Il vescovo della diocesi di Digne, monsignor Jean-Philippe Nault, si è immediatamente recato a Le Vernet per stare a fianco dei familiari delle 150 vittime. Racconta: “Tutta la popolazione si è stretta in questo momento di dolore dando prova di una grande accoglienza. Si respira un clima di pace”. Nel luogo più vicino all’incidente è stato costruito un memoriale: “Qui alla vista della montagna abbiamo pregato”
Dietro le notizie, anche quelle più tristi e assurde, si nascondono spesso storie di grande umanità e di luce. Ci sono anche queste “storie” dietro la terribile sciagura dell’airbus della Germanwings che si è schiantato nel sud della Francia, gettando nell’orrore e nell’incredulità l’intera Europa. A raccontarle con parole cariche di emozione e commozione è il vescovo della diocesi di Digne, monsignor Jean-Philippe Nault, che parla dei tre giorni vissuti a Le Vernet, a fianco della popolazione e dei familiari delle 150 persone che erano a bordo dell’aereo. Sono storie di generosità e di profonda dignità delle famiglie delle vittime giunte in questo piccolo paese di montagna per ricongiungersi in qualche modo con i loro cari.
Eccellenza, quando è partito per Le Vernet?
“Subito dopo l’incidente, sono partito di notte da Lourdes dove era in corso l’assemblea plenaria dei vescovi francesi per essere il più presto possibile sui luoghi del disastro. Ero accompagnato dal vicario generale e dal parroco del villaggio più vicino. Siamo stati mercoledì, giovedì e venerdì. Siamo andati soprattutto per accogliere le famiglie delle vittime e portare in maniera discreta la presenza della Chiesa, una presenza di Dio in questo che è diventato il luogo dell’assurdo e del dolore”.
Che clima si respira in questo paesino?
“Ho trovato una generosità incredibile. Tutta la popolazione si è stretta in questo momento di dolore dando prova di una grande accoglienza. Si respira un clima di pace. È strano, ma si respira pace. Tutta la gente si dà in maniera incredibile, facendo tutto il possibile, aprendo le case, preparando da mangiare, accogliendo le famiglie e gli operatori e i militari addetti ai soccorsi. Una grande testimonianza. Evidentemente è un dramma che suscita una grande generosità nella popolazione”.
Ha potuto incontrare i familiari delle vittime? Come li ha trovati?
“Sì, soprattutto nella giornata di giovedì quando nel pomeriggio erano più o meno arrivati tutti. Ci sono stati momenti di accoglienza, di preghiera, di silenzio che abbiamo organizzato sui luoghi del disastro. Erano divisi in due gruppi: il primo era quello delle famiglie del personale di bordo e un secondo con le famiglie dei passeggeri”.
Ma ha potuto parlare con qualcuno di loro. Che cosa le dicevano?
“Sì, ho potuto parlare con qualcuno ma purtroppo non parlo né tedesco né spagnolo. Ma in questi momenti non è tanto importante dire qualcosa ma esserci. Essere presenti, nel silenzio. Essere una presenza di amicizia, di preghiera, di Chiesa. E se qualcuno non aveva la forza di pregare, noi lo abbiamo fatto al loro posto. Abbiamo trovato grande dignità in tutte queste famiglie che stanno vivendo nel silenzio un dolore terribile. Con loro sono andato nel luogo più vicino all’incidente, sul punto oltre il quale non si può poi continuare per la difficoltà del terreno. Proprio lì è stato costruito giovedì mattina un memoriale e qui alla vista della montagna abbiamo pregato. Si è pregato anche in una cappella a Seyne-les-Alpes dove i familiari potevano andare anche per un tempo di preghiera e di silenzio, senza giornalisti, senza nessuno”.
Molti si chiedono dove era Dio nel momento dello folle discesa dell’aereo e dello schianto?
“Dio era lì, nel cuore di tutte le persone che si trovavano sull’aereo e delle loro famiglie. Io sono sicuro di questo. Ma sentiamo anche che questo è un momento in cui non dobbiamo parlare perché parlare è difficile in questi momenti e, forse, non è una cosa buona. È meglio il silenzio. Come ha fatto Gesù con il suo amico Lazzaro: non ha detto nulla. Come ha fatto la Madonna ai piedi della Croce: non ha detto una parola. Erano lì ma non dicevano niente. Per noi oggi è così: essere presenti come amici che pregano”.
Eppure alla Messa per le vittime che celebrerà in cattedrale dirà qualcosa. Cosa?
“Leggerò il messaggio del Papa. Poi abbiamo scelto il testo dei discepoli di Emmaus perché credo sia un testo indicato per questo momento. Narra di un cammino che comincia nella tristezza. Solo alla fine i discepoli prendono coscienza che Gesù era stato sempre con loro. Anche se il nostro è un cammino difficile, non siamo da soli, c’è sempre il Signore con noi. È in silenzio ma è con noi”.