Andromaca e le ragioni dei cattivi

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Per il terzo anno consecutivo la Fondazione INDA compone in un dittico i drammi di Sofocle e Euripide approfondendo una indagine condotta su due filoni complementari. Con Andromaca torna in scena una tragedia del dopoguerra: qui non assistiamo alla deportazione delle “principesse schiave” – come in Ecuba e Troiane (INDA 2006) – condotte in Grecia come trofeo dai vincitori-padroni, ma a ciò che accadde “dopo” ad una di loro, alla contraddittoria integrazione nella nuova casa di una concubina malvoluta dalla moglie legittima. Dopo la guerra di Troia Andromaca è toccata in sorte a Neottolemo, da cui ha avuto un figlio, mentre la sposa greca Ermione, figlia di Elena e Menelao, unendo alla gelosia la preoccupazione per la propria sterilità, cova dentro le mura domestiche un odio tale da divenire minaccia, impulso omicida. L’Andromaca corrisponde più a una raccolta di tre racconti diversi, che riguardano uno Andromaca, uno Ermione ed Oreste, uno la fine di Neottolemo e la conclusione del dramma. Di fronte a questa struttura del testo il regista Luca De Fusco ha scelto di sottolineare il carattere di spettacolo popolare, illustrativo e divulgativo della messa in scena inventando un filo rosso che congiunga le tre parti. La scena della rappresentazione è connessa con il personaggio di Teti, dea del mare, ed è quindi tutta di ambientazione e coloratura marina. I costumi con riflessi argentei fanno pensare allo specchio, tranne quelli delle due troiane, che hanno un colore caldo, rosso, per sottolineare anche visivamente la loro diversità di orientali. Questa sorta di lago ghiacciato, di mare fermo che è diventato specchio, sembra il luogo dell’anima di Teti. La suggestione e la scelta di questa immagine deriva principalmente dal finale, ma anche da un’allusione di Andromaca nel prologo al fatto che il luogo dove vivevano Peleo e Teti, e dove è ambientato il dramma, fosse un luogo isolato e triste.

Giovanni Rinzivillo