Ancora attuale l’editto di Costantino

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“Quando noi Costantino Augusto e Licinio Augusto giungemmo sotto felice auspicio a Milano (…) abbiamo stabilito di emanare editti con i quali fosse assicurato il rispetto e la venerazione della Divinità. Abbiamo cioè deciso di dare ai cristiani e a tutti gli altri libera scelta di seguire il culto che volessero, in modo che qualunque potenza divina e celeste esistente possa essere propizia a noi e a tutti coloro che vivono sotto la nostra autorità”.

I due Augusti – i Cesari erano invece i successori designati direttamente dagli imperatori, chiamati appunto augusti – d’Occidente (Costantino) e d’Oriente (Licinio) hanno deciso di dare un maggior peso alla loro alleanza politica attraverso un matrimonio: la sorellastra di Costantino, Costanza, sarà il pegno familiare di un patto tra uomini forti che debbono ancora combattere contro resistenze politiche e militari, ad Est come ad Ovest. Costanza sposerà quindi il “collega” orientale del fratellastro, a suggello di un provvisorio accordo tra potenti che durerà poco più di dieci anni. Il matrimonio è celebrato a Milano ed è qui che i due augusti trovano un ulteriore accordo: perché inimicarsi le tante religioni, quasi tutte d’origine orientale, che avevano fatto numerosi proseliti dentro i confini dell’impero? Perché non trarre insegnamento dal totale fallimento delle persecuzioni di Diocleziano che avevano ottenuto un effetto radicalmente opposto all’obiettivo di cancellare la setta cristiana dal mondo allora conosciuto? La burocrazia imperiale aveva cercato come sempre, capri espiatori che pagassero per tutti la crisi economica, l’inflazione e altri problemi politici. Oltre tutto Diocleziano fu spinto da Galerio, suo successore designato in Oriente, da motivi a cavallo tra il politico e l’economico, visto che i cristiani apparivano ben organizzati in comunità autosufficienti, il che da una parte provocava appetiti verso le loro presunte ricchezze, dall’altra sospetti di complottare in segreto contro il potere imperiale.

L’ironia del destino volle che fosse proprio Galerio, colui che aveva spinto il titubante Diocleziano alla ferocia contro la nuova fede, a compiere il primo atto di riconoscimento ufficiale del cristianesimo ponendo fine alle persecuzioni da lui stesso scatenate, il 30 aprile del 311 con un atto di tolleranza: il cristianesimo diveniva “religio licita” nella parte dell’impero controllata dal morente Galerio.

Ecco perché non dobbiamo vedere nell’editto di Milano una improvvisa illuminazione, intanto perché gli imperatori erano due e poi perché la situazione era stata preparata da una serie di eventi che avevano fatto maturare la decisione, che ha comunque un rilevante valore storico per una serie di ragioni: la prima era, come abbiamo già detto, la constatazione che la violenza non serviva a nulla, anzi, aveva fatto sì che alcune popolazioni pagane solidarizzassero, soprattutto in Oriente, con i cristiani perseguitati. La seconda era che lo Stato riconosceva la validità delle religioni e le poneva sostanzialmente su un piano di uguaglianza, in una posizione approssimativamente laica, che poi perderà di nuovo più avanti. La terza consisteva nel fatto che i giochi non erano ancora fatti, perché il cristianesimo, ai tempi di Diocleziano era non più del 10% della popolazione, e il progressivo spostarsi di Costantino verso di esso ha motivi ancora non ben chiari, anche se uno lo è: la sua sagacia e il suo coraggio, anche perché una buona parte dell’intelligenza e della nobiltà erano pagane.

Soprattutto al secondo aspetto aveva fatto riferimento l’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, nel suo discorso per la solennità dell’ordinazione di sant’Ambrogio: la “laicità dello Stato” emerge per la prima volta con questo editto, e d’altronde la Chiesa non è mai venuta meno, ha affermato l’arcivescovo, ai suoi doveri verso lo Stato: sant’Ambrogio “non esitò mai a richiamare i cristiani a essere leali nei confronti dell’autorità civile”. Il card. Scola non ha avuto tentennamenti nel considerare quell’editto un “inizio mancato” a causa della “lunga e travagliata strada” presa dagli avvenimenti posteriori; se da una parte Costantino mostrò grande rispetto verso tutte le altre religioni, mentre, soprattutto dopo Ponte Milvio e grazie all’opera della madre Elena, si avvicinava sempre più a quella cristiana, dall’altra represse con la forza l’eresia donatista e quella ariana. Ed è proprio sulla problematica del rapporto tra Stato e Chiesa che si è incentrato l’intervento del cardinale: l’insieme dei cittadini deve operare “in ogni frammento a beneficio della comunità cristiana e di tutta la società civile”.

Marco Testi