A distanza di duecento anni da quel lontano 12 settembre 1816, anno in cui il pontefice Pio VII con la bolla Romanus Pontifex elevò Caltagirone a sede vescovile, esaudendo una richiesta lasciata in sospeso per molto tempo, la Diocesi Calatina ha concluso l’11 gennaio scorso, i festeggiamenti del Bicentenario diocesano con una solenne celebrazione eucaristica in Cattedrale.
In occasione dell’evento, il Santo Padre ha nominato un suo Legato pontificio, il cardinale Francesco Monterisi, arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le mura, per presiedere la celebrazione di chiusura. A fianco del cardinale, mons. Calogero Peri, vescovo della diocesi di Caltagirone, il cardinale Paolo Romeo e i vescovi mons. Salvatore Gristina, mons. Vittorio Mondello e mons. Michele Pennisi.
Quello appena concluso è un evento che in realtà ha invogliato la gente a una costante apertura mentale e spirituale, intesa come energico rinnovo della propria fede nella consapevolezza della responsabilità missionaria di evangelizzazione, allo scopo di evitare – come afferma mons. Peri, che il bicentenario si concluda senza lasciare alcuna traccia di sé, ma che promuova invece un impegno futuro e costante. Un impegno che, in primis, trova la sua realizzazione nel contesto della vita quotidiana, nel rapporto con gli altri, dove appunto prende le mosse quello con Dio.
Il 4 luglio 2015 mons. Calogero Peri ha indetto il Bicentenario della diocesi annunciandone l’apertura per il 21 novembre 2015, giorno della festa di Cristo Re dell’universo. E quale miglior modo, dunque, per avviare un anno di gratitudine a Dio, se non quello di suonare il corno d’ariete, in ebraico Yovèl, che la legge di Mosè prescriveva fosse suonato ogni cinquanta anni come segnale di proclamazione dell’inizio di un Anno santo. Il suono del corno, s’intende, è solo metaforico, ma concreta è stata l’indizione di un Giubileo particolare in occasione del Bicentenario. L’importanza dell’evento è stata duplice in quanto l’anno giubilare del secondo centenario ha coinciso con il Giubileo della Misericordia indetto da Papa Francesco e avviatosi, come previsto nella Bolla di indizione Misericordiae Vultus, l’8 dicembre 2015, in occasione dell’Immacolata Concezione.
Un anno, quindi, di giubilo per il popolo cristiano della diocesi calatina, che ha concluso solo simbolicamente i festeggiamenti per il bicentenario. Come è riportato nel logo dell’evento, la frase “Lì porrò il mio nome”, che è un estratto del Primo Libro dei Re e che nell’icona sembra proprio cadere dall’alto, rammenta l’importanza della comunità cristiana e della diocesi, segno dell’incontro tra Dio e l’uomo, Dio che ha posto la sua casa in mezzo agli uomini. E la Chiesa calatina, ora, mantiene la promessa di rimanere lumen gentium. A tal proposito, durante la celebrazione di chiusura, il cardinale Francesco Monterisi, nel ricordare i duecento anni di attività cristiana della diocesi, non ha potuto fare a a meno di menzionare don Luigi Sturzo, ponendolo come modello di un impegno civile, sociale, cristiano e umano.
La conclusione dell’anno giubilare e bicentenario ha avuto inizio presso la chiesa di S. Agata, dalla quale i fedeli si sono mossi in processione per raggiungere la Cattedrale. Successivamente, per condizioni di maltempo, si è deciso di non procedere verso la Basilica del santo patrono San Giacomo, la cui statua si trovava in Cattedrale, dove quindi si è rimasti per l’Atto di affidamento al Patrono, il canto Te Deum e la benedizione papale finale.
Alla solenne messa conclusiva e su invito del vescovo hanno preso parte le autorità amministrative locali dei comuni appartenenti alla diocesi di Caltagirone, a riprova dell’importanza dell’evento per tutta la comunità, evento che non lascia solo il ricordo di una festa passata ma si fa meta del futuro.
Vincenzo M. Santagati