Assemblea Ccee /Il card. Bagnasco: “Europa, non ti dividere, sarebbe un danno per il mondo intero”

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(da Poznań) – “La nostra preoccupazione è che l’Europa si possa dividere perché sarebbe un grave danno non soltanto per il continente ma per il mondo intero”. Risponde così, netto, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi europei, dopo tre giorni d’intenso confronto con i presidenti delle Conferenze episcopali europee (Ccee) a Poznań, in Polonia, per la loro annuale Assemblea plenaria. I vescovi hanno parlato in particolare dei temi della solidarietà in Europa e del volontariato che, nelle sue diverse forme, impegna un popolo nascosto ma operoso di 100 milioni di persone. “Il mondo – dice Bagnasco – ha bisogno di un’Europa unita perché ha qualcosa di bello e di grande da dire: la visione dell’uomo, della vita, il senso di Dio, il cristianesimo. E, quindi, la preoccupazione è questa e noi, come vescovi, non siamo esperti di geopolitica ma come pastori insistiamo e lavoriamo perché questo non accada, ma perché si cresca, si proceda e si migliori nella comunione e nei rapporti.

Anche le Chiese sono molto diverse tra loro. Queste diversità non rischiano di dividere la Chiesa in Europa?
Ogni Chiesa ha una propria storia, proprie tradizioni e culture che permeano i popoli e le Nazioni. Però tutto questo è visto e vissuto nella luce della fede. Il punto centrale e unificante della Chiesa è Gesù Cristo, non sono le tradizioni e le culture e, quindi, guardare a Cristo e continuare a guardare a Lui ci unifica e rende le differenze delle storie, delle identità non elementi di opposizione ma di arricchimento.

Cosa possono fare le Chiese per l’Europa?
Il ruolo che la Chiesa vuole svolgere in Europa è innanzitutto la missione di annunciare Cristo, Salvatore del mondo, Uomo-Dio. Il fondamento dell’umano è la nostra speranza. È suo compito anche formare le coscienze alla luce del Vangelo. Vuol dire far crescere le persone nel rapporto con Cristo e, quindi, nella propria umanità. Terzo: essere una presenza che collabora, che partecipa alla costruzione della città umana ed essere nella città di uomini – come dice Gesù – il lievito nella pasta. Quarto: essere coscienza critica, perché la Chiesa vive nella storia, ma non s’identifica con alcuna cultura. È dentro a ogni situazione ma non è assorbita e omologata. A volte si vuole omologare la Chiesa e questo è un pericolo. La Chiesa deve rimanere fedele a Gesù Cristo ed è l’unico modo per rimanere fedele all’uomo.

Cosa intende dire che la Chiesa vuole essere in Europa “una coscienza critica”?
Essere coscienza critica, significa ricordare alla coscienza degli individui e alla coscienza collettiva degli Stati e delle Nazioni del continente la Verità di Dio e la verità dell’uomo, i valori autentici. Vuol dire mettere in guardia, come un atto d’amore, i popoli europei da certe derive di carattere soprattutto antropologico, che diventano anche di carattere sociale.
Vuol dire continuare a dire che l’uomo non è economia. Non è sottomesso al profitto. Non è un oggetto e non può diventarlo. Non è un prodotto ma un valore incomparabile.

In questi giorni di plenaria avete scritto un messaggio di solidarietà al Papa. Che cosa gli avete scritto e perché avete sentito il desiderio di farlo?
Perché ci sono degli attacchi totalmente infondati e ingiusti e questo noi vescovi, ma con noi tutta la comunità cristiana cattolica,
non lo possiamo assolutamente tollerare.
Non lo tolleriamo, esprimendo tutta la nostra vicinanza e rinnovando tutta la nostra stima, fiducia e amore filiale verso colui che la Provvidenza ha scelto come Successore di San Pietro.

Avete parlato in questi giorni di solidarietà. Al popolo europeo, cosa vi sentite di dire?
Una parola di speranza, d’incoraggiamento, nella verità e non una pia esortazione. E la verità è quella di non distaccarsi e di non recidere ulteriormente le proprie radici, di non cedere alla tentazione della divisione, in base agli interessi individuali degli Stati, delle corporazioni, delle lobby di potere, ma guardare al bene superiore del continente, che vuol dire al bene di tutti popoli. Siamo chiamati continuamente a fare di questa Europa una casa comune. Per questo, bisogna che l’Europa impari a guardare ai singoli popoli con stima, con apprezzamento, con rispetto, senza voler omologare le identità, i linguaggi, le tradizioni.
Un’Europa più leggera non è un’Europa meno valida ma, al contrario, più efficace perché più amata dal popolo.

M. Chiara Biagioni

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