La storia delle “terre di Aci” è molto complessa. Nel 1500, ha una preminenza assoluta il “Bosco d’Aci”, specie per gli investimenti fondiari di acesi per la costruzione di strade, malgrado sia infestato da banditi di varia provenienza, violenti fino all’omicidio.
Un cambiamento economico, urbanistico e religioso-sanitario si verifica a metà secolo, con l’acquisto, per censo annuale, della “Chiusa dell’Abate”, da parte dell’”Abbazia di Nuova Luce” di Catania. Nella rinascita, i quartieri sono denominati secondo le relative chiese, dove attraverso l’arte è illustrato il Vangelo, data l’ignoranza della massa circa la scrittura.
Storicamente importante è la strada “Consolare”, che inizia a Mangano, prosegue fino all’Oratorio del Salvatore, scende in piazza Duomo, dinanzi al cosiddetto “atareddu” dell’Annunziata; intrapresa via Davì, giunge al quartiere di San Giovanni e successivamente si collega alla strada del “Casalotto”, diretta a Catania. Sorgono conventi e monasteri, tra cui da segnalare un’edicola, – in memoria del passaggio del corpo di Sant’Agata, dalla Grecia riportato a Catania, – laddove sorgerà il monastero delle Benedettine.
Il noto predicatore, padre Luigi La Nuza, nella sua missione in Acireale, sceglie la chiesa del SS. Salvatore quale “Calvario” per il Venerdì Santo: da qui, nella serata, la processione di Cristo Morto muove fino alla Basilica dei Santi Pietro e Paolo, con piena approvazione della cittadinanza.
Il tremendo terremoto del 1693 provoca la morte di un elevato numero di acesi, quasi un migliaio, però non influisce negativamente sul sito urbanistico, lo stesso per la ricostruzione. In piazza Duomo, l’”atareddu” della Madonna Annunziata, dove sostavano i viandanti, allo scopo di pregare per non cadere nelle mani dei briganti, darà vita ad una chiesa, che diverrà meravigliosa basilica, assieme alle altre due magnifiche basiliche, l’una nella stessa piazza Duomo, dedicata ai Santi Pietro e Paolo; l’altra è quella di San Sebastiano, a un centinaio di metri più a sud. A poca distanza, la classica chiesa dei Padri Filippini.
Nell’età storica tra Settecento e primo decennio del Novecento, l’artigianato va a gonfie vele, specie con la “Fiera Franca”; funzionano bene i porti del territorio per importazioni ed esportazioni. Vengono costruiti molti edifici religiosi, tra cui l’eremo di Sant’Anna, in territorio di Acicatena, magnifici palazzi; inoltre, due strade principali: via Galatea e via Dafnica; altre, anche in campagna, successivamente.
Tra i nuovi collegi, da segnalare il Collegio Pennisi dei Gesuiti, il Santonoceto e l’Oratorio festivo di S. Luigi. Il sacerdote, padre Mariano Valerio, con la sua eredità valorizza la “Grotta”, dove realizza il grande Presepe, opera molto significativa, che ha una storia particolare, suggestiva.
Acireale si qualifica bene per le feste natalizie, per la Patrona Santa Venera e il compatrono San Sebastiano, oltre che per le feste dei quartieri. Da un punto di vista sociale, secolare sono l’allegra festa del Carnevale e la Fiera dell’Ionio.
La chiesa dell’Annunziata, nel presbiterio, viene abbellita dagli eccellenti pittori messinesi, i fratelli Antonio, Paolo e Gaetano Filocamo: nella navata, la Gloria di Maria; sulle pareti, otto affreschi, raffiguranti la vita della Sacra Famiglia, la presentazione di Maria Bambina al Tempio, lo Sposalizio di Maria e Giuseppe, visita di Maria a Santa Elisabetta, Gesù adorato dai pastori, adorazione dei Magi, la presentazione di Gesù al Tempio, la fuga in Egitto, infine, Gesù tra i dottori della Legge. L’arte ha un posto preminente in Acireale, città degli Studi, per le opere di insigni architetti e pittori sia acesi che di altrove. Acireale, per questo, meriterebbe un posto di primo ordine nel campo mondiale turistico – culturale.
Nell’Ottocento, la chiesa dell’Annunziata diventa, con la fondazione della diocesi e il primo vescovo, mons. Genuardi, la Cattedrale. In seguito, l’artistico prospetto della Cattedrale ed altre belle iniziative danno un nuovo volto alla città dell’antico mito, cantato da Ovidio, di Aci e Galatea.
Attualmente l’arciprete parroco, don Mario Fresta, date le condizioni ormai penose degli otto affreschi laterali del presbiterio, propone con entusiasmo ai fedeli il restauro, con piena approvazione del critico d’arte, prof. ed ex preside Alfonso Sciacca, a dimostrazione della necessità del restauro stesso. Anna Bella