Il calzolaio è un mestiere antico ma più moderno che mai: oggi riparare le scarpe è un essenziale modo per attenuare i danni al nostro pianeta e alle persone che lo abitano. Ogni anno nel mondo si producono circa 23 miliardi di paia di scarpe e l’industria calzaturiera globale è implicata in importanti sfide ambientali ed etiche. La produzione di calzature è spesso caratterizzata da sfruttamento umano e gravi condizioni di lavoro nelle fabbriche dei paesi in via di sviluppo.
Il processo produttivo coinvolge persino bambini, molti dei quali vittime di lavori forzati, che vengono esposti a sostanze chimiche altamente nocive nel corso di turni di lavoro dalla durata massacrante. I centri di produzione principali che attraggono i grandi marchi sono in Asia, in particolare Cina e Vietnam, anche perché hanno standard ambientali più permissivi. La realizzazione di un classico paio di scarpe da ginnastica immetterebbe infatti nell’atmosfera circa 136 kg di anidride carbonica. Parliamo di un’impronta davvero significativa: l’1,4% delle emissioni globali di gas serra, percentuale di poco inferiore a quella dell’industria aeronautica.
Il calzolaio ripara le scarpe ma anche un po’ il pianeta: solo il 5% delle scarpe può essere riciclato
Le scarpe sono prodotti complessi che richiedono l’impiego di molti processi di produzione diversi e in media prevedono l’utilizzo di 40 tipi di materiali differenti (tra cui cuoio, tela, poliuretano, PVC, ecc) il cui impatto ambientale è da calcolare anche singolarmente.
Ad esempio, le piantagioni di gomma contribuiscono alla deforestazione e aumentano le emissioni di carbonio, mentre la produzione di pelle, associata all’allevamento di bovini, aumenta in modo sproporzionato le emissioni di metano. Inoltre, materiali come cotone e poliestere richiedono molta acqua e pesticidi, deteriorando la qualità del suolo e dell’acqua. Nel frattempo, le fibre sintetiche, realizzate con prodotti petrolchimici, richiedono molta energia e contribuiscono all’inquinamento da microplastiche.
Il riciclo delle calzature diventa pressoché impossibile, vista l’ampia varietà di sostanze di cui sono composte. Solo circa il 5% delle scarpe viene di fatto riciclato, che è una cifra irrisoria. La stragrande maggioranza persisterà nelle discariche per secoli, data la non biodegradabilità di materiali come poliuretano e poliestere.
Il calzolaio Federico Scaravilli, uno dei “superstiti” ripara le scarpe ma anche un po’ il pianeta
Il calzolaio è uno dei mestieri più antichi e un tempo era fortemente radicato sul territorio. Oggi, nonostante possa essere ancora di grandissima utilità sociale ed ambientale, rischia di scomparire, per via dei cambiamenti socio-economici in atto.
Federico Scaravilli, classe ‘67, da 4 anni si dedica alla riparazione di scarpe. Con la sua bottega, sita ad Acireale, è uno dei 3 calzolai rimasti nella cittadina. ”Prima ce n’erano di più qui. C’erano gli anziani! Visto che non è un lavoro pesantissimo magari lo tengono fino a quando possono, anche in età avanzata. L’ultimo che conoscevo mi pare che è rimasto in bottega fino a 85 anni” spiega Scaravilli.
E prosegue, evidenziando l’assenza di un ricambio generazionale per ragioni tipo socio-educativo: “E’ un mestiere che è andato a scomparire come tutti gli altri, come il falegname, ad esempio. Una volta i ragazzi venivano mandati dopo la terza media ad imparare un mestiere. Forse da parte delle istituzioni potrebbe esserci un’incentivazione di percorsi formativi per l’apprendimento di queste competenze. Il modo migliore resta comunque quello di andare da un calzolaio ed imparare la tecnica sul campo”.
