Il Centro Antiviolenza “Il Bucaneve”, gestito dalla cooperativa “la Roccia” con il contributo della Diocesi di Acireale, guidata dal vescovo Antonino Raspanti, si impegna nella tutela e nell’ascolto delle vittime di violenza nel territorio della Diocesi acese. L’accoglienza e il riscatto umano della donna (e non solo) per i quali opera la struttura, sono i temi dominanti dell’intervista rilasciataci dalle sociologhe Margherita Matalone e Carmela Borzì, membri dell’équipe di supporto del centro, e da suor Rosalba La Pegna, vicepresidente e referente dell’associazione (oltreché storica promotrice della Comunità Madonna della tenda di Cristo), testimoni del capillare impegno del centro nel territorio.
Antiviolenza / La nuova sfida del Centro “Il Bucaneve”: “creare rete”
Il centro “Il Bucaneve” (qui il sito), voluto e sostenuto dalla Diocesi negli anni, propone l’ampliamento della rete di collaborazione, allo scopo di collegare i diciotto Comuni della diocesi, da Randazzo ad Acicastello, e “creare una rete contro la violenza di genere”. Il centro si fa così promotore di un protocollo d’intesa che sta vedendo la favorevole adesione di alcuni sindaci.
Suor Rosalba dichiara che il fine ultimo è “non sentirsi soli in questa situazione e sapere di poter contare gli uni sugli altri, trovando soluzioni più tempestive. Se un fenomeno accade in un territorio limitrofo, ci si può affidare alla competenza del luogo. Il centro cerca di espandersi con la collaborazione delle associazioni e sportelli antiviolenza già radicati nel territorio. Fondamentale è dare un segnale alla società: quello che realtà diverse cooperano. E che ovunque si trovi la vittima, sappia di poter contare su ‘una rete solidale’”.
Quali sono i problemi più frequenti delle donne che si rivolgono al centro? C’è una costante di fenomeni presentati?
“In questi due anni, qui al centro, abbiamo riscontrato la richiesta continua di aiuto per uscire dal percorso di violenza. Questa può derivare dal contesto della famiglia, del lavoro o provenire da un partner, magari anche segnalato e allontanato, che perseguita la vittima insistentemente. Circa 50 persone si sono rivolte alla struttura da quando questa è iscritta all’albo regionale, cioè da due anni. Il comune denominatore per le donne vittime è sempre quello di essere aiutate ad uscire da questo tunnel di violenza“, spiega suor Rosalba. “Un fenomeno ricorrente è inoltre quello della mancanza di indipendenza economica”, precisa la dottoressa Borzì. “Per fare un quadro completo, molte di loro hanno a carico dei figli”, aggiunge la dottoressa Matalone. Rivolgendosi al centro “Il Bucaneve” hanno anche l’opportunità di essere accolte presso una struttura residenziale.
Antiviolenza / 29 anni del Centro “Il Bucaneve” di Acireale: “da assistite a protagoniste”
“Siamo presenti sul territorio acese da 29 anni – spiega suor Rosalba. – Talvolta ci siamo ritrovati ad interfacciarci con gli aggressori, a denunciare. In questi anni abbiamo aiutato tante donne in difficoltà e abbiamo sempre cercato di accoglierle, sì, ma anche restituirle alla società. Avviamo così un percorso di formazione al lavoro. Lo scopo è rendere da assistiti a protagonisti e indipendenti sia loro che i figli”.
“Scrollarsi di dosso il peso del passato”
“Fondamentale è il processo di autodeterminazione – sostiene la dottoressa Matalone. – E’ infatti caratteristica comune di molte di queste donne credere di non valere. Pensano di valere solo in virtù degli uomini, in questo caso. Un valore che questi ultimi danno e tolgono quando ritengono opportuno. Quello che ci impegniamo a fare è insegnare loro a fidarsi di sé stesse”.
Come? Qual è il percorso per arrivare a questa consapevolezza?
“L’aspetto fondamentale è l’educazione che funge da prevenzione ai comportamenti violenti”, dichiarano le sociologhe. La dottoressa Matalone precisa: “In ambito educativo ci stiamo mobilitando, ad esempio nelle scuole dove stiamo attivando un percorso educativo rivolto ai bambini e alle bambine. Il punto è che molte donne non hanno gli strumenti. Anche nel caso di una donna avvocato sfregiata dal compagno. Anche chi ha una cultura superiore, un lavoro affermato può subire violenza. La violenza non si manifesta mai nella sua estremizzazione, ma inizialmente in forme molte subdole, sotto forma di apparente protezione. Bisogna imparare infatti a riconoscere quei segnali che io definisco ‘predittivi’”.
Da cosa nasce la “fragilità” della donna, in base alla vostra esperienza?
