Appena finita la messa feriale suor Virginia, che è l’assistente pastorale della parrocchia Cattedrale in quanto non ho un prete da nominare parroco (ci sono in tutto 6 preti per 14 parrocchie), mi porge un pezzo di carta dove è scritta un’intenzione per la messa: nje mesh per pulat, una messa per le galline. Una signora anziana era venuta a chiedere una messa perché il Signore proteggesse le sue galline. Abbiamo sorriso con la suora… ma poi la riflessione ha preso il sopravvento.
La vita reale della gente è cosi concreta e semplice, così diretta che a volte mi lascia sconcertato.
Abituati ad alti concetti di teologia e spiritualità, si rimane come di stucco davanti a richieste simili. Io che vengo dalla cultura contadina, posso capire benissimo la preoccupazione della donna. Spesso l’unico mezzo di sostentamento sono poche galline, una mucca, delle capre o pecore. Sono delle cose care e preziose e se qualcosa di brutto succede loro, la famiglia passerebbe dei guai. La vita è cosi potente e importante che a volte si può aggrappare a qualsiasi cosa per affermarsi. Anche a delle galline.
Nella mia diocesi la gente vive ancora di queste cose e celebrare una messa pregando anche per il bestiame è importante, perché da ciò dipende la vita di tutti i giorni.
Anzi ci sono famiglie che tramite i prodotti ricavati in questo modo riescono a mandare i figli a scuola, a comprare i libri e gli zaini, oppure a pagare la retta dell’università. Vedo ogni giorno sui marciapiedi della città alcune persone vendere i loro prodotti della giornata, qualche uova, due o tre bottiglie di latte, un po’ di verdura fresca appena raccolta dal giardino… Vendono per guadagnarsi la giornata. Perciò una messa per la vigna, per le patate, per i prodotti della terra, per le galline ed altro è una messa per la vita.
Così entra la vita nelle nostre celebrazioni anche attraverso queste “piccolezze” o “semplicità”, anzi proprio grazie ad esse la preghiera riceve respiro.
Dirò con tutto il cuore la messa per le galline della signora anziana, proprio perché è un servizio alla vita, alla sua vita.
Ed io come pastore, celebrando una messa secondo l’intenzione della donna, ho servito alla vita di lei e della sua famiglia.
Ho conservato quel foglio e l’ho messo davanti al mio laptop per averlo davanti agli occhi, perché nel mentre il pc mi fa entrare in un mondo virtuale, a volte alienante e frustrante, quel foglio semplice scritto in albanese grezzo, mi fa scendere nella vita concreta e mi ricorda che appartengo alla terra.
Gjergj Meta
vescovo di Rrëshen (Albania)