Il dualismo imputato al cristianesimo, quella scissione fra corpo e anima che pare renda il credente estraneo alle vicende terrestri e sociali e lo rende succube dello spostamento di ogni evento e di ogni difficoltà al “al di là”, viene clamorosamente smentito dall’Assunzione di Maria Vergine in cielo.
Salviamo le anime e lasciamo perire i corpi? Suona proprio come un vocabolario oscurantista e ormai superato da chiunque si muova sui binari della fede riflessa e del sentire cum Ecclesia.
In paradiso tutto si risolverà e io (e non gli altri!) avrò ragione: manifesta il più banale e maldestro tentativo di far quadrare il cerchio che non si lascia quadrare.
Eppure abbiamo sotto gli occhi un mistero, quello di Maria Assunta in cielo, che ci offre la chiave migliore e più diretta per far sì che la nostra fede possa ardere e la nostra ragione godere di luce.
Maria di Nazareth è una di noi. Di noi fatti di terra. Ha ricevuto il grande dono di essere stata, sempre e comunque, trasparente alla grazia di Dio, vale a dire di non essersi allontanata da Lui e, quindi, di non aver vagato per strade errate e aver fallito il bersaglio: significato ultimo e primo, biblicamente parlando, del peccato.
Non ci viene detto dalla grande tradizione secolare della Chiesa che l’anima di Maria fu assunta. Ci viene trasmesso che tutta lei, la sua persona, fatta di terra ma pervasa dalla Ruach, dal Soffio, non è entrata in una tomba, per quanto fosse un mausoleo artistico, non è stata consegnata alla sepoltura con la terra che l’abbia ricoperta, ma è stata portata dagli angeli, dai messaggeri, tutta e integra, alla visione del Volto di Dio.
Se ci lasciamo compenetrare da questo mistero, riceviamo un grande dono, non la pretesa di concludere il nostro ritorno al Padre allo stesso modo ma di godere del suo accompagnamento per pensare e vivere concretamente la nostra umanità di figli di Dio, di creature del Padre.
Non salviamo le anime ma salviamo tutti (sempre tutti) quelli che il sangue del Redentore ha salvato ed ha affidato a noi nel nostro arco di tempo storico.
Non proiettiamo un vago sentire a momenti migliori, non ci lasciamo attrarre né dal romanticismo, né dal buonismo, bensì incarniamo delle scelte precise: oggi e qui.
Siamo tutti e tutte figli e figlie del Padre.
Dobbiamo delineare la nostra umanità guardando alla sua umanità. Se la Vergine Maria è Madre, è Madre di tutti.
Non Madre stolida che seleziona i figli e abbandona alcuni allo scarto e li considera esclusi dalla partecipazione della vita terrena con lei al fianco e della glorificazione della Sua umanità una volta giunti al Regno.
Non Madre che distoglie lo sguardo dai brulicanti gruppi di migranti che cercano libertà e vita degna di essere umani.
Non Madre che trattiene la sua ricchezza di comunione amorosa con Dio e di provvida mano soccorritrice nelle necessità per riversarla solo su qualcuno ma Donna che richiama a Sé ogni povero, ogni indigente, ogni bisognoso.
Non è una Regina Madre che si gode le sue prerogative sociali e assapora le sue benemerenze magnetizzando il popolino con il fasto della dinastia o il sangue blu, Maria è Madre Regina. Una Madre dal cui grembo tutti, indistintamente dalla nascita, dall’estrazione sociale, dalla cultura, tutti abbiamo avuto e avremo vita.
Sembra un dire idillico, forse anche presuntuoso perché non tiene conto della realtà e si astrae dal considerare gli emarginati e i perseguitati.
Non è utopia, è fede sperimentata che sa guardare all’umanità trasfigurata e gloriosa che, invisibilmente, solca il nostro tempo e la nostra storia, lasciando quella traccia che può diventare per noi essenziale nel cammino.
Da quel giorno in cui Maria fu Assunta, siamo stati resi capaci, noi umani, di guardarci non solo da un’altra prospettiva ma dal traguardo disponibile per noi, a portata di mano. Da quella umanità per cui è Sorella nella fede e Madre glorificata, dono di luce al nostro essere terra che non distrugge e rifiuta di essere distrutta da chi in Lei non si riconosce.
Cristiana Dobner