“Oltre l’educazione sentimentale bisogna imparare il senso di relazione, il rispetto per sé stessi e per gli altri. E la costruzione di un’identità positiva”, sostiene la dottoressa Matalone.
Antiviolenza / Il Centro “Il Bucaneve” di Acireale e la volontà delle vittime
Secondo la dottoressa Matalone “deve esserci la volontà di uscir fuori da una dipendenza che può essere affettiva, economica, psicologica o di altro tipo. Scardinare questo fenomeno non è semplice”. A tal proposito, suor Rosalba racconta, con rammarico, il caso di una donna che si rivolse al centro antiviolenza. A questa fu intimato dalla madre di rinunciare a qualunque aiuto in quanto “i panni sporchi si lavano in famiglia”. Nonostante l’intervento del centro per dissuaderla, la donna vittima è entrata nel “vortice del silenzio” e, ad oggi, è irreperibile. “C’è molta violenza intorno a noi – dichiara – che spesso si camuffa sotto le spoglie di perbenismo. Vogliamo per questo che il centro ‘esca fuori’ perché la gente deve rendersi conto che un aiuto concreto può essere raggiunto”.
Il centro Bucaneve di Acireale: accoglienza aperta e multiculturale
Le donne che si rivolgono al centro sono il più delle volte provenienti da terre lontane. A svolgere la funzione di mediazione interviene la figura al femminile di un mediatore linguistico. Il centro infatti, seppur sostenuto dalla diocesi e di evidente ispirazione cattolica, accoglie persone di qualunque credo e origine. Anzi, “la diversità, viene valutata come ricchezza e tutti convivono in armonia”, affermano le sociologhe.
A testimonianza della lungimiranza delle suore, viene ricordata l’esperienza di accoglienza di “un mammo” con la sua bambina. Entrambi emigranti, reduci dalla perdita della moglie e madre. L’accoglienza non si circoscrive, dunque, esclusivamente alle donne bisognose, ma ingloba anche uomini e bambini in difficoltà. Le suore si dimostrano così molto più aperte e moderne di chi usa definizioni stereotipate. Suor Rosalba precisa come, “inoltre, la comunità di accoglienza sia come una grande famiglia. Se una donna ha bisogno di segretezza, grazie al sostegno della diocesi che ha messo a disposizione una struttura deputata a ‘rifugio segreto’, lì viene ospitata in sicurezza”.
Le suore, un operato lungimirante
Partendo dal supporto ai bambini figli delle donne vittime di violenza è stato istituito un centro diurno per minori nel territorio acese, primo e solo ad essere iscritto ai registri regionali. La struttura accoglie non solo i figli delle donne ospitate nel centro, ma anche quelli presenti sul territorio. “Un lavoro a 360 gradi, quello fornito dalle suore”, sottolinea la Matalone.
Acireale / Il Centro Ascolto Antiviolenza “Il Bucaneve”: formare gli operatori è essenziale
La formazione degli operatori è avviata al nostro interno, con momenti di confronto, di riunione. “Lo scorso anno – afferma la Matalone – è stato fatto un percorso di formazione/informazione per gli operatori nell’ambito del sociale. Adesso partiremo con qualcosa nello specifico. Una quindicina di ragazze, uscite da un tunnel di violenza, sono impegnate in un corso per ricevere una qualifica lavorativa. Speriamo di presentare progetti lavorativi con il sostegno della Regione per donne reduci da un cammino di violenza e bisognose di riscatto”, auspica suor Rosalba.
Le cosiddette “quote rosa” possono favorire il ricollocamento del ruolo della donna in società? I passi attualmente compiuti sono sufficienti?
“Senza voler entrare in logiche di appartenenza politica – sottolinea la dottoressa Matalone – se non si parlasse di quote rosa saremmo completamente escluse. È anche vero che quella delle quote rosa rischia di diventare una categoria confinata. La donna è quasi sempre esclusa dai ruoli di potere, di dirigenza. Ecco che sarebbe necessario prioritariamente un cambiamento culturale”.
I mezzi di comunicazione nella nostra società incidono nell’ambito culturale di cui parliamo?
Suor Rosalba descrive quanto risulti spesso sottovalutato, se non mortificato, il ruolo della donna nei mezzi di comunicazione e tra gli slogan pubblicitari. Una sorta di icona relegata alla passività di oggetto, finalizzata ad incentivare l’acquisto di prodotti esibendo il proprio corpo. Le due sociologhe ci raccontano che, a proposito, nel lavoro svolto a scuola con gli studenti, sollecitano lo sviluppo del senso critico nei confronti di messaggi pubblicitari stereotipati che riceviamo quotidianamente.
Una soluzione possibile: sinergia tra pubblico e privato
“La mia proposta è quella di coalizzarci – conclude Suor Rosalba. – Noi offriamo la nostra volontà, l’istituzione ci aiuti a gestire le procedure con chiarezza”.
Graziana Caruso