È un grido sempre più forte quello che, dopo averle riassunte, viene dalle parole e dalle immagini mediatiche continuamente lanciate per raccontare la sofferenza, la violenza, la morte. Vengono da luoghi lontani e da città vicine, vengono da Paesi che si ritengono democratici come da Paesi in cui la sopraffazione regna da tempo incontrastata. Vengono da popoli che hanno avuto re e governanti che avevano dato un contenuto di grande umanità alle loro scelte politiche. Vengono da città lontane bombardate e distrutte da venti di guerra e di odio così come vengono da città vicine colpite da una criminalità organizzata che non s’arresta neppure in una piazza affollata. Un grido disperato corre in Europa e nel resto del mondo insieme con il grido che chiede di rispettare la dignità e i diritti della persona.
Ci sono, dunque, due gridi che uniscono nella comune richiesta di porre fine alle angosce e dare inizio alla speranza. Due gridi che si sono più volti riproposti per supplicare un cambio di direzione alla storia.
Il primo grido era venuto, e viene, da una grotta in una terra contesa con la forza e la debolezza del vagito di un bimbo. Sono trascorsi oltre duemila anni e il susseguirsi di voci sembra essersi consumato senza aver provocato cambiamenti e novità. Eppure un segnale, come quello venuto da Cuba, aiuta la speranza a non soccombere proprio quando le nuove immagini sulle vicissitudini europee dei profughi sembrano riportare tutto nel dubbio.
A cosa serve la voce dei cristiani? A che cosa servono i moniti dei Pastori? A cosa servono le dichiarazioni delle Chiese cristiane? Apparentemente a nulla perché con la violenza nulla si può fare dal momento che essa è il frutto amaro della sconfitta della ragione. Ecco, allora, che la voce dei cristiani e di tutti gli uomini che hanno a cuore la dignità delle persona può davvero diventare un sostegno alla ragione, può diventare un appello a ritrovare la ragione. Da questo ritrovamento si può ricominciare a scrivere pagine di una storia senza muri. Occorre, però, rompere le categorie dei buonisti e degli utopisti dentro le quali qualcuno vorrebbe rinchiudere i cristiani e dire con la vita e con il pensiero che essere cristiani significa stare dalla parte della ragione. Significa ribadire che il ricorso alla legge della forza per fermare un’umanità in fuga dalla disperazione altro non è che la sconfitta della ragione.
Bisogna dire che stare dalla parte della ragione significa stare dalla parte del Vangelo anche se il Vangelo va oltre le misure dell’uomo. Bisogna ricordare a quanti giustamente denunciano la persecuzione dei cristiani nel mondo che non possono contraddirsi nel contestare i cristiani della porta accanto quando affermano che il Vangelo non sgambetta un profugo facendolo cadere, non si ferma all’emozione di fronte a un corpicino senza vita sulla riva del mare, non gira la pagina di fronte all’ennesima vittima della criminalità organizzata, non ha paura di denunciare leggi ingiuste come non ha incertezza nel chiedere un impegno politico lungimirante per lo sviluppo sociale ed economico dei Paesi di partenza del fiume di uomini, donne e bambini.
Ai bordi della cronaca si avverte l’urgenza che il grido della ragione dei cristiani si faccia ancor più espressione del loro essere ribelli per amore. Ribelli a un conformismo molto abile nell’indossare maschere rassicuranti.
Paolo Bustaffa