Aria di Natale / Riscopriamo la cara vecchia Novena dei nostri nonni

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Ciaramiddari alla Novena di Natale

Con l’approssimarsi delle festività natalizie, la vita delle nostre comunità sembra rianimarsi, indossando gli abiti della festa. Camminando per le strade delle nostre città, spesso si rimane incantati davanti alle luci, alle decorazioni, agli addobbi e ai tanti alberi di Natale disseminati nelle piazze e nei vari negozi.

In tanti centri agricoli della nostra Sicilia resiste ancora l’antica usanza di celebrare solennemente la Novena di Natale. Un momento che affonda le sue radici in un lontano passato, ricco di tanta religiosità popolare. Un passato che costituiva un’ occasione di aggregazione e di preghiera, capace di alimentare l’attesa per la nascita del Signore Gesù.

In realtà questa antica pratica, fino a qualche tempo fa, spesso prendeva il nome al plurale le nuvene, per indicare le nove mattinate che, in un clima di festa e di gioia contagiosa, preparavano le nostre comunità cristiane al Santo Natale. Si, perché, a differenza di quanto avviene oggi, fino alla fine degli anni Cinquanta, le nuvene si tenevano la mattina presto. Una consuetudine che permetteva ai contadini di partecipare, prima di dedicarsi al faticoso lavoro dei campi. Ricordiamoci che nel nostro territorio, buona parte della popolazione viveva di agricoltura. E l’omini, soprattutto i jurnateri, dovevano partire dal proprio paese presto per raggiungere il posto di lavoro.

Come si viveva un tempo la Novena di Natale

Anche nei centri del territorio acese, tutti ne rimanevano coinvolti. La novena, infatti, era capace di far rivivere la magica atmosfera del Natale all’insegna delle forti emozioni. Un momento che non si fermava alla sola religiosità. Ma andava oltre per diventare un fenomeno culturale ben radicato nella tradizione, trasmesso, quasi naturalmente, da una generazione all’altra. Le nove mattinate erano animate dalle diverse categorie sociali presenti nel paese: putiara, custureri, varberi, donne maritate, signurini, bordonara, carrettieri, agrumai e proprietari. Tutti si sentivano protagonisti e spesso le diverse categorie facevano a gara nel dimostrare l’amore a Gesù bambino attraverso lo sparo di fuochi d’artificio, l’illuminazione all’interno della chiesa e il suono della banda musicale.

Un ruolo di prim’ordine era rivestito dai ciaramiddari, i suonatori di “ciaramedda”, ovvero gli zampognari. Non vi era novena senza la loro coinvolgente presenza, capace di animare le celebrazioni, trascinando i presenti in secolari canti popolari in dialetto siciliano: le cosiddette nenie di Natale che in alcuni casi resistono ancora.

Con la Riforma Liturgica avviata dal Concilio Vaticano II, e le nuove disposizioni che introducevano la possibilità di celebrare la messa vespertina anche nei giorni feriali, all’inizio degli anni Sessanta, si cominciò a spostare la novena dalle ore mattutine a quelle serali. Certamente la sera dà a tutti la possibilità di partecipare più comodamente. Anche se probabilmente non si vive più quella particolare atmosfera natalizia che per tanto tempo ha accompagnato le passate generazioni.

A partire dagli anni Settanta sono tramontate le tradizioni dei nostri nonni…

A partire dagli anni Settanta, anche le nostre care ninnaredde nelle chiese sono andate in disuso. Così a poco a poco le tante tradizioni centenarie ereditate dai nostri nonni sono rimaste inghiottite dal forte processo di globalizzazione e sostituite da altre, provenienti da popoli, civiltà e culture molto diverse da quelle che i nostri padri, con tanto amore, ci avevano consegnato. E, in molti casi, soprattutto nelle grandi città, la partecipazione dei fedeli alla novena si è fortemente affievolita.

Tuttavia, dall’inizio di questo nuovo millennio, sembra essere ritornato il desiderio di riappropriarci del Natale di una volta. Si assiste al tentativo di riscoperta delle nostre radici; vi è quasi la speranza di ricostruire alcuni cenni sul Natale di tanti anni fa. Il moltiplicarsi dei tanti presepi viventi ne è una viva testimonianza. Le tante mostre di presepi artigianali presenti nelle nostre comunità parrocchiali ne sono una conferma. Da alcuni anni, inoltre, tanti musicisti locali hanno riportato sulle strade, nelle piazze e dentro le nostre chiese le musiche tipiche della novena di una volta. Le antiche nenie natalizie che costituiscono, ancora oggi, un enorme patrimonio culturale e musicale che va riscoperto, tutelato e consegnato alle future generazioni.

Si spera che questo processo di riscoperta non si arresti! E le novene, che tra qualche giorno avranno inizio, possano ritornare ad essere luogo di aggregazione, dove riappropriarsi della semplicità del Natale di una volta. Si tratta di momenti straordinari per riflettere sul mistero salvifico di Dio, che a Betlemme, piccolo villaggio della Giudea, in un atto di amore infinito, si è fatto simile a noi, affinché ciascun uomo potesse essere redento e partecipare della sua divinità.

Giovanni Centamore

 

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