Come ha avuto avvio l’ attività di calzolaio
La formazione di Scaravilli è avvenuta grazie al tramandamento di sapere per via del padre: il genitore aveva una fabbrica di scarpe a Catania. L’azienda è rimasta operativa per 50 anni e poi costretta a chiudere nel 2010, sia per via delle ripercussioni della crisi del 2008, ma anche a causa dell’avvento del mercato cinese e dell’esacerbazione della globalizzazione. Questi fenomeni hanno messo in ginocchio diverse industrie calzaturiere in tutta Italia, durante quegli anni.
“Mio padre mi portava in fabbrica da piccolo per passare il tempo, osservavo, assimilavo. Ricordo gli odori della pelle, del mastice. Poi ho iniziato a lavorare a 15 anni perchè la scuola non la amavo tantissimo quindi mi sono dedicato al lavoro. Anche se la passione vera e propria mi è venuta verso i 30 anni… e ad oggi è sempre più forte”.
Così racconta il suo avviamento alla professione. Spiega anche: “Quando la fabbrica ha chiuso, le macchine rimaste le ho messe qui, in questa bottega che sto affittando. L’ho fatto per non buttarle, in quanto hanno anche un valore affettivo per me. Ho deciso di restare nello stesso settore ma cambiare tipologia: non faccio più scarpe nuove ma ripararo quelle vecchie”.
Quello del calzolaio è un mestiere redditizio?
Per quanto apparentemente sembri un mestiere obsoleto ai più, l’attività artigianale di Federico Scaravilli va a gonfie vele. “Ho molti clienti, in una fascia d’età fra i 95 anni e i 18 anni, e da 4 anni a questa parte, da quando ho aperto, è stato solo un crescendo. I tempi sono proibitivi dal punto di vista del consumo… è aumentato il prezzo di tutto, non si può comprare più niente, quindi il mondo della riparazione va”. Specifica, però, che può capitare che il costo della riparazione stessa superi il prezzo d’acquisto delle calzature usurate (spesso comprate a cifre irrisorie nei negozi cinesi). In tal caso il cliente potrebbe preferire buttare il vecchio paio di scarpe e acquistarne uno nuovo.
Scaravelli si addentra un po’ di più in termini prettamente numerici: “ Il guadagno mensile può essere piuttosto buono, in base a quanto lavori. Io lavoro circa 7 ore al giorno. Per quanto riguarda la remunerazione dei singoli servizi si parte da piccoli incollaggi da 3 euro fino anche a interventi di centinaia di euro, come quelli di customizzazione (ovvero basati sulla personalizzazione delle calzature con degli inserti particolari), per esempio”.
Il calzolaio ripara le scarpe anche per il futuro del pianeta
La produzione delle scarpe, come abbiamo visto precedentemente, oggi è sempre più complessa e consta di una moltitudine di materiali differenti. Anche il calzolaio, quindi, deve aggiornarsi e possedere i giusti macchinari e le competenze specifiche per capire come operare in un contesto con diversi elementi. Si tratta di un mestiere che restituisce anche un servizio al pianeta, in quanto può contribuire a ridurre i numeri dell’industria calzaturiera su larga scala – che tende a fagocitare e danneggiare fortemente risorse ambientali ed esseri umani- ma anche a diminuire l’inquinamento in generale, garantendo una maggiore longevità a dei prodotti in massima parte non riciclabili.
Federico Scaravilli sta tramandando a sua volta quest’arte al figlio, guidandolo nell’apprendimento delle varie tecniche all’interno della sua bottega in via Galatea, e ai giovani dice: “Per alcuni ragazzi l’immagine del calzolaio è quella di un uomo sporco, in mezzo alla polvere, che svolge un lavoro povero… non è così, non è un lavoro povero. Ci sono calzolai, ad esempio, che si sono dedicati anche alla riparazione di scarpe di un certo valore, come le Louboutin, potendo poi ottenere dal cliente finale una cifra considerevole”.
Maria Maddalena La Ferla