“Sì, amici, è la presenza del Signore che segna la differenza tra la libertà del bene e la schiavitù del male”. L’ha pronunciato Papa Francesco nel corso dell’udienza con le delegazioni provenienti da tutta Italia e dall’estero dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, svoltasi sabato 20 dicembre nell’aula delle udienze pontificie Paolo VI nella Città del Vaticano (Roma). Più di 7.500 sono stati i partecipanti di cui 1.500 tra giovani e bambini, ciascuno con una storia di vita da raccontare, dove la “presenza del Signore” continua a manifestarsi grazie a una moltitudine di famiglie “allargate” fondate sull’amore verso ragazzi disabili, portatori di handicap, detenuti, tossici, liberati dalla “schiavitù del male”.
“Un benvenuto speciale a voi tutti amici e benefattori delle nostre comunità, parrocchie e diocesi, che ci permettete di dare da mangiare a 20.000 persone nel mondo”. È stato il saluto di Paolo Ramonda, responsabile generale di Apg, rivolto a tutti coloro che “con generosità aiutano il prossimo” con le comunità fondate da don Oreste Benzi. Anche il Papa ha fatto ricorso al grande carisma della generosità nel suo discorso: “I vostri racconti parlano di schiavitù e di liberazione, parlano dell’egoismo di quanti pensano di costruirsi l’esistenza sfruttando gli altri e della generosità di coloro che aiutano il prossimo a risollevarsi dal degrado materiale e morale”. Il volto del Papa era intriso di gioia nel vedere tutti quei bambini, ragazzi e giovani gironzolare tra le scale del palco. Eppure, non era in grande forma a causa di una lieve influenza. Il suo arrivo è stato anticipato da canti, sketch teatrali, balli e tante testimonianze, che hanno fatto da cornice durante la giornata. Laddove c’era un bambino o un ragazzo disabile posto in prossimità del passaggio il Papa non ha esitato a soffermarsi per dare loro un gesto di affetto. Piccolo ma concreto. Il Papa poi ha continuato il suo discorso dicendo che “Là dove c’è il Signore Gesù, c’è risurrezione, c’è vita, perché Lui è la risurrezione e la vita”. E fuori dal testo, a braccio e fissando lo sguardo su un’aula stracolma di gente ha detto che la missione di don Oreste fu quella di organizzare per tanti adolescenti “un incontro simpatico con Cristo” e che “per stare in piedi bisogna stare in ginocchio”. Quest’ultimo passaggio non ha caso il Papa l’ha letto a fine messaggio, come a volere riportare tutto sui valori del servizio e dell’essenzialità, che sono alla base della vita di molte case famiglie sparse in ogni angolo d’Italia e del mondo. Non poteva poi mancare un forte richiamo a Papa Giovanni Paolo II: “Fate dell’Eucarestia il cuore delle case famiglia e di ogni altra attività sociale ed educativa. È da un cuore colmo dell’amore di Dio che sgorga la carità per i fratelli e le sorelle”.
Presenti all’Udienza i ragazzi della comunità Giovanni XXIII di Santa Venerina (Linera e Monacella) e Giarre, guidati da Marco Lovato, Laura Lubatti e Alberto Pennisi. “Ci sentiamo una missione grande e preziosa all’interno della Chiesa”, ha affermato Marco Lovato che ripercorre le parole del Papa sull’invito a essere una casa famiglia incentrata sull’Eucarestia. Marco poi ha rivelato che “a Francesco i ragazzi della cooperativa ‘Ro la formichina’ hanno donato un pastorale realizzato con legname proveniente dai barconi di Lampedusa”. Così ha voluto spiegare il gesto: “È un legno che ha portato tanta sofferenza, tanta speranza, proprio come il legno della croce di Gesù”. E, diciamo anche, tanta sofferenza come i ragazzi di casa famiglia. In permesso speciale alla delegazione si è unito un detenuto del carcere di Giarre che, in rappresentanza di altri carcerati, ha consegnato a papa Francesco un piatto di porcellana (realizzato dentro il laboratorio del carcere) e una lettera di auguri di Natale.
A fine udienza, trasmessa in onda dall’emittente Tv2000 cui ha partecipato una nutrita delegazione di vescovi con in testa quello di Rimini mons. Francesco Lambiasi, l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII in un comunicato ha ringraziato così il Santo Padre: “Per l’emozione e la gioia di questo incontro. Ti ringraziamo con i nostri piccoli, per tutte le mani che hai stretto, le carezze e il tuo sguardo d’amore verso i bimbi malati. Grazie per averci esortato a non dimenticare mai quella verità che «sapeva molto bene don Oreste Benzi, il fondatore della vostra Associazione. Il suo amore per i piccoli e i poveri, per gli esclusi e gli abbandonati, era radicato nell’amore a Gesù Crocifisso, che si è fatto povero e ultimo per noi», un amore capace di «moltiplicare le poche forze e le risorse disponibili»”.
Domenico Strano