Scorrono in continuazione nei giornali, in video e in carta, le immagini di sofferenza e di gioia, di disperazione e di speranza che vedono nella famiglia il luogo del loro formarsi e svilupparsi. Tutto, attraverso volti più o meno noti, avviene nel vortice della cronaca.
Le vicende raccontate lasciano intuire o fanno emergere la realtà di legami fragili, spezzati, conflittuali. Raramente s’incontrano fatti, raccontati dai media, che consentono di scoprire la bellezza di legami forti, sereni, generativi.
E così si potrebbe stendere un lungo elenco di situazioni che pongono domande sullo spessore e sulla qualità del rapporto tra la comunicazione e l’educazione dentro la famiglia.
L’assenza o la crisi del comunicare porta al fallimento dell’educare: le conseguenze sono quotidianamente messe in rete dai media.
E così, anche nella lettura delle notizie di questi giorni, la famiglia si ritrova di fronte a un bivio che, da un lato, vede il pessimismo come strada obbligata e, dall’altro, si apre una finestra su quel realismo che non rinuncia a misurarsi con la negatività e con il male ma non accetta di arrendersi alla loro forza distruttiva.
Ai bordi della cronaca si guarda con apprensione a questo stare davanti al bivio, a questo momento delicato per la scelta della direzione da prendere.
Ed è proprio su questa soglia provvisoria e decisiva che la famiglia, consapevole del proprio ruolo, del proprio compito e dei propri limiti, chiede anche ai media di non essere lasciata sola. Chiede un sostegno per vivere nella complessità e lo incontra nel messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che si celebra domenica 17 maggio. “La famiglia – si legge – è più di ogni altro il luogo in cui, vivendo insieme nella quotidianità si sperimentano i limiti propri e altrui, i piccoli e i grandi problemi della coesistenza, dell’andare d’accordo. Non esiste la famiglia perfetta, ma non bisogna avere paura dell’imperfezione, della fragilità, nemmeno dei conflitti, bisogna imparare ad affrontarli in maniera costruttiva”.
Così l’imperfezione viene proposta non come difetto incorreggibile ma come occasione di crescita. C’è un invito alla fiducia, c’è un incoraggiamento ad attraversare con speranza il tempo della crisi, del disorientamento, dello spaesamento. C’è un appello a non abbandonarsi alla rassegnazione che spesso accompagna la lettura dei fatti di cronaca nera.
Ed ecco ancora l’invito di papa Francesco a non arrendersi perché “anche là dove sembra prevalere l’inevitabilità dell’odio e della violenza, quando le famiglie sono separate tra loro da muri di pietra o dai muri non meno impenetrabili del pregiudizio e del risentimento, quando sembrano esserci buone ragioni per dire ‘adesso basta’ in realtà benedire anziché maledire, visitare anziché respingere, accogliere anziché combattere è l’unico modo per spezzare la spirale del male, per testimoniare che il bene è sempre possibile, per educare i figli alla fratellanza”.
Chi sta ai bordi della cronaca legge in queste parole l’invito a non sottovalutare ma neppure ad accontentarsi dei racconti mediatici per conoscere e per comprendere la realtà della famiglia. Occorre però un’alleanza tra la cultura e la comunicazione perché poi i media riescano a raccontare la famiglia non come “un modello astratto” oppure “un’ideologia” ma come “ luogo dove si impara a convivere nella differenza”. E così potrà accadere che la famiglia, dove si sperimenta la bellezza del comunicare e dell’educare, non sia raccontata come l’eccezione del bene che conferma la regola del male.
Paolo Bustaffa