Bioetica / Il “Piccolo lessico del fine vita” tra consensi e timori

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Il piccolo lesico del fine vita

Molto rumore per nulla? L’acceso dibattito scaturito dalla recente sentenza della Corte Costituzionale in materia di suicidio assistito (nostro articolo del 30 luglio), si è persino arroventato a seguito della successiva pubblicazione del Piccolo Lessico del fine vita.
Curato dalla Pontificia Accademia della Vita, si propone all’Umana Comunità come una sinossi di rivisitazioni, riflessioni e indicazioni su alcuni punti chiave in tema di fine vita, in ordine alfabetico. Nell’intento di facilitare una mediazione nel confronto tra credenti e non, su temi etici così delicati, pure attraverso una loro più agevole e corretta acquisizione sul piano concettuale e terminologico.

A un primo vaglio delle reazioni che ha suscitato, non sembra però aver colto del tutto nel segno.  Esse sembrano profilarsi verso una polarizzazione che vede già contrapporsi posizioni antitetiche.
Una, preordinata a suggerirne un’interpretazione, di nuove aperture della Chiesa a istanze esterne. L’altra, preoccupata nello scorgerne un’offerta di disponibilità a trattare su principi non negoziabili.Piccolo lessico del fine vita

Perciò bisogna subito sgombrare il campo da tentativi di mistificazione e manipolazione ideologica,  subito giunti da più parti e sovente caldeggiati pure dai media, che non rendono onore alla verità.  E così chiarire che non si introducono revisioni. Il testo rinvia infatti ai documenti della Chiesa che escludono eutanasia, suicidio assistito e accanimento terapeutico e perorano l’accompagnamento dell’ammalato, affettivo e spirituale, ancor prima e in concorso con la nutrizione e le cure palliative.

Fine vita, documenti chiarificatori

In particolare, le lettere apostoliche Salvifici Doloris ed Evangelium vitae di San Giovanni Paolo II;  il Messaggio di Papa Francesco al Meeting Europeo della WMA sulla questione del fine vita, del 2017; i recenti documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede Samaritanus Bonus, del 2020 e del Dicastero per la Dottrina del fede Dignitas Infinita circa la dignità umana, di quest’anno.

Semmai ci si può interrogare sulla sua effettiva utilità. Relativa, per uomini di Chiesa e credenti, che rettamente dovrebbero rifarsi ai citati documenti del Magistero. Del pari forse, pure per gli operatori sanitari, che agiscono nel rispetto di norme e codici deontologici che si presuppone siano ben noti.
Pleonastica per il Legislatore, già aduso a trovare mediazioni poi traslate nelle cd. leggi imperfette.

Molto rumore per nulla, quindi? No; purchè non si incorra nello stesso errore di molti studenti che, paghi della praticità dei bignami, abbiano rinunciato alla lettura insostituibile dei testi originali. In quei casi, privandosi della bellezza delle opere letterarie; in questo, della rigorosa precisone degli atti della Dottrina.

Last but not least; una doverosa precisazione, o se volete, premurosa invocazione, però s’impone.
Gli atti del Magistero evocati nel testo, in primis la lett. Samaritanus Bonus, pure per la loro recente pubblicazione, non possono dar adito a dubbi; ma cosa potrebbe accadere se non venissero letti?

Dubbi e timori…..

Compreso che si sia inteso agire per tempo, prima dell’avvio del dibattito parlamentare in autunno; ma una appena più meditata articolazione del testo avrebbe evitato ogni possibile fraintendimento.
Così invece, si può mal enfatizzare il senso di alcune espressioni; ambigue, se decontestualizzate.
Infine, in sintesi, fare apparire una semplificazione ricognitiva, come una abdicazione propositiva.

mons.Vincenzo Paglia
Mons Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita

Scrivere proprio al riguardo del suicidio assistito, che alcuni ritengono che occorra opporsi anche a qualunque soluzione legislativa che ammetta l’assistenza al suicido e non chiarire già subito che tale preclusione trova sede inequivocabile negli Atti Conciliari, del Dicastero e dei Papi stessi, cioè proprio nei medesimi documenti ivi citati, può apparire quanto meno lacunoso, se non fuorviante.

Ipotizzare che in determinate circostanze possano pure ammettersi mediazioni sul piano giuridico in una società pluralista e democratica può pur intendersi come parziale rinuncia all’inderogabilità. Così nell’introduzione, invitare i cristiani a non relazionarsi come portatori d’una verità data a priori.
Ma noi sappiamo che la Verità ci è data proprio a priori. E’ insegnamento primario della Parola. La Verità non può che essere a priori, perchè è divina; perché è Cristo! Diversamente non sarebbe la Verità, ma una delle equipollenti opzioni presenti nell’agone.

E chi può essere latore di una verità assoluta e indefettibile, se non il cristiano? Che tale più non sarebbe, ove abdicasse al suo stesso ruolo conferitogli ontologicamente! Vieppiù sul vero senso della vita e della morte. I Nuovissimi, di cui si auspica il ritorno alla centralità, secondo la secolare tradizione della Chiesa. Una cosa è presentare la Verità nell’umiltà del Dono ricevuto; altra è trattare su essa nella relatività dei principi dati (Gv. 6, 60; 66-69).
Indi, doveroso l’impegno alla riflessione comunitaria su tali temi, secondo la Dottrina del Magistero.

Talora le valanghe, prima di divenire tali, da modesti distacchi iniziali, prendono la forma di slavine. Meglio restar saldi su terreni che non siano propizi a insidiosi scivolamenti e poi a rovinose cadute.

  Giuseppe Longo

 

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