Dalle bancarelle dei mercati ortofrutticoli di tutta la provincia di Catania a presidio Slow Food. È la storia dei primi cento anni del Cavolo Rapa o Cavolo Trunzo di Aci, una delle produzioni più prospere delle campagne dell’acese dagli inizi del Novecento – scrive in una nota stampa “Battutalibera Media Relation” che oggi rappresenta invece solo qualche decina di ettari di superficie.
Uno dei custodi del cavolo trunzo è l’azienda agricola Monaci delle terre Nere di Zafferana Etnea e il ristorante attiguo Locanda Nerello, secondo presidio Slow Food sull’Etna, riconosciuto dall’Unione Europea per la conservazione nel registro delle sementi, dove si continua a coltivare la verdura riutilizzando le vecchie tecniche basate sulla sostenibilità ambientale e sulla stagionalità dei prodotti. La tenuta è impegnata per la causa del movimento Slow Food, garantendo una produzione di qualità di circa una tonnellata all’anno.
Le particolarità del Cavolo Trunzo, apprezzata sia per le sue proprietà benefiche che per la sua bontà, sono soprattutto date dal terreno lavico ricco di elementi unici, che gli conferisce anche il tipico colore violaceo, capace di influenzare il gusto del prodotto stesso.
“Siamo appassionati di cibo come elemento di autenticità e come un’esperienza in sé – commenta il founder Guido Alessandro Coffa – siamo pienamente coinvolti nella produzione di prodotti della terra di qualità, ci sforziamo per una fornitura di auto-sostentamento per il nostro ristorante e il recupero del territorio, a partire dall’agricoltura. Essere presidio Slow Food del cavolo trunzo ci impegna molto e ci inorgoglisce, diamo il nostro contributo per mantenere in vita una produzione che, diminuita sin dagli anni Quaranta, soppiantata da produzioni più redditizie, rischia oggi di scomparire”.
Nella cucina di Locanda Nerello il Cavolo Trunzo arriva percorrendo neppure 100 metri dall’orto interamente coltivato secondo un regime di bio-sostenibilità, affidata alle mani laboriose degli agricoltori che lavorano in azienda, assieme alla produzione di 33 varietà di erbe e piante aromatiche, come salvia, menta, maggiorana, timo, lavanda, nepitella, che ricreano una mappa olfattiva ideale che conduce a scoprire il sottobosco tutto intorno all’Etna e i 155 tipi di piante autoctone. Arriva in cucina seguendo il ritmo delle stagioni, e viene celebrato in tutte le cotture e in mille abbinamenti, ma c’è un piatto che non manca mai in menu, da ottobre almeno fino a gennaio: l’insalatina di merluzzo su cavolo trunzo, arance candite ed olio Eco alle nocciole di Sant’Alfio. Il pesce particolarmente buono in questa stagione, viene marinato con scorzette di limone ed erbette aromatiche tritate, raccolte nel vicino orto.
E se sui tavoli di Locanda Nerello, il Cavolo Trunzo è l’indiscusso protagonista, sono molti gli chef siciliani che hanno dedicato almeno una ricetta a questa semplice, buona e sana verdura, non solo della provincia etnea. Da Pino Cuttaia, 2 stelle Michelin, ristorante La Madia di Licata, che lo ha interpretato come un secondo di carne, farcito con acciuga, cavolo e mollica, servito su una bagna cauda rivisitata, insaporito di bottarga e cosparso di mollica essiccata in padella, che diventa la parte croccante, alla neo stella Alessandro Ingiulla, ristorante Sapio di Catania, con il suo stinco di vitello in crosta ,aromatizzato con cavolo di Aci in lamelle sottili, misticanza di campo, crema di rape rosse e succo di carne ristretto.
Piatti soprattutto sani, con un ingrediente, poi dai preziosi principi nutritivi: si pensi, ad esempio, ai numerosi sali minerali e alle vitamine (soprattutto B6 e C9), che risultano particolarmente utili per il benessere del corpo.