Come altre volte nel corso della storia, una soluzione innovativa in materia di luce e illuminazione a favore dell’ambiente potrebbe arrivare dalla natura stessa, grazie alla “bioluminescenza”. Nel 1878 “vedeva la luce” la prima lampadina a incandescenza, brevettata dall’inventore americano Thomas Alva Edison. Da quel momento il mondo è un posto sempre meno buio e la luce è parte integrante delle nostre notti, raggiungendo anche gli oceani e le zone più incontaminate del pianeta. Secondo le stime dell’International Energy Agency, a livello globale, il 19% dei consumi di energia elettrica sono attribuibili agli impianti d’illuminazione, produttori di una buona fetta delle emissioni mondiali di CO2 (circa il 6%). Come fare quindi a rendere più sostenibile il nostro – ormai necessario – sistema di luci urbane?
Ambiente / La bioluminescenza, luce ad alta sostenibilità: cos’è?
La bioluminescenza è un fenomeno per cui organismi viventi emettono luce attraverso particolari reazioni chimiche, nel corso delle quali l’energia chimica viene convertita in energia luminosa. È osservabile soprattutto fra le specie marine (secondo la BBC, è presente nel 76% delle creature oceaniche). Ma anche nelle lucciole, nei funghi e in molti batteri, alcuni dei quali (ad esempio Vibrio harveyi) rendono le acque oceaniche luminescenti, generando l’affascinante effetto “milky sea”. Il meccanismo chimico alla base della produzione di luce è studiato dagli scienziati per essere riprodotto anche con interventi artificiali. La bioluminescenza, sappiamo oggi, avviene solo in presenza di ossigeno e implica l’azione di almeno due composti chimici. Il primo è un substrato organico che emette luce, chiamato “luciferina”. Il secondo, un enzima catalizzatore chiamato “luciferasi”.
Città come Avatar?
Team internazionali composti da biologi, scienziati e tecnici, stanno lavorando a “Glowing Trees” (alberi luminescenti). Questi potrebbero rendere i nostri spazi urbani molto simili a paesaggi che finora abbiamo ammirato con stupore solo all’interno del film Avatar. Fra i gruppi di ricerca più promettenti in tale ambito, quello del MIT guidato dall’ingegnere chimico Michael Strano. Nel 2017 è riuscito per la prima volta a fare emettere ad una piantina una luce fioca, migliorandone poi le performance nel 2021 tramite ulteriori esperimenti. Le piante bioluminescenti, create da alterazioni del proprio codice genetico combinato con quello di funghi o batteri bioluminescenti, sono ancora in fase di sperimentazione.
La loro luminosità è tuttora piuttosto scarsa e di breve durata e questa tecnologia non è ancora stata estesa a vegetali di grandi dimensioni. Per cui necessiterà ancora di altro tempo prima di essere funzionale. Nel frattempo, un altro sistema relativo alle bioluci ha già trovato applicazione concreta in Francia. L’azienda Glowee commercializza dei gusci trasparenti che contengono dense colture in acqua salata di un batterio bioluminescente, chiamato aliivibrio fischeri. Raccolto al largo delle coste della nazione, dà vita a queste lampade naturali dalla luce blu soffusa. Niente elettricità: i batteri vanno alimentati con l’ossigeno, e basta “mettere in pausa” quest’ultimo per spegnere la luce.
Ambiente / La bioluminescenza, luce ad alta sostenibilità: il modello Rambouillet e i servizi Glowee
Sandra Rey, fondatrice di Glowee, osserva come queste lampade organiche siano non solo meno costose, ma anche di gran lunga meno inquinanti rispetto alle lampadine tradizionali. Generano il 98,9% di emissioni di CO2 in meno nella fase di produzione e sono composte al 100% da materie organiche e biodegradabili. La città francese di Rambouillet ha firmato un contratto di appalto pubblico innovativo, offrendo 100.000 euro di sovvenzione a Glowee nel settembre 2019, con l’obiettivo di realizzare il progetto di un sito pubblico bioluminescente nell’arco di due anni. Dal novembre 2022, nella piccola cittadina alle porte di Parigi, c’è una fila di lampade stradalialimentate da organismi viventi. Nei prossimi mesi, è prevista l’installazione di altri oggetti bioluminescenti. L’azienda è ora in trattativa con 40 città in Francia, Belgio, Svizzera e Portogallo.
Ha già ricevuto 1,7 milioni di euro dall’UE per sviluppare ulteriormente questa tecnologia, che ha numerosissimi campi di applicazione. I critici affermano che la bioluminescenza batterica, data la sua capacità di circa 15 lumen, produce meno di un quarto della luce delle lampadine a LED più basse accettabili per l’illuminazione pubblica. Rey risponde che questo esperimento può offrire proprio la possibilità di ripensare il concetto stesso di illuminazione pubblica. D’altronde, l’inquinamento luminoso generato dalle attuali forme di illuminazione esterna è causa di diversi disagi. Non solo alla flora e alla fauna, ma anche agli esseri umani stessi. L’insorgenza di forme di depressione, disturbi nel ciclo del sonno e una riduzione dell’efficacia del nostro sistema immunitario sono solo alcuni dei malesseri dovuti all’eccessiva presenza di luce artificiale. E non dimentichiamo che, per il 60% degli europei e per l’80% degli statunitensi, la Via Lattea è ormai invisibile.
Maria Maddalena La Ferla