Nella sala del teatro della parrocchia “S. Paolo”, che vede impegnate le compagnie teatrali delle parrocchie del territorio acese, la compagnia della parrocchia “Santa Maria degli Angeli” di Acireale ha messo in scena la commedia brillante in tre atti dal titolo “Il testamento”, di Grasso e Marcuccio, adattata in “versione siciliana” da Andrea Musmeci.
Personaggi ed interpreti sono stati: Zio Pietro e Mario Russo interpretati da Andrea Musmeci; Franca Pricoco, Ninni Leonardi; Teresa, Roberta Granata; Luigi, Alfio Catalano; Concetta Costanzo, Mariella Vitale; Nino Petralia, Salvo Raciti; Claudia, Antonella Grasso; Notaio, Turi Bella; Don Vincenzino, Nuccio Guarrera; Carmelina, Martina Catalano; Cola, Francesco Raciti; Francoise Benton, Marina Musumeci; Anthony Smith, Salvo Catalano; Peppina, Giusy Molino. Direttrice di scena, Innocentina Marino; scenografia, Nuccio Guarrera e Turi Castorina; truccatrici, Valeria Catalano e Maria Licciardello; musiche, Mariella Vitale. Regista, lo stesso Andrea Musmeci.
Andrea Musmeci, che nell’occasione è anche regista, interpreta due personaggi: Zio Pietro Costanzo, il vecchio centenario, ed il nipote di questi, Mario Russo. Zio Pietro, egoista, indisponente e pieno di malanni, sta per compiere cent’anni e riesce ad attirare attorno a sé l’attenzione dei suoi parenti, che lo assecondano in ogni suo capriccio. Il motivo vero della famiglia che si prende cura di zio Pietro sta nel fatto che egli ha stabilito che, finché resta in vita, darà loro dieci milioni al mese. E i parenti, per cercare di farlo vivere più a lungo possibile, si imbattono, loro malgrado, in due “luminari della scienza” che altri non sono che due imbroglioni. Zio Pietro muore qualche giorno prima di compiere cento anni e i familiari non percepiranno più alcuna somma, dal momento che il loro parente aveva lasciato i suoi averi ad un orfanotrofio.
Il parroco della parrocchia “Santa Maria degli Angeli”, don Giuseppe Russo, ha detto: ”All’inizio del cristianesimo la Chiesa era diffidente all’arte scenica. Essa la vedeva come un motivo di devianza morale e, pertanto, come proposta oscena. Questo – ha continuato don Giuseppe – perché, talvolta, l’arte drammatica e molto di più la commedia era divenuta l’ambiente dove si proponevano motivi di odio e di vendetta e la scena era diventata luogo che dava adito a stili pseudo-letterari equivoci, se non addirittura contrari all’etica e alla morale. Oggi – ha concluso don Giuseppe – i tempi sono cambiati: c’è più cultura, più capacità critica e più consapevolezza. La Chiesa, come è giusto che sia, lascia più libertà di giudizio e più possibilità di scelta; ora sono i ‘credenti’ a dover valutare e a sapere scegliere”
Salvatore Cifalinò