Sono le elezioni più incerte della storia britannica e quelle che potrebbero cambiare per sempre il Regno Unito. Mancano meno di due mesi alle votazioni politiche del 7 maggio e i sondaggi sostengono che nessuno dei due partiti maggiori, conservatore e laburista, avrà la maggioranza necessaria per governare da solo a Westminster. Intanto i vescovi cattolici e quelli anglicani, con rispettivi documenti, invitano gli elettori a recarsi alle urne. Preoccupati, gli uni e gli altri, dell’allontanamento dei cristiani dalla vita politica. A spiegare questa Gran Bretagna in profonda trasformazione è Clifford Longley, già corrispondente religioso del “Times” e del “Telegraph”, oggi commentatore per la Bbc e per il settimanale cattolico “Tablet”.
Se il partito laburista – dato per ora in lieve vantaggio nei sondaggi – vincesse le prossime elezioni avrebbe bisogno, per governare, del sostegno dei nazionalisti scozzesi che chiederebbero ancora più autonomia da Westminster. C’è il rischio di una implosione con regioni come Galles, Yorkshire e Cornovaglia determinate a rendersi indipendenti da Londra?
“Più partecipazione al potere farebbe bene allo Scottish national party, che continua a guadagnare voti proprio perché gli scozzesi si sentono lontani da un partito conservatore formato da inglesi che vivono nel sud d’Inghilterra. Se, al contrario, i nazionalisti di Edimburgo si trovassero al governo, o nella posizione di dover sostenere il governo dall’esterno, comincerebbero a sentire che hanno davvero influenza sulle questioni che li riguardano e questo cementerebbe la Scozia dentro il Regno Unito”.
Perché la politica britannica si sta frammentando con la crescita di partiti “minori” come l’antieuropeo Ukip, i Verdi e i nazionalisti scozzesi, che rendono difficile per laburisti e conservatori ottenere la maggioranza necessaria per governare?
“C’è molta disillusione verso la politica, in tutta Europa, e il risultato, in Gran Bretagna, è l’indebolimento dei due partiti maggiori. Ormai i politici sono considerati una casta separata. Professionisti che si sono dedicati a questa carriera da quando hanno finito l’università e appartengono a una tribù lontana dalla gente comune. Con la fine della guerra fredda non abbiamo più un partito veramente socialista, ma due versioni della socialdemocrazia. Conservatori e laburisti fanno a gara per gestire al meglio questo Paese e chiedono agli elettori di decidere sulla base di questo”.
E chi vota è in grado di scegliere?
“Come possono dei cittadini comuni affrontare una questione così complessa? Decidere chi è in grado di gestire meglio l’economia? Si tratta di un problema di natura manageriale sul quale molti non hanno nulla da dire. Anche se ci accorgiamo quando i servizi pubblici o il sistema sanitario nazionale non funzionano, non siamo certo in grado di sapere quali tecnici li saprebbero far funzionare al meglio. Il risultato è che l’elettorato è meno appassionato a quello che succede in politica e meno interessato ad andare a votare”.
I vescovi cattolici hanno scritto una lettera ai fedeli chiedendo loro di andare a votare. Un invito che fa eco a quello lanciato dalla gerarchia anglicana a febbraio. Le chiese cristiane sono preoccupate per la scarsa affluenza alle urne delle ultime elezioni?
“Preoccupatissime, perché considerano il processo democratico molto importante per ragioni diverse. La Chiesa di Inghilterra pensa che la democrazia sia parte dell’identità cristiana di questo Paese, mentre quella cattolica lo considera il sistema migliore per combattere l’aborto, il suicidio assistito e i matrimoni gay e difendere le scuole cattoliche”.
Il documento anglicano intitolato “Chi è il mio vicino?” riflette elementi della dottrina sociale cattolica?
“Sì. In gran parte. È interessante vedere la dottrina sociale cattolica diventare la base filosofica fondamentale della lettera scritta dai vescovi anglicani. È un fatto positivo perché la ‘Chiesa di Inghilterra’ è la chiesa di Stato e, di conseguenza, le idee cattoliche ottengono, in questo modo, un’audience più importante”.
Cattolici e anglicani operano, ormai, in un contesto di grande secolarizzazione. Una sfida ulteriore?
“Nessuno, nella chiesa di Stato, avrebbe immaginato, cinquant’anni fa, il livello di secolarizzazione della Gran Bretagna di oggi dove l’eredità cristiana è ormai marginale. Un professore universitario mi raccontava che la maggior parte dei suoi studenti non sa chi siano Mosè o il buon samaritano. Questo spaventa soprattutto gli anglicani che non riescono a credere che questa nazione non li consideri più importanti come un tempo. Un po’ meno i cattolici che nel Regno Unito sono abituati a essere minoranza”.
Silvia Guzzetti