Ecco il calendario 2019 del mensile “San Giuseppe”. Con un’idea originale: riflettere sull’opera di misericordia “Dar da mangiare agli affamati” utilizzando le immagini di San Giuseppe che provvede alla Sacra Famiglia, soprattutto nella Fuga in Egitto. Ne viene fuori una fotogallery artistica su San Giuseppe, il Redemptoris custos, che ha nutrito “colui che i fedeli dovevano mangiare come pane di vita eterna” (Pio IX)
Un’idea bella, efficace e immediatamente comprensibile. Una realizzazione all’altezza della spiritualità guanelliana e del genuino gusto artistico. A corredo delle pagine del calendario 2019 che scandiscono i mesi attorno all’opera di misericordia “Dar da mangiare agli affamati”, dodici opere d’arte (più una per la copertina) che illustrano la figura di San Giuseppe che nutre il Bambino Gesù e sua Madre Maria (Riposo durante la fuga in Egitto, Madonna “della pappa”, raffigurazioni della Santa Famiglia con frutta, scodella o pane). Nessuna forzatura teologica. Così, ad esempio, San Giovanni Paolo II nell’esortazione “Redemptoris custos” (“Il custode del redentore”, RC): “La crescita di Gesù ‘in sapienza, in età e in grazia’ (Lc 2,52) avvenne nell’ambito della santa Famiglia sotto gli occhi di Giuseppe, che aveva l’alto compito di ‘allevare’, ossia di nutrire, di vestire e di istruire Gesù nella legge e in un mestiere, in conformità ai doveri assegnati al padre. Nel sacrifico eucaristico la Chiesa venera la memoria anzitutto della gloriosa sempre Vergine Maria, ma anche del beato Giuseppe, perché ‘nutrì colui che i fedeli dovevano mangiare come pane di vita eterna’ (RC, 16)”.
San Giuseppe si è occupato della vita della famiglia di Nazaret in ogni circostanza: “prima nella povertà di Betlemme, poi nell’esilio in Egitto e, successivamente, nella dimora a Nazaret” (RC, 21). Nessun conflitto fra spirito e corpo, lavoro e preghiera: “L’apparente tensione tra la vita attiva e quella contemplativa trova in lui un ideale superamento, possibile a chi possiede la perfezione della carità” (RC 27). Ogni opera di misericordia, come questa del “Dar da mangiare agli affamati”, è un risvolto della virtù teologale della carità. Papa Francesco si spinge oltre quando, parla delle opere di misericordia che “educano all’attenzione verso le esigenze più elementari dei nostri fratelli più piccoli, nei quali è presente Gesù” e rappresentano un “antidoto” in un mondo “colpito dal virus dell’indifferenza”: “Sono convinto – ha detto papa Francesco – che attraverso questi semplici gesti quotidiani possiamo compiere una vera rivoluzione culturale”. Alla portata di tutti: “San Giuseppe è la prova che per essere buoni ed autentici seguaci di Cristo non occorrono grandi cose, ma si richiedono solo virtù comuni, umane, semplici, ma vere ed autentiche” (Paolo VI).
Osservando le immagini artistiche della Santa Famiglia riprodotte nel calendario, ho notato che, a parte il tondo in copertina, undici volte è Maria che tiene il Bambino Gesù tra le braccia, mentre Giuseppe lo fa una sola volta; viceversa undici volte è Giuseppe che porge da mangiare o da bere al Bambino, mentre Maria lo fa solo due volte. Ogni amore è affettuoso e operoso, ma con accentuazioni diverse e complementari.
L’amore materno è più affettuoso; quello paterno più operoso. L’uno e l’altro si rendono visibili specialmente attraverso il volto e le mani, sebbene con stile diverso. Siamo chiamati a compiere le opere di misericordia, a cominciare da quelle di dar da mangiare agli affamati e da bere agli assetati, con la tenerezza di Maria e con la concretezza di Giuseppe, ambedue intensamente premurose. Così le persone bisognose potranno riconoscere che non sono amate soltanto da noi, ma innanzitutto da Cristo stesso attraverso di noi.
Un buon numero delle immagini artistiche presentate fa riferimento al riposo della Santa Famiglia durante la Fuga in Egitto, secondo il racconto poetico, che ne fa il vangelo apocrifo dello Pseudo Matteo. Al terzo giorno di viaggio, Giuseppe, Maria e il Bambino si riposano all’ombra di una maestosa palma. Maria vede che la cima dell’albero è carica di datteri ed esprime il desiderio di mangiarne qualcuno, se fosse possibile. Giuseppe risponde che purtroppo non è possibile arrivare così in alto e aggiunge che piuttosto lo preoccupa la mancanza d’acqua, perché gli otri sono ormai vuoti. “Allora, il bambinello Gesù, seduto con lieto volto in grembo alla madre, ordinò alla palma: Piegati, o albero, e dà forza a mia madre con i tuoi frutti. A quella voce la palma piegò subito la cima, fino ai piedi di Maria”. Raccolti tutti i datteri, Gesù comanda alla palma di raddrizzarsi e di versare acqua dalle radici. “Subito la palma si levò e dalle sue radici cominciarono a sgorgare rivoli di acqua limpidissimi”. L’amore di Dio ispira, accompagna e porta a compimento le nostre opere di misericordia, al di là delle nostre capacità e dei nostri stessi desideri. Ma vuole la nostra cooperazione, per rendersi presente e in qualche modo visibile e credibile attraverso di noi.
Non resta che disporci a vivere il nostro tempo, momento per momento, giorno per giorno, sotto lo sguardo e la custodia di Giuseppe, anche grazie a queste opere d’arte che accendono l’intuizione su quel “qualcosa del pathos con cui Dio, all’alba della creazione, guardò all’opera delle sue mani” (San Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti).
Angelo Sceppacerca