L’Europa potrebbe ancora rialzarsi. Sì, potrebbe rialzarsi se avesse il coraggio di guardare alla profondità delle sue radici. Quelle radici che hanno inventato gli ospedali, l’attenzione per gli ultimi, il diritto e la giustizia, la solidarietà e la fratellanza, quelle radici che ancora inventano l’economia di comunione, il valore della persona, l’accoglienza e la bellezza della vita, quelle colossali radici cristiane che hanno la pretesa di fondare una società autenticamente umana.
Terrorizzati: solo una manciata di giorni fa il Censis ci aveva informato che più di otto milioni di italiani, dopo le recenti stragi del terrorismo, hanno cambiato uno o più comportamenti abituali per paura. Hanno rinunciato a viaggi, a visite in luoghi percepiti come pericolosi, ad eventi pubblici oppure hanno cambiato modalità di trasporto o altro ancora. Persino il Giubileo, secondo il Censis,è stato lambito dalla paura.
Shock dopo shock il mondo è schiacciato dalla paura. E oggi, a poche ore dalle devastanti immagini di Bruxelles, ancora di più. I potenti hanno gridato alla guerra. “Guerra diffusa”, così è stata definita.
C’è da chiedersi se questo clima di terrore e di catastrofismo sia completamente imputabile a un terrorismo sanguinario,
che grazie ad un meccanismo tipo roulette russa impazzita ci rende tutti casuali bersagli e quindi tutti nudi, drammaticamente vulnerabili e privi di certezze oppure se tutto ciò non fa che esaltare la fragilità di un mondo tecnoliquido, già di per sé privo di mappe e di riferimenti, immerso in un narcisismo esasperato e senza sostanza, dominato da un cupo individualismo che ha frantumato in profondità i network della solidarietà a favore degli impalpabili network telematici.
La drammaticità delle stragi, che colpiscono al cuore proprio le nazioni apparentemente più evolute secondo i canoni della postmodernità e proprio nei luoghi di aggregazione più significativi, al di là di altre considerazioni, è infatti resa ancora più evidente dallo smarrimento già immenso della società tecnoliquida. Davvero patetico, se non risibile, l’appello “a non piegarsi” di certe alte cariche. Così come tutti gli altri appelli simili, che, in modo imbarazzante, tanti sentiranno il dovere di esprimere e che il web rilancerà con hastag solidali e valanghe di post, quasi a voler esorcizzare il fatto che in realtà siamo già piegati. Di fronte allo spettro della paura e del terrore, alcuni esibiranno una sorta di coraggio postumo e ipocrita, altri lanceranno appelli a reagire oppure annunceranno ridondanti inviti a riprendere orgogliosamente la cosiddetta quotidianità, altri ancora invocheranno interventi muscolari e decisi. E qualcuno, poeticamente, reagirà suonando in piazza, come già avvenne in Francia. Tutto inutile. Risparmiateci le chiacchiere. Guardiamoci dentro.
Le immagini dell’aeroporto di Bruxelles, il luogo più blindato d’Europa, sono impietose. L’Europa ha paura. Piange, come la Mogherini ha mostrato con le sue lacrime. Eppure l’Europa potrebbe ancora rialzarsi.
Sì, potrebbe rialzarsi se avesse il coraggio di guardare alla profondità delle sue radici. Quelle radici che hanno inventato gli ospedali, l’attenzione per gli ultimi, il diritto e la giustizia, la solidarietà e la fratellanza, quelle radici che ancora inventano l’economia di comunione, il valore della persona, l’accoglienza e la bellezza della vita, quelle colossali radici cristiane che hanno la pretesa di fondare una società autenticamente umana. E’ questo il coraggio a cui appellarsi: riscoprire la forza e la potenza creativa delle nostre radici, superando l’usura esistenziale della postmodernità per guardare al futuro dell’umanità.
Tonino Cantelmi