Martedì 22 dicembre, al “De Nicola” di San Giovanni La Punta, l’assemblea scolastica si confronta su fragilità e solidarietà nel tempo di Natale, ispirandosi a Chagall.
Sempre attenti, all’istituto di istruzione superiore, “Enrico De Nicola” di San Giovanni La Punta, ai significati più profondi e fondanti del tempo che viviamo! Anche di questo Natale, dell’oggi condizionato dalla pandemia sanitaria da coronavirus che fa emergere vecchie e nuove fragilità e limiti della condizione umana, tempo che sempre ha ispirato artisti, poeti, pensatori.
E’ la volta quest’anno, per il “De Nicola”, di Marc Chagall che traccia le linee del lavoro che ha coinvolto alunni e docenti guidati dalla dirigente scolastica Antonella Lupo e che vedrà, martedì 22 dicembre, il punto di arrivo nell’assemblea dell’istituto, alla quale parteciperà anche il presidente del Csve (Centro di Servizio per il Volontariato Etneo), Salvatore Raffa. Perché sui temi della fragilità e della solidarietà si è parlato e discusso nei giorni di preparazione all’assemblea e nell’elaborazione del sussidio-catalogo “La gioia di condividere la fragilità”, nato nell’ambito del Progetto Ptof “Educare alla pace” per l’anno scolastico 2020/21, Natale 2020, consultabile su https://www.flipsnack.com/8B5597FF8d6/natale-2020.html
Chagall ha sognato, nelle sue opere, il Natale come una nuova vita, conforto e desiderio di pace e di un amore materno e filiale come antidoto alle ingiustizie. Ma la bellezza della nostra vita – è la riflessione conclusiva del sussidio – è simile a quella di un vaso di vetro pieno di variopinti fiori.
“Come il vetro l’essere umano è fragile. Il nostro corpo è fragile, minacciato com’è dalla malattia, dal dolore e soprattutto dal limite stesso dell’esistenza. Nel nascere è già inscritta la nostra fragilità, dipendenza e anche la ricchezza della nostra libertà. Nasciamo da corpi e decisioni altrui, ma la vita è nostra. Anche il nostro profondo è fragile, vulnerabile, soggetto a cambiamenti d’umore e depressioni, in balia delle cose e degli altri altrettanto fragili e capricciosi.
Paradossalmente, nella fragilità sta la forza della vita umana, perché, solo nel riconoscere che siamo esposti alla dipendenza dagli altri, scopriamo la preziosità della relazione e della cura degli altri. Considerata spesso come “ferita” la fragilità deve essere riscoperta nella sua profondità e forza. La fragilità spinge l’uomo a invocare aiuto, suscita ascolto, gentilezza e mitezza, tesse ogni lacerazione e libera dalla indifferenza e dalla prevaricazione.
E’ cosi divina questa dimensione umana della fragilità che lo stesso Dio, volendo rivelare la sua identità, si è fatto fragile, ha sposato la fragilità umana, come ci suggerisce Chagall nel suo dipinto “Cavallo bianco”. Sì, Natale è la gioia della compagnia di un Dio fragile. E’ lo spazio infinito lasciato dalla fragilità e allagato dalla Sua presenza. E’ la relazione empatica con l’altro che crea brividi di gioia.
Una lezione decisiva per questo nostro tempo sofferente, malato di onnipotenza e di solitudine, di amore e di egoismo. Creando solidarietà e fraternità, leggeri voleremo abbracciati verso la libertà che fiorirà come un fiore di ciliegio da un freddo inverno. La gioia come rugiada sull’erba del mattino bagnerà i nostri cuori schiusi all’abbraccio fraterno. L’Harmonia e l’unione ritrovata nel riconoscimento della comune fragilità ci farà cogliere nello sguardo dell’altro la verità oltre ogni apparenza”.
Alda Merini, poi, nella sua lirica “Noi, pastori” presente nel sussidio citato, riguardo alla notte di Natale scrive: “… E’ la notte della povertà./ Un albero disadorno,/ un antico presepe / attendono da secoli il nostro sguardo. / O piccolo Gesù / ridacci quell’innocenza, / quello spirito caritatevole / che nessun’altra ragione, / nessun altro albero ricolmo / sanno offrire a noi sperduti viandanti”.
Fragili e sperduti come lo sono i viandanti, anche gli uomini di oggi possono vivere di quella solidarietà che solo il “piccolo Gesù” sa dare e “nessun’altra ragione o albero ricolmo sanno offrire”.
Vincenzo Caruso