i bambini, paghino un conto salato per una presunzione e un’arroganza sempre più abili e veloci nel vestirsi con abiti il cui tessuto e i cui colori non sono quelli della modernità e della civiltà.

Paolo Bustaffa