Calcio / Intervista a Salvo Pappalardo, vice allenatore del Trapani capolista in serie D

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Salvo Pappalardo allenatore calcio

Salvo Pappalardo, è il vice allenatore che sta contribuendo all’esaltante stagione del Trapani Calcio capolista in Serie D. Originario di Santa Venerina (CT), laureato in economia e psicologia a Firenze e con numerose esperienze all’estero, in quest’intervista esclusiva ad ampio raggio ci racconta i punti di forza della squadra e le sfide del campionato, ma soprattutto il suo modo di intendere il calcio, le sue esperienze passate all’estero e i perché del suo libro appena consegnato alle stampe, “Mio figlio è un campione”. Un lavoro frutto della sua esperienza, dedicato in particolare ad una semplice “pedagogia di base” per i genitori dei piccoli che praticano il gioco del calcio.

Calcio / Intervista al vice allenatore del Trapani, Salvo Pappalardo

Partiamo da questo Trapani formato “Inter della Serie D”: un campionato esaltante e, benché favorita, la stagione sembra perfetta. Un bilancio?

Un bilancio fin qui sicuramente positivo. Adesso che si vede il traguardo dobbiamo spingere ancora di più per concludere una stagione da incorniciare. Non è mai facile vincere: le ricette possono essere tante. Noi abbiamo avuto la fortuna di avere un club forte, con un presidente che ci ha messo nelle condizioni ideali per lavorare. E noi poi ci abbiamo messo tanto lavoro.

Quali sono i punti di forza chiave della squadra e quali i margini di miglioramento?

La squadra ha un organico composto da gente che sarebbe titolare in qualsiasi altro club di D, molti anche di C. Penso quindi che il punto di forza della squadra sia la profondità della rosa. Inoltre sono tutti giocatori che, oltre ad essere fenomenali in campo, lo sono altrettanto fuori dal rettangolo di gioco. Sicuramente si può sempre migliorare, anche se il livello già adesso è molto alto. Lavoriamo quotidianamente per limare tutti i dettagli e tendere verso la perfezione.

Calcio / Intervista all’allenatore del Trapani Salvo Pappalardo

Uno storico debutto in panchina da primo allenatore, vista la squalifica del mister, nella sentitissima Trapani-Akragas (4-1): al di là della comprensibile emozione, le sensazioni di quella gara prima e dopo?

Vista la squadra allenarsi nei giorni precedenti, si percepiva già che stavamo bene e che avremmo fatto un’ottima prestazione. Le sensazioni del pre-gara erano quindi molto positive. Quelle del post-gara erano di aver dato una prova di maturità: la squadra ha tenuto il pallino, creato tanto e subito pochissimo.

E’ arrivato in estate dopo diverse esperienze, nonostante la giovane età, in Sicilia e all’estero: cosa può raccontarci dell’esperienza tra Acireale e Catania?

In entrambe le circostanze ho allenato nel Settore Giovanile. Acireale è la squadra in cui sono cresciuto calcisticamente, avendovi trascorso tutta la trafila da giocatore. Ed è stata poi (grazie all’allora responsabile del settore giovanile, Pulvirenti) quella che 9 anni dopo essere uscito dal proprio Settore Giovanile mi ha dato l’occasione per cominciare la carriera da allenatore/istruttore. Ho cominciato con Primi calci, Pulcini ed Esordienti e l’anno successivo sono passato ai Giovanissimi. Non c’è modo migliore per iniziare che partire dal calcio di base, perchè è necessario lavorare tanto sia sotto l’aspetto tecnico che quello umano e psicologico.

Salvo Pappalardo allenatore calcio

Al Catania sono stato altre due stagioni, nel primo coi Giovanissimi e nel secondo con gli Allievi. La pregressa esperienza ad Acireale da giocatore in un Settore Giovanile professionistico mi ha aiutato nell’inserirmi velocemente in un ambiente altamente professionale e in cui sono riuscito ad imparare tantissimo. Ogni giorno andavo sempre parecchie ore prima del mio allenamento, per poter vedere quello della Primavera e degli Allievi Nazionali.

Poi perché la Spagna? Com’è andata e cosa ha appreso?

