Reportage / Andata e ritorno da Sofia tra passato e futuro

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Una volta messo il primo piede giù dall’aereo sentii che l’aria intorno a me era diversa: non certo grazie ai passeggeri insieme a me, per la maggior parte italiani, ma volgendo lo sguardo al cielo, oltre i piccoli confini che delimitano l’aeroporto di Sofia, la prima cosa che percepii fu una sensazione di sopito, di torpore misto alla frenesia caratterizzante delle catene di montaggio. Passati i controlli di sicurezza la sensazione si fece più forte e capii che Sofia si stava per alzare dal letto; non era soltanto a causa dell’ora, 10:00 del mattino, ma quell’idea tra chi si è appena alzato dal letto e chi invece è già pronto ad iniziare mi perseguiterà per tutta la durata del mio viaggio. Un viaggio tra vecchio e nuovo, all’interno di una capitale che vive sull’equilibrio, in bilico tra un passato vecchio, fatiscente e quella voglia di disarcionare questo scomodo passeggero. Tra la voglia di esplodere e quella catena del passato che ti ancora alla sensazione di trovarti in un paese “indietro”: guardi a destra e vedi i giganteschi label marks delle grandi multinazionali stagliarsi al di sopra di semplici condomini, il capitalismo sfrenato attecchisce ovunque e con un colpo di spugna caccia via ciò che eri; volgi lo sguardo a sinistra e trovi strade colabrodo, ed edifici che hanno il sapore di periferia, periferia dimenticata. Sofia non è “indietro”, Sofia ci affianca e per certi versi ci supera ed alla fine del viaggio me ne resi conto come se fosse entrato un elefante nella stanza, una volta notate, certe cose, non puoi più ignorarle.

La piccola Sofia è una capitale anomala, silenziosa, con i servizi della città moderna, ma il comportamento da provinciale sembra non avere contezza di cosa sia la frenesia delle capitali europee, eppure la percezione che qualcosa stia cambiando ed anche radicalmente c’è; lo notai durante un incontro dal nome “Career Speed Dating”. Il nome dal fascino british induce a pensare a qualcosa di importante e prestigioso e nonostante la fonetica da evento altisonante per i cittadini di Sofia non è nulla di eccezionale perchè di questi incontri se ne organizzano spesso e volentieri. Brevemente: incontri da tre minuti in cui ragazzi in cerca di lavoro, o più in generale aspiranti candidati, si confrontano con un numero di aziende e multinazionali che va da 6 a 12. Bastano tre minuti? Per alcuni recruiter si e, se piaci,vieni richiamato per un colloquio più approfondito il giorno dopo. Cosa è un recruiter? Un recruiter è una figura professionale che cerca al posto tuo il lavoro che fa per te ed in Bulgaria per entrare nel mondo del lavoro questa è la strada. Avreste dovuto vedere la faccia di questi specialisti in risorse umane quando dissi loro che in Italia facciamo da noi: “E riuscite a trovare lavoro in Italia???”, “No, ma questo è un altro paio di maniche”. Cacciatori di teste, li chiamano e le prede non sono poi tanto difficili da trovare: le “trappole” sono posizionate strategicamente ovunque, tra università, siti internet, cafè, per strada, se siete giovani tra i 20 ed i 30 anni loro, i recruiter, vi troveranno e vi proporranno un lavoro. Ma che lavoro? Partiamo dal presupposto che in Bulgaria non hanno l’euro ma il lev che equivale a circa la metà dell’euro, per il resto basta fare questo semplice ragionamento: la cifra che spendiamo in Italia per vivere loro la spendono, identica, in Bulgaria, con la differenza che loro pagano in Lev noi in Euro, semplice no? Semplice come le possibilità di ingresso nel mondo del lavoro per i giovani, canali d’accesso facilitati con l’aiuto dei cacciatori di teste e di multinazionali sempre alla ricerca di giovani talenti su cui investire, e ci teniamo a sottolinearlo, a tempo indeterminato. Mentre posavo l’ultimo sguardo sul piccolo aeroporto di Sofia e sui taxi sgangherati, ma efficienti, pensavo che l’appeal turistico della capitale bulgara non fosse eccezionale: sicuramente le serve tempo per esplodere definitivamente, ma continuai a pensare a quelle parole del recruiter. “Come fate a trovare lavoro in Italia?”, non fui in grado di dargli una risposta esaustiva ed iniziai a ripetermi con un malinconico sorriso amaro: “Come facciamo? Non facciamo”.

Zdravei Sofia.

Andrea Viscuso

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