Da domenica scorsa, siamo ritornati nel tempo liturgico ordinario e in questo anno la Chiesa ci propone il Vangelo di Luca. L’evangelista si presenta a noi rivolgendosi ad un amico, Teofilo, il cui nome significa “amico di Dio”.
Dentro questo nome ognuno di noi può identificarsi, se gli è gradito essere un amico di Dio. In un rapporto di amicizia, si creano legami di familiarità, di fiducia, di stima. Nel tempo in cui la Chiesa ci propone un cammino sinodale, cioè un cammino insieme nella storia umana, mi sembra anche bello poter riflettere insieme come comunità di credenti, sui testi che ci vengono proposti durante l’anno.
Io ritengo, infatti, che un itinerario catechetico sia necessario ed utile per quanti si propongono di camminare insieme per crescere nella fede. E per instaurare quella fraternità universale a cui Papa Francesco ci sollecita.
Non siamo nuovi certamente al linguaggio del Papa, già Paolo VI ci proponeva la civiltà dell’Amore negli anni che seguirono il Concilio Vaticano II. E Giovanni Paolo II ci indicava nell’Evangelium Vitae la via dell’uomo nella vita evangelica, indicando Gesù mediatore tra Dio e l’uomo, unica via dell’uomo. Dalla sua fondazione la Chiesa trasmette agli uomini la testimonianza degli apostoli, sia nei testi evangelici che nella tradizione bimillenaria dei popoli che l’hanno incarnata e mantenuta viva fino ai nostri giorni.
Nel cammino sinodale vivere la Parola di Dio
L’anno sinodale propostoci apre sicuramente al popolo dei fedeli una nuova opportunità per accogliere la Parola di Dio, comprenderla e viverla nella quotidianità. In questa domenica, in particolare, siamo chiamati a celebrare la Parola di Dio, cioè, siamo invitati a rileggere e a contemplare quanto Dio vuole comunicare all’uomo. Perché egli sia beato, viva nella gioia e in compagnia, non resti solo.
Ma poiché la Parola di Dio è una fonte inesauribile di contenuti vitali, poterla leggere e rileggere quotidianamente ci offre una nuova e ulteriore comprensione. E ci dà un nuovo slancio e ulteriori ragioni per assimilarla e gustarla in nuove ed inedite modalità di esprimerla nella vita quotidiana.
Nel brano proposto in questa domenica alla nostra attenzione c’è l’inizio della vita pubblica di Gesù. Non tra il popolo lungo le strade della Galilea, ma nel tempio. Gesù entra nel luogo del culto, nel luogo dove i maestri della fede leggono le Scritture e le spiegano ai presenti.
Questa volta a leggere è proprio Gesù, a cui viene offerto il rotolo e dato il compito di interpretare quel testo, una pagina quanto mai significativa che rivela la stessa identità di colui che è l’inviato di Dio, nella storia per l’intera umanità di tutti i tempi.
L’interpretazione del messaggio, in questo caso, è diretto, perché giunge all’uomo direttamente da Dio, mediante il Figlio, l’inviato, il Messia. Questo merita da parte nostra una particolare e totale attenzione.
La Parola di Dio illumina l’esistenza
Ecco, possiamo immaginare Gesù, a trent’anni, giovane uomo di quella terra, seduto al posto del Maestro, aprire il rotolo che gli viene offerto e iniziare la lettura a voce alta, in modo solenne e autorevole: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista. A rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore”.
Il testo di Luca continua dicendo che Gesù riavvolse il rotolo, lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti sono rivolti a lui, mentre egli comincia a parlare: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. Mi pare di sentire come un tuono nel tempio, a quelle parole, la meraviglia, lo stupore, lo stordimento di tutti i presenti! Come osa costui dirsi investito dallo Spirito, costui vaneggia, è un folle?
Eppure il testo è chiaro, il messaggio scritto secoli prima dal profeta Isaia non è una invenzione del lettore del momento. Il Signore ha promesso un lieto annuncio per i poveri, la liberazione per i prigionieri, la vista ai ciechi, la libertà agli oppressi. Quanti dei presenti al tempio avevano già incontrato Gesù per le vie della Galilea a distribuire speranza, a sanare le ferite degli afflitti, a dare la vista ai ciechi. E si erano chiesti chi fosse costui che operava tali prodigi. Da dove gli venisse questo potere, questa saggezza di linguaggio e questa autorevolezza di comportamento? Non era il figlio di Maria e del falegname Giuseppe?
Come i discepoli di Emmaus che, pur avendo trascorso e vissuto con lui tanto tempo, non hanno capito e non lo hanno riconosciuto, così può accadere anche a noi. Sentire i suoi messaggi e non comprenderli, essere testimoni di prodigi e rimanere impassibili, benché stupefatti. Emozionarci e rimanere in superficie. Non riflettere e non fare nostre quelle parole, quei gesti, quelle esperienza, mantenendo una distanza abissale tra noi e quel che accade intorno a noi.
Superare la diffidenza e accogliere la sua Parola
Eppure gli occhi di tutti erano rivolti a lui, le orecchie erano aperte all’ascolto, ma la diffidenza non lasciava spazio alla comprensione, all’accoglienza. Tardi di cuore!
Anche ai piedi della croce, gli occhi degli astanti erano rivolti a quest’uomo che non si ribella a una morte ingiusta, brutale, che non impreca ma perdona “Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno”, e promette la salvezza al peccatore pentito, “Oggi, sarai con me nel mio regno!” .
Ecco, a che cosa siamo chiamati, in questo anno sinodale, in questo giorno dedicato alla Parola. In questo tempo di fatica per tutta l’umanità malata, sofferente, impoverita, spogliata della sua dignità, senza lavoro, senza diritti; in guerre secolari che non giungono mai a termine, in conflitti che si accendono dentro le famiglie, in ferite che fanno sanguinare la carne e lo spirito.
Siamo chiamati ad accogliere come rivolto a ciascuno di noi il messaggio di Gesù, impariamo a consolare gli afflitti, a costruire ponti di amicizia, di pace, di reciproco aiuto. Perché a nessuno manchi il lavoro, il pane, il calore degli affetti e la speranza di una vita migliore.
Buon cammino sinodale, in ascolto accogliente della Parola e in gesti di solidarietà e amicizia fraterna.
Teresa Scaravilli