Dopo i due anni al Catania si è presentata l’occasione di poter lavorare per un club filial del RCD Mallorca. L’ho colta al volo perché, come poi in effetti è successo, poteva essere una grande occasione di crescita e confronto. È stata una stagione bellissima: avevo i Cadetes primo anno. Il club dava delle direttive precise sullo stile di gioco, sui ruoli (tutti dovevano imparare a fare almeno due/tre ruoli) e sui comportamenti. Le mie idee di gioco basate sul possesso, l’imprevedibilità delle giocate (nel senso che non ci sono giocate fisse e ciascun giocatore deve imparare a leggere la situazione) e la riaggressione, fortunatamente collimavano con quelle del club. Ho appreso tanto anche lì, soprattutto a livello culturale. Qualunque esperienza può essere foriera di arricchimento: basta avere il giusto atteggiamento ed essere aperti.

Dopo, un’esperienza polarmente diversa in Cina: come si vive il calcio lì? 

È sempre la mia voglia di scoprire nuovi mondi e nuove culture, che mi ha spinto fin nella semisconosciuta Inner Mongolia (regione della Cina). Il Calcio in quel momento (2018) viveva un momento di propulsione governativa e quindi molti club volevano un allenatore europeo per poter fare il salto di qualità. In pratica il governo finanziava i club per potersi permettere un allenatore straniero. Nel 2019 sono tornato in Italia per dover poi ripartire nella stagione seguente, ma a febbraio 2020 scoppiò la pandemia di Covid. Il governo chiuse i rubinetti per il calcio e finì l’ “eldorado” Cina. Il calcio lì è uno sport minore, rimasto tale nonostante negli anni abbiano cercato di stimolarlo portando campioni e, appunto, allenatori.

Con quali deficit o margini? Che esperienza è stata e cosa ha appreso?

Salvo Pappalardo allenatore calcio

Il deficit maggiore del calcio cinese è la mancanza di cultura calcistica: questa non si costruisce con i soldi. Anche perchè per i giocatori ed allenatori locali c’era poco. I margini sono enormi, se pensiamo che i cinesi sono circa 1 miliardo e mezzo si capisce che bacino potenziale vi sia.

L’esperienza in Cina è stata molto più dura rispetto alle altre esperienze lavorative all’estero, ma altrettanto formativa e a suo modo bella. È stato molto più duro perché ero in una città non abituata ad avere gente occidentale e l’inglese lo parlavano in pochi. Avevo con me h24 il mio interprete cinese-inglese, che praticamente mi seguiva dal campo di allenamento, al ristorante, alla banca, alla bottega. Insomma poi ci si organizza con i traduttori sul cellulare, ma rimane comunque una comunicazione poco fluida. È stato bello però poter assaporare una cultura totalmente differente e quello che mi sono portato via come apprendimento fa parte soprattutto (se non solo) del bagaglio culturale. Nella gestione dei giocatori è fondamentale conoscere il loro background culturale.

Calcio / Intervista all’allenatore del Trapani Salvo Pappalardo

E’ troppo presto per parlare di stagione 2024-25 o, visti i risultati, si vede ancora a Trapani a tentare un’altra impresa?

Ancora non abbiamo vinto nulla. Nel momento in cui lo avremo fatto, allora ci siederemo per poter parlare del futuro.

C’è una squadra del cuore? Qualche allenatore a cui si ispira?

La squadra del cuore diciamo che non sta più lì per motivi lavorativi. Da quando ho iniziato un po’ più seriamente a lavorare nel calcio mi sono disaffezionato (se così si può dire), per poter vedere le partite più da tecnico che da tifoso. Era comunque l’Inter.
L’allenatore che mi piace è Ancelotti per il suo equilibrio, la sua umanità e per la sua capacità di far rendere i giocatori mettendoli nelle condizioni migliori per loro.

Alcuni concetti base cui tiene particolarmente, sul piano comportamentale e tattico?

