In un garage alla periferia di una grande città, una tredicenne per mesi viene abusata da un gruppo di coetanei. Alcuni hanno meno di 13 anni e, quindi, non sono imputabili di alcun reato.
La notizia esplode e subito si solleva un’ondata di commenti, di polemiche, di accuse.
Purtroppo, dicono gli osservatori del mondo dei preadolescenti, altri casi analoghi rimangono nascosti nell’ombra. Crescono le percentuali di ragazzi e di ragazze minorenni per i quali i rapporti sessuali sono ormai una normalità, un segno di modernità.
Bene ha fatto, dunque, un giornale a rompere il silenzio che nascondeva un certo assopimento della coscienza nei campi dell’affettività, della sessualità e della corporeità.
Appellarsi all’educazione, un passo avanti rispetto a quello della segnalazione mediatica, è certamente opportuno anche se spesso l’appello appare come un’arma spuntata di fronte allo scorrazzare indisturbato di predoni che rubano, soprattutto alle nuove generazioni, le domande sul significato alto e nobile del corpo umano, sul suo compito e sul suo destino. E con il furto di domande i predoni cancellano o rendono difficile la ricerca della bellezza, della verità e del bene che fanno sintesi nel corpo di un uomo e di una donna.
“Avviene di frequente – scriveva un grande educatore di giovani qual è stato Giuseppe Lazzati – che anziché conoscere attraverso fonti veritiere che presentano la sessualità gradatamente, secondo la capacità di capirla e di attuarla, vengano date informazioni erronee, da chi non ha neppure la capacità di informazione: l’amico più smaliziato, l’ambiente, le letture, gli spettacoli… L’erotismo che invade tutta la nostra società non è certo fatto per favorire uno sviluppo corretto e graduale e per un’acquisizione di coscienza dei valori della sessualità”.
Sono trascorsi più di trent’anni e questo appunto si ripropone in tutta la sua attualità e appare, di fronte a una tredicenne abusata da coetanei, in tutta la sua drammatica fragilità.
Ai bordi della cronaca, che scorre più veloce che mai su questi sentieri della vita, sembra che il pensiero degli adulti si sia fermato impaurito, anzi si sia arreso di fronte alla valanga di messaggi mediatici, di comportamenti qualunquistici, di modelli consumistici, di visioni superficiali e ideologiche.
Non si ha forse più il coraggio di dire, parlando di affettività, di sessualità e di corporeità, una parola di verità, di responsabilità e di felicità alle generazioni che salgono.
Si teme di essere giudicati oscurantisti. Ci si arrende.
Ed è invece per amore dei giovani che non bisogna tacere. Ecco la responsabilità educativa che deve prendere spazio nel mondo adulto e avvalersi di linguaggi nuovi, belli, ricchi di umanità.
Ecco l’insostituibile e irrinunciabile ruolo educativo dell’uomo pensante che riesce a comunicare che il rispetto del corpo è a fondamento del rispetto della persona.
“Le richieste del corpo – scriveva Lazzati – per essere risolte umanamente, nel senso di elevarle da quelle puramente animalesche, non vanno negate ma devono essere guidate dallo spirito”.
Lo spirito è però troppe volte gettato nel buio del non pensiero. I colpevoli diretti di questo gettare nel buio sono noti ma le responsabilità educative di un atto distruttivo come è la violazione del corpo non si fermano a un garage. Sono anche in quel mondo di adulti che con il suo conformismo al non pensiero ha rubato l’anima alle nuove generazioni. Questo mondo di adulti deve prendere atto che nell’abuso di una ragazzina si è verificato un tradimento che ha la sua origine nella mercificazione del corpo dell’uomo e della donna. Non ci si può dunque rassegnare. Occorre lottare con l’intelligenza dell’amore perché nessuna ragazza e nessun ragazzo rimanga rinchiuso in un garage buio ma cresca libero. Alla luce di una coscienza abitata dalla verità, dalla bellezza e dalla gioia.
Paolo Bustaffa