Benedetto XVI dritto al cuore

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Quando la politica si piega a finalità più alte siamo in dovere non solo di rispettarla e di non storcere il naso ma di considerarla una via normale per l’educazione e l’elevazione dei popoli. Così avviene quando, precluse altre vie, la Santa Sede ricorre alla diplomazia e al suo statuto istituzionale di Stato sovrano, riconosciuto nel consesso nelle sedi internazionali. La visita di Benedetto XVI nel Regno Unito è stata classificata e impostata nel suo protocollo come visita di Stato. In realtà, oltre i saluti ufficiali e formali tutto si è svolto come un evento di schietta ispirazione pastorale. Il passo più politico dei discorsi del Papa è quello riferito alla seconda guerra mondiale, e al periodo delle massicce incursioni dell’aviazione del regime nazista sull’Inghilterra, fino alla distruzione di intere città. È tristemente noto il termine, in italiano “coventrizzare”, dal nome della città inglese di Coventry rasa al suolo, per indicare la distruzione totale del suolo di un’intera città. È stato solo un passaggio, forte e coraggioso, come i reiterati riferimenti sulle vittime della pedofilia di ecclesiastici. Tragedie di diversa natura, per le quali è comune la vergogna e il pianto. Il Papa lo ha fatto. Ha detto di vergognarsi ed ha pianto.

La beatificazione del cardinale Newman

Lo spirito e la parola dei suoi altri discorsi sono stati lontani da formalismi e diplomazia. È andato al cuore dei problemi e alle radici della verità, sempre soprattutto amata e appassionatamente ricercata da Joseph Ratzinger, come ha fatto Newman nel corso della sua longeva esistenza. Agli studenti delle scuole cattoliche ha rivolto un appello quanto mai lontano da persuasivi allettamenti umani: li ha invitati a diventare santi, i santi del terzo millennio. Non c’è nessuna meta più bella di questa, perché solo Dio ci ama di amore infinito e solo in lui si trova la felicità. E agli insegnanti di quelle scuole ha ricordato che non devono solo informare, né svolgere il loro insegnamento in senso utilitaristico, anche qui seguendo l’insegnamento di Newman nei suoi scritti sull’Università, ma additare la via della sapienza. Nessuna conoscenza distaccata e distolta dalla sapienza, che è conoscenza della verità delle cose alla luce del loro Creatore, può essere “utile” alla realizzazione della persona umana e della sua felicità.
Discorsi che vanno diritti al cuore anche degli altri temi svolti dal Papa in Gran Bretagna. In ambito ecumenico additando come modello Newman ha voluto certamente riaffermare la piena identità cattolica della Chiesa che ha il suo centro visibile in Roma, ma senza dimenticare e tanto meno disprezzare l’esperienza di vita cristiana presente nella Comunione anglicana. Benedetto XVI, con somma umiltà, ha ricondotto il cammino dell’unione alle primitive fondamentali intuizioni: “Ciò che condividiamo è più di quanto ci divide”, già espresse da quell’antesignano dell’ecumenismo che fu Giovanni XXIII. Ricordando il centenario del movimento ecumenico, che ha avuto origine a Edimburgo nel 1910, ha notato che vi sono e vi saranno ancora difficoltà, ma queste devono essere poste dentro il grande orizzonte dell’attuale società e commisurate con lo svilupparsi del pluralismo religioso verso il quale i cristiani devono andare incontro insieme in nome dell’unica fede nel Salvatore di tutti gli uomini. Il grande Crocifisso innalzato al centro della Cattedrale di Westmister, dalle ampie braccia spalancate per l’abbraccio a tutti gli uomini, con la sua forza espressiva esime Benedetto dallo svolgere sottili argomentazioni dottrinali per illustrare l’unità e l’universalità della salvezza. Il Papa è andato a parlare “cuore a cuore”, secondo lo stile di Newman. Dio è uno, ha detto ai rappresentanti delle varie religioni, dobbiamo comportarci tutti come amici, operando per la pace e la tutela del creato. Il cristianesimo è una religione “inclusiva”, non esclude nessuno, sapendo che Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità (1Tm 2,4), camminando gli uni accanto agli altri e assumendo uno spirito “irenico” come quello di Newman. Ratzinger ha usato proprio questo termine, volendo indicare che la diversità di religione (“diversamente credenti”) non deve mai condurre alla conflittualità tra i popoli e anzi deve essere una grande scuola di pace e riconciliazione tra popoli e nazioni del mondo. Tutti i credenti hanno il compito di collaborare tra loro come in un legame di stretta alleanza per la difesa della creazione “sfigurata” e sfruttata per scopi egoistici, minacciata da inquinamenti e distruzioni.
I fedeli di tutte le religioni, in una parola, sono da rispettare per la loro nobile azione di elevare e sostenere la dimensione spirituale degli esseri umani, impegnati a contrastare nel mondo la presenza di un estremismo ateo e di un secolarismo radicale che intendono desertificare le radici cristiane della civiltà europea e oscurare la luce di Dio nel mondo.
Conversione spirituale, amore, amicizia, riconciliazione, pace: le parole del Pontefice nell’arco della sua visita, in fedeltà al suo stile di guida e maestro che propone vie chiare e concrete alla portata di tutti. Con le parole di John Henry Newman, destinate agli insegnanti, il Papa ha rivolto un appello che ha valore del tutto attuale: “Io voglio un laicato non arrogante, non precipitoso nei discorsi, non polemico, ma uomini che conoscano la loro religione, che in essa vi entrino, che conoscono il loro credo così bene da saperne dare conto”. Da qui ha inizio la rinascita della speranza per l’Inghilterra e per l’Europa, bisognose di testimoni preparati e credibili.

Elio Bromuri (dal Sir)