Sul piano comportamentale mi piace lavorare sul concetto di ‘insieme’: insieme si suda, insieme si vince. Una frase che utilizzo spesso è: “successo viene prima di sudore solo sul vocabolario”. Questo, per sottolineare l’importanza del lavoro e dell’abnegazione.
Inoltre mi piace portare il concetto di sacrificio di un pezzo del proprio io per il bene collettivo. La famosa corsa in più per il compagno. Per me il termine ‘squadra’ condensa qualcosa che deve essere più della somma dei singoli. Il valore aggiunto sta insito nella dinamica dei rapporti interpersonali.

Salvo Pappalardo allenatore calcio

Dal punto di vista tattico, credo che la cosa più importante sia mettere i propri giocatori nelle migliori condizioni per fare bene. Questo si traduce nella creazione di un sistema di gioco ad hoc che quindi sia appropriato e disegnato su misura per la squadra. Nel senso più strettamente tattico di campo, mi piace che la squadra tenga il possesso, che domini il gioco e che sia aggressiva quando perde la palla.

Calcio / Intervista all’allenatore del Trapani Salvo Pappalardo

C’è qualche calciatore preferito (oltre al Fenomeno Ronaldo Luis Nazario)?

Il mio calciatore preferito era il Chino Recoba, che non era proprio un esempio di assiduità e regolarità. Da quando ho cominciato ad allenare, mi piacciono i giocatori ‘intelligenti’: quelli che toccano bene la palla e che riescono a leggere le situazioni di gioco.

Ora questo libro, dove c’è tanto della sua esperienza già maturata e delle sue idee: perché e come nasce? Con quale intento? Che consigli darebbe ai genitori?

Mio figlio è un campione nasce dall’esperienza di anni spesi su un campo da calcio ad insegnare il calcio e lo sport a bambini e adolescenti. La frase ricorrente tra i colleghi era (ed è): il problema non sono i ragazzini, sono i genitori. Si, perché sono vari i comportamenti degli adulti che nuociono ai propri figli e più in generale al clima sportivo. L’intento non è quello di insegnare niente a nessuno, ma piuttosto quello di far riflettere.

Lo si potrebbe definire un piccolo manuale di formazione genitoriale nel mondo del calcio. Essere genitori è senza dubbio il mestiere più difficile del mondo, me ne sto accorgendo anche perché da poco sono diventato papà. È difficile perchè richiede impegno e sforzi non indifferenti, nonostante tutti noi abbiamo anche attività lavorative da dover affrontare. Se ai ragazzi che giocano a calcio dico di impegnarsi a fondo, sacrificarsi per ottenere ciò che vogliono e di girare al largo dalle scorciatoie, mi sento di dare lo stesso consiglio ai genitori. Altro consiglio: se vostro figlio è davvero forte, non c’è bisogno di pagare nessuno per farlo andare avanti.

Per quel che riguarda i Settori Giovanili, ritengo che i nostri problemi italiani siano principalmente due. In primis, pochi investimenti sui giovani. In secondo luogo, avere un sistema che premii la meritocrazia e che faccia emergere il talento sia per quel che riguarda i ragazzi che gli allenatori. Il fine dei Settori Giovanili è quello di portare quanti più ragazzi possibile in Prima Squadra, ma poi lì dobbiamo avere il coraggio di farli giocare. E con i ragazzi bisogna avere pazienza. Quindi da un lato concediamo poche possibilità, dall’altro non tutti quelli che meriterebbero questa possibilità arrivano ad averla.

Come mai la scelta di pubblicare su Bookabook?

Bookabook è una casa editrice particolare: seleziona progetti ritenuti interessanti e offre la possibilità di pubblicazione attraverso il crowdfunding (raccolta fondi). Il libro viene poi pubblicato al raggiungimento di un numero base di pre-ordini. In questo modo riesce ad arrivare ai potenziali lettori già prima della pubblicazione. Il mio progetto giaceva in un cassetto da qualche anno e, quando si è presentata questa possibilità, ne sono stato entusiasta. Da giovedì 7 marzo è partita la campagna di raccolta fondi: chiunque volesse sostenere il mio libro “Mio figlio è un campione” tramite il link, può così partecipare. Gli ordini sopra le tre copie non si pagano le spese di spedizione. Spero siano in tanti a contribuire, in modo che vi possa essere un testo di riferimento per i genitori che hanno dei figli che giocano a calcio.

Mario Agostino

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