Nella basilica di San Sebastiano, retta da don Vittorio Rocca, impareggiabile promotore d’iniziative culturali interessanti, è stato realizzato l’atteso incontro della sezione “Arte e fede” su “Le raffigurazioni del martire San Sebastiano”, con la partecipazione di un rilevante, attento pubblico. Fabio Grippaldi e Vincenzo Serra, i relatori, molto dettagliati e pieni d’entusiasmo.
Fabio Grippaldi, con scorrevole arte oratoria, mette al centro dell’attenzione la sua personale interpretazione della testimonianza del vescovo di Milano, Sant’Ambrogio (Treviri 340 – Milano 397) su San Sebastiano: erano trascorsi circa cinquant’anni dalla morte del Santo, dopo aver subito l’atroce martirio in due fasi, prima colpito dalle frecce, ma guarito per l’intervento della matrona romana Irene, dopo squarciato a morte dalla flagellazione con bastoni, a Roma. Si avanza anche l’ipotesi della decapitazione. Grippaldi analizza l’iconografia, che risale all’arte paleocristiana: Sebastiano vecchio e con folta barba, nelle catacombe di S. Callisto e di S. Sebastiano; inoltre, in un mosaico in S. Pietro in vincoli. Successivamente, nel periodo rinascimentale, il Santo viene invece rappresentato giovane, associato alla figura di Apollo: legato ad un albero di alloro, colpito dalle frecce; il corpo è nudo, come il Cristo sulla croce. Il relatore riferisce alcuni episodi, in cui San Sebastiano protegge le città, colpite dalla peste, diventando il protettore degli appestati. Conclude, sostenendo che tutti gli artisti fanno a gara per raffigurare il Santo, ma nel Concilio di Trento l’arte sacra subisce la limitazione della libertà, in favore della comunicazione di messaggi da trasmettere ai fedeli e in genere a tutta l’umanità.
Il dott. Vincenzo Serra, con una dialettica molto raffinata, affronta le complesse problematiche dell’iconografia, dimostrando come è stata coniugata la pittura pagana con quella cristiana, attraverso il commento, sul piano storico e letterario, delle opere artistiche prescelte su San Sebastiano, proiettate sul video. Elegante, lo stile: scorrono, via via, le immagini del martirio del Santo, legato ad un albero o ad un palo o a colonne; nella seconda fase, colpito a morte nel corpo dai flagellatori. Meravigliose le opere di Antonello da Messina, Tiziano, Piero della Francesca, Mattia Preti, Guido Reni, Rubens, Carracci, Mantegna e di altri grandi artisti. Originale, l’affresco del Cinquecento su S. Sebastiano, tutto pieno di frecce: sembra un riccio. A San Gimignano, Benozzo Gozzoli, nel 1464, rappresenta il Santo nella Chiesa di Sant’Agostino e nel Duomo. Splende la figura di San Sebastiano del Perugino, al Louvre di Parigi; a Napoli, del Caravaggio; agli Uffizi di Firenze del Sodoma ;al Museo Poldi Pezzoli di Milano, del Crivelli. Nell’Europa Unita, la raffigurazione di San Sebastiano è presente quasi ovunque; famose le raffigurazioni, nei musei di Roma, Venezia, Vienna e Dresda. Negli USA, nel museo di Los Angeles, raffigurazione del Carracci, “S. Sebastiano gettato nella Cloaca Massima”. Serra passa ad altri campi culturali. Il richiamo al film “Fabiola”, tratto dal romanzo del Card. Wiseman, è avvincente: san Sebastiano risulta capo di una coorte pretoriana a Roma. Sul piano letterario, Vincenzo focalizza la sua dotta versatilità su Gabriele D’Annunzio, autore di un’eccellente opera teatrale del 1911, scritta in lingua francese, “Le martyre de Saint Sébastien”, in seguito tradotta in italiano. Interessante, tra i richiami storici, quello del 680 d. C.: gli abitanti di Roma, colpiti dalla peste, invocano San Sebastiano, terzo protettore della città, dopo San Pietro e Paolo, per esserne liberati. Singolare, la citazione dei Longobardi, popolo guerriero che sceglie, quale protettore, San Sebastiano. Infine, vengono rappresentate nel video alcune delle numerose opere, in Sicilia:“San Sebastiano dopo il martirio” di Giuseppe Sciuti, al Palazzo degli Elefanti, a Catania; “Il martirio di S. Sebastiano” di Vito D’Anna; la bellissima statua del Santo di Anonimo, nella Basilica di Acireale.
Don Vittorio Rocca, nella conclusione, sostiene che, in questa raffigurazione scultorea, la splendida espressione degli occhi del martire è di beatitudine, infondendo speranza in chi lo guarda.
Anna Bella