C’è stato un tempo, il V secolo a.C., nel quale la supremazia artistica di Atene è stata indelebilmente scolpita nel marmo: quello del Partenone. Plutarco nella “Vita di Pericle” è stato testimone dell’importanza e dell’entusiasmo che si respirava intorno al grande tempio simbolo dell’intera Grecia: “Sorgendo i monumenti splendidi per grandezza, per forma, inimitabili per bellezza, poiché gli artigiani si sforzavano di superarsi a vicenda nella perfezione dell´arte, soprattutto la velocità era stupefacente. Infatti credevano spesso che ciascuno di quei monumenti sarebbe giunto a stento a compimento con la successione di molte generazioni, e invece tutti questi ricevettero un termine all´apice di un solo governo”. Per il maestoso edificio realizzato integralmente in marmo pentelico e perfetto dal punto di vista della tecnica costruttiva, l’architetto Iktinos collaborò con il sommo scultore Fidia, che diresse i lavori, oltre a concepire e realizzare, con l’aiuto di un cantiere di abilissimi maestri lo straordinario apparato scultoreo e ornamentale.
Mai prima di allora la trabeazione di un tempio prevedeva tutte le metope scolpite e in numero così elevato di novantadue elementi, in una successione che scandiva la processione panatenaica in omaggio alla dea Athena. Il fregio a bassorilievo era un mondo fantastico di uomini, eroi e dei, mentre i frontoni dovevano accogliere più di quaranta statue a tutto tondo. Il vigore dell’arte fidiaca poté esprimersi al meglio plasmando le forme e rivoluzionando totalmente il modo di scolpire il nudo nella sua consistenza naturalistica, come nel giovane Dioniso del frontone est. Anche il panneggio fu reso simile al vero con la trasparenza e la bellezza delle sue modulazioni. Lo slancio narrativo che correva lungo il lato occidentale del maestoso tempio aveva lo stesso fervore e la stessa eleganza nelle movenze eroiche delle figure dei cavalieri che galoppano con fierezza e governano con maestria i loro destrieri; figure animate da un ritmo incalzante e sincopato al pari di un musicale inno alla gioia e alla giovinezza. Non di meno si ammirava la lotta del Centauro e Lapita, dove la forza del combattimento si traduceva in una elegiaca danza della vita, piuttosto che in un cruento scontro per la morte. Tutto accadeva dinanzi al cenacolo degli dei: Poseidone, Apollo e Artemide, belli e imperturbabili, sembravano discutere sul futuro della polis e degli uomini.
Nel 1800 molte parti del tempio del Partenone furono trasportate a Londra ed ora rendono uniche le sale del British Museum, così come numerose opere e reperti dell’arte classica sono confluiti in importanti musei d’Europa, come il Pergamonmuseum di Berlino che custodisce i marmi ellenistici dell’altare di Zeus dell’antica Pergamo. E chi non ricorda la Nike di Samotracia col suo leggero battito d’ali adagiata in cima allo scalone monumentale del museo del Louvre a Parigi? Sono migliaia i turisti, i visitatori e gli studiosi che raggiungono queste mete per ammirare i capolavori e studiare le testimonianze archeologiche che provengono dall’antica civiltà del Peloponneso. Nel pieno della tempesta finanziaria che in queste ore sta travolgendo Atene con tutte le conseguenze “politiche” del caso, vale la pena ricordare che l’intera Europa deve tantissimo alla storia della civiltà ellenica in termini di cultura e di arte.
Adolfo Parente