“Con tutto il rispetto per la maestria con cui si confezionano i pacchi con la carta dorata. Con tutto il rispetto, ma i regali dovremmo farli a Lui. Con tutto il rispetto per il panettone e le compilation di Michel Bublè, Natale è un’altra cosa.”
In una forma insolita è apparso nei giorni scorsi sulla prima pagina del quotidiano “La Stampa”, un simpatico sgranarsi di pensieri dal titolo “Natale è un’altra cosa”.
La sorpresa è cresciuta nel leggere che “Con disarmante umiltà a Natale è nato un bimbo. Con comprensibile evidenza quel bimbo è il figlio di Dio. Con scandalosa semplicità quel bimbo ha avuto come letto una mangiatoia non un duble king size”. Ha cioè avuto qualche bracciata di paglia e non un materasso ampio e soffice.
Il giornale è, come sempre, legato alla stretta attualità ma quella finestrella aperta domenica 13 dicembre è totalmente dentro i giorni che stanno attorno al 25 dicembre.
Ci sono nelle pagine della cronaca i mille segni di una fatica, di una sofferenza, di una tensione che diventano un invito a scoprire il Natale come “un’altra cosa”. Una “cosa” diversa ma non separata da quelle raccontate nel resto del giornale.
I bambini che ancora annegano nel Mediterraneo, la guerra che sconvolge senza sosta molte terre, la fuga inarrestabile da luoghi di disperazione e di morte, persone oneste tradite da banche disoneste, l’egoismo che trova mille maschere per apparire buono, diventano motivo per affermare, con il sostegno di umoristiche battute, che “Natale è un’altra cosa”.
Diventano, insieme, la ragione per dire che non è indifferente alle tragedie dell’uomo ma neppure si rassegna al pessimismo e all’ineluttabilità.
Natale le assume per annunciare una speranza che, scrive con brio Giacomo Poretti, non vive di “tortellini in brodo”, “letterine a Babbo Natale”, “ennesima cravatta”, “tovaglia in lino di Fiandra”.
Non che tutto questo sia da rifiutare ma se ci fosse solo questo si ridurrebbe una festa che va oltre il tempo a un piccola consumazione presto dimenticata.
“Con apparente delusione a Natale si festeggia un compleanno” spiega infatti Poretti lasciando poi al lettore il compito di aggiungere il nome di chi compie gli anni e, di conseguenza, di comprendere perché “Natale è un’altra cosa”.
Ai bordi della cronaca si avverte l’originalità di uno scrivere leggero che sembra totalmente fuori dai percorsi mediatici mentre diventa un segnale che indica la direzione da prendere per ridare a una parola il significato autentico.
E il significato di Natale non lo si può trovare nei vocabolari della pubblicità, della spettacolarità e dell’apparenza.
Non lo si trova neppure in quelli delle definizioni secche, delle frasi fatte, delle dotte citazioni.
Il significato del Natale lo si può cercare nei vocabolari della vita, dell’umanità, dello stupore.
“Forse ci siamo scordati che Natale è un’altra cosa”: l’affermazione non ha il sapore del giudizio ma si propone come invito a cogliere la differenza che c’è tra essere uomini ed essere consumatori.
Da qui nasce la consapevolezza di un giorno in cui si festeggia il compleanno di chi ha cambiato la direzione della storia.
Ed è bello che a ricordarlo sulla prima pagina di un quotidiano nazionale sia qualcuno che sa donare alle parole la capacità di far nascere un sorriso e, nello stesso tempo, un pensiero.
Paolo Bustaffa