Arenato in Parlamento il testo della legge sul FineVita

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La scorsa estate sembrava cosa fatta; la Camera, con una maggioranza trasversale, aveva approvato la legge sul FineVita; mancava solo il si finale del Senato, un adempimento che sembrava quasi formale. Ma al Senato la legge è sparita, è finita nel buio di qualche cassetto, è caduta nell’oblio dell’indifferenza dei politici, travolta dalla crisi economica, dalla crisi politica, dall’interesse di non si sa quali lobbie. E pensare che si trattava di una approvazione solo tecnica, da sbrigare in pochi minuti, per dare al Paese una norma che, sia pure non con il miglior testo possibile, è una buona legge.

A dare il la a questa legge nel lontano Febbraio del 2009 fu la morte di Eluana Englaro avvenuta a conclusione di una lunga e tormentata battaglia giudiziaria culminata nella decisione del Luglio 2008 della Corte d’Appello di Milano con la quale si autorizzava il padre a sospendere l’idratazione e l’alimentazione della figlia.

Per impedirne la morte fu intrapresa una disperata battaglia giuridica fatta di ricorsi alla Cassazione e alla Corte europea dei diritti dell’uomo, denunce penali, conflitti di attribuzione sollevati dinanzi alla Corte Costituzionale, atti di indirizzo ministeriali.

Tutto fu inutile, compresa la resistenza passiva delle Regioni e delle istituzioni sanitarie che si opponevano alla esecuzione della sentenza della Corte d’Appello. Perfino il decreto legge predisposto dal Governo cadde nel nulla perchè il Capo dello Stato, Napolitano, fece sapere che non lo avrebbe firmato per presunta incostituzionalità. L’analogo disegno di legge presentato dal Governo con procedura d’urgenza non ebbe maggior fortuna perchè nel frattempo Eluana morì: tra atroci sofferenze, sostengono molti medici.

Sono già passati tre anni da quel momento, ma della legge ancora niente anche se al Senato fu promesso “basteranno due settimane”. Oggi quella legge, che giace di nuovo al Senato, potrebbe essere approvata con una sola seduta ma viene boicottata perchè vieta la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione. Ma non è l’unico motivo. Dal testo della legge è sparita la definizione “Testamento biologico” che significherebbe ritenere vincolanti le volontà espresse dal paziente quando era in grado di intendere e di volere. Al suo posto è stata introdotta la possibilità per ogni cittadino di rilasciare una “Dichiarazione anticipata di Trattamento (DAT)” che vale cinque anni e non è obbligatoria per il medico che dovrà riscontrare se l’attuazione è conforme al principio generale e al bene del paziente. Finora hanno vinto gli oppositori: quanti sono favorevoli all’eutanasia, sia pure in forme apparentemente blande, sono fortemente contrari alla legge, lo dimostrano i 2.516 emendamenti che furono presentati alla Camera. Purtroppo la legge vigente, così come interpretata dai giudici, ha cessato di garantire la vita. E molte altre “Eluane” sono in pericolo di vita.

Leonardo Sorrentino