Caro Gesù bambino,
ormai è diventato usuale (non abitudinario) scriverti in occasione del Natale. Questa modalità, oltre a rivangare ricordi di infanzia, mi permette di entrare in contatto con te, in modo più semplice e amichevole. E, lungi da ogni formalismo reverenziale, aprirti il cuore con sincerità.
Il tuo Natale (o come qualche laico pensatore ha proposto le feste di inverno, sic!), ci trova – ancora una volta – in uno scenario poco rassicurante e confortante tra guerre, violenze, precarietà economiche, femminicidi e quant’altro, quotidianamente, rattrista e preoccupa. Una grande crisi di umanità ci pervade e da “fratelli tutti” sembra siamo diventati “indifferenti tutti”.
Lettera a Gesù bambino: portaci la pace
Per questo, Emmanuele, Dio con noi, ti dico: Vieni! Squarcia i cieli (Is 63,19) e ancora una volta discendi in mezzo a noi. Portati dietro lo stuolo degli Angeli che annuncino la tua nascita e cantino quell’inno di gloria e di pace (Lc 2,14) di cui abbiamo tanto bisogno, in questo mondo “lacerato da guerre e discordie” (Preghiera eucaristica della riconciliazione II).
Vieni nella tua Chiesa, di cui sei capo e sposo e che spesso, tra pianificazioni pastorali, cammini sinodali, progetti, revisioni, riforme e controriforme, forse perde di vista, quanto mirabilmente scriveva San Giovanni Paolo II, a conclusione del Giubileo del 2000. Che “Non si tratta, allora, di inventare un «nuovo programma».
Il programma c’è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria. E trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste.
Lettera a Gesù bambino: offriamo un porto sicuro a chi è nel bisogno
È un programma che non cambia col variare dei tempi e delle culture. Anche se del tempo e della cultura tiene conto per un dialogo vero e una comunicazione efficace. Questo programma di sempre è il nostro per il terzo millennio” (Novo millennio ineunte, 29). Aiutaci a liberarci dalle strutture che, spesse volte, imprigionano persino lo Spirito Santo. Donaci, invece, l’audacia di sognare “una Chiesa serva di tutti, serva degli ultimi. Una Chiesa che non esige mai una pagella di “buona condotta”, ma accoglie, serve, ama, perdona. Una Chiesa dalle porte aperte che sia porto di misericordia.
«L’uomo misericordioso – disse il Crisostomo – è un porto per chi è nel bisogno: il porto accoglie e libera dal pericolo tutti i naufraghi; siano essi malfattori, buoni, o siano come siano […], il porto li mette al riparo all’interno della sua insenatura. Anche tu, dunque, quando vedi in terra un uomo che ha sofferto il naufragio della povertà, non giudicare, non chiedere conto della sua condotta, ma liberalo dalla sventura»” (Discorsi sul povero Lazzaro, II, 5). (Papa Francesco, omelia 29.10.2023).
Vieni, laddove si semina distruzione e morte. Dove l’inutile arte della guerra non risparmia nessuno, dai bambini ai grandi. Ricordaci anche tu, che la guerra è sempre una sconfitta, che non avrà mai vincitori, perché non si vince sul sangue sparso di uomini e donne innocenti. Tu, “Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace” (Is 9, 5), addolcisci i cuori di quanti sono preposti al potere e di chi con violenza incute terrore e provoca morte. Proponi loro “una forma di vita dal sapore di Vangelo” (Papa Francesco, Lettera enciclica Fratelli tutti, 1). E affretta il giorno in cui i popoli “Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci. Un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra” (Is 2,4).
Lettera a Gesù bambino: riscalda i cuori e donaci la speranza
Vieni nelle nostre case, riscalda i nostri cuori, infondici la speranza, donaci motivi nuovi per trasalire di gioia. Astergi le lacrime di chi è nel dolore, consola il pianto di chi soffre, accarezza chi ha bisogno di un gesto di tenerezza e di amore. Sii l’ospite gradito per condividere la convivialità, portaci la tua luce, parlaci d’amore. Rendici connessi tra di noi, piuttosto che con i nostri sofisticati mezzi elettronici.
Vieni tra le nostre strade e nelle nostre piazze, donaci il gusto dello stare insieme, la gioia dell’incontro nel dialogo sereno. L’impegno comune per affermare sempre più una civiltà a misura di uomo. Rendici costruttori del bene e mai demolitori, onesti cittadini e buoni cristiani.
Vieni, dolce bambino. Abbiamo bisogno di te, perché se manchi tu, Natale sarà sì un evento dell’anno, ma non la festa che vorremmo. Quella che a tutti i costi dobbiamo recuperare, per dare un senso alla nostra vita.
Solo così, guardando negli occhi l’altro, potremo augurargli “buon Natale”, l’augurio più bello che possiamo rivolgere, che significa: “ti auguro che Gesù nasca anche in te”.
Buon natale, amato bambino, eterno e sempre contemporaneo che con la tua incarnazione sveli l’uomo all’uomo e gli ricordi la sua altissima vocazione (Gaudium et spes, 22).
Don Roberto Strano