Brexit / Il portavoce dei vescovi inglesi spera di tornare nell’Ue

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Foto Ansa/Sir

“Noi britannici dovremmo pensarci come parte di una famiglia globale, proprio come nella visione di papa Francesco, che parla dei cittadini del mondo come di fratelli e sorelle che curano la casa comune. L’Unione Europea è un’espressione di questa visione. Purtroppo con Brexit la Gran Bretagna si è allontanata da questo tentativo di superare i confini nazionali e si è rinchiusa in sé stessa”.
A pochi giorni dalla firma dell’accordo commerciale tra Ue e Regno Unito, che ha segnato la fase finale della dipartita britannica dall’Europa, il vescovo John Arnold esprime tutta la sua delusione. Responsabile della diocesi di Salford, trecentomila fedeli nel nord d’Inghilterra, compresa la città di Manchester, è anche portavoce della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles per le relazioni internazionali. Ha sempre creduto fermamente nel sogno europeo e ritiene che l’uscita della Gran Bretagna, consumatasi alle 23 del 31 dicembre scorso, le 24 in Italia, sia stata una sconfitta per il suo Paese. “L’Europa dovrebbe riunirsi come un’unione di ventotto nazioni per affrontare unita sfide globali importanti come la protezione dell’ambiente, l’accoglienza dei migranti e la lotta al traffico umano”, dice, “Abbiamo più successo quando lavoriamo insieme. La Gran Bretagna si sta avviando ad imparare una dura lezione: che da soli si sta peggio”.

Foto Ansa/Sir

Pensa possa esserci un ripensamento? Che il Regno Unito, già da oggi, possa cominciare a lavorare per rientrare nella Unione Europea?
Spero che sia così. Stiamo già toccando con mano che è difficile fare da soli. Spero che, lavorando sui vari aspetti del trattato che il premier britannico Boris Johnson e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen hanno firmato alla vigilia di Natale, possiamo riavviare rapporti più stretti con i nostri partner europei in materia di scambi commerciali, viaggi e sicurezza.

Secondo lei, è possibile ipotizzare un secondo referendum per chiedere ai cittadini britannici se desiderano o meno rientrare in Europa?
Credo che dovrà passare ancora molto tempo prima che possiamo pensare a una seconda consultazione. È importante che non ci dimentichiamo, nel frattempo, tutte le opportunità che ci offre l’Europa. Se non fosse già dimostrato dagli economisti, il buon senso ci direbbe che il nostro mercato più importante di importazione ed esportazione si trova alle nostre porte, oltre la Manica. Ha senso pensare di commerciare con Paesi che si trovano a decine di migliaia di chilometri di distanza mentre possiamo importare le stesse merci a qualche chilometro di distanza? Stiamo senz’altro meglio dentro la nostra famiglia europea.

Perché, a suo avviso, il Regno Unito ha deciso di uscire dall’Unione Europea ben sapendo quali sarebbero stati i danni di questa scelta?
Il partito di coloro che volevano andarsene ha usato l’argomento della sovranità politica, difendendo il diritto del Regno Unito a decidere dei propri confini e della propria politica, ma credo che si tratti di un’illusione. Avremmo protetto meglio i nostri interessi stando dentro la Ue. Certo non tutto funziona come dovrebbe in Europa ma avremmo potuto migliorare le istituzioni europee dall’interno, stando dentro, anziché da fuori.

Che impatto avrà la Brexit sulla Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles?
Nessun effetto negativo anche se penso che la maggior parte dei vescovi cristiani, cattolici e anche anglicani, condividano il mio punto di vista: che Brexit è stata una scelta sbagliata. Apparteniamo ancora alla Comece, la Commissione delle conferenze episcopali dell’Unione Europea, dove affrontiamo insieme le stesse sfide, secolarizzazione e materialismo, e questo lavoro continuerà.

Silvia Guzzetti