C’è anche una “santa dei due mondi” tra coloro che verranno canonizzati domenica 22 maggio in piazza san Pietro da Papa Francesco: madre Francesca Rubatto, al secolo Anna Maria Rubatto, nata a Carmagnola (Torino) nel 1844 e morta a Montevideo, capitale dell’Uruguay, nel 1904.
In lei si fondono la “santità della carità” piemontese del diciannovesimo secolo e l’attenzione al popolo, e l’intensità tutta latinoamericana nella vicinanza ai poveri, ai malati, ai bambini. Dall’altra parte dell’Oceano è considerata, con fondati motivi, “la prima santa dell’Uruguay”. Soprattutto, può essere considerata una vera santa “del quotidiano”, anticipatrice di quella “Chiesa in uscita” invocata da Papa Francesco.
Fin da giovane si dedicò a enti di beneficenza, insegnando catechismo ai bambini, visitando i malati del Cottolengo e l’oratorio di Don Bosco di Torino. Nel 1885 fondò a Loano la Congregazione delle Suore terziarie Cappuccine, dedicata ai malati e, soprattutto, ai bambini e ai giovani abbandonati.
Nel 1892, con quattro sorelle della sua congregazione, partì per l’America Latina, per offrire i suoi servizi in Uruguay, in Argentina, e poi nel nord-est del Brasile. Si stabilì in Uruguay, nel quartiere del Belvedere dove diede vita a un laboratorio di cucito, che alla fine divenne il Collegio di San José de la Providencia. Morì a Montevideo nel 1904.
Madre Rubatto e l’attenzione speciale per i poveri
“Per la Chiesa dell’Uruguay e per quella di Montevideo in particolare è una grande gioia vedere la prima uruguaiana che diventa santa – dice al Sir l’arcivescovo di Montevideo, il cardinale David Sturla, salesiano, che domenica sarà tra i concelebranti -. Certo, madre Francesca Rubatto è nata in Italia e lì ha vissuto per gran parte della sua vita. Ma ha vissuto e operato molti anni in Uruguay, qui è morta e ha voluto essere sepolta, accanto ai suoi poveri. Il santuario a lei dedicato è molto inserito nella nostra chiesa. Le sorelle Cappuccine continuano a lasciare un’impronta importante, negli anni e ultimamente attraverso le scuole che gestiscono”.
L’arcivescovo e primate dell’Uruguay confida: “Mi colpisce molto il fatto che madre Francesca diventò religiosa, fondando la sua congregazione, quando aveva già quarant’anni. Si mise in questa avventura di fondare un’associazione, di attraversare l’Oceano e di diffondere la congregazione nel Continente, per esempio nel Mato Grosso, dove sette sue consorelle sono state martirizzate.
…e anche per i bambini
Parliamo, insomma, di una persona che aveva una grande fiducia in Dio. E al tempo stesso un’attenzione speciale per i poveri e gli infermi, e i bambini. Tipica di quella che è stata chiamata la santità torinese del XIX secolo, come la chiamò Paolo VI pensando ai santi della carità torinese, da Cottolengo a Giuseppe Cafasso, al beato Allamano, agli sposi marchesi di Barolo, al laico Bruno Fabre, a don Bosco. Il tutto nella formazione dell’unità italiana, caratterizzata da Governi liberali di impronta anticlericale”. Un anticlericalismo che, in modo del tutto peculiare per il continente americano, madre Francesca troverà anche in Uruguay.
Secondo il cardinale Sturla, “questo aspetto della fiducia in Dio è quello che meglio attualizza il carisma della santa. Cioè la fiducia nella forza del Vangelo per sollevare e trasformare la vita delle persone. È quello che ha realizzato al suo tempo, nella vicinanza ai poveri, ma in realtà nella prossimità a tutti.
In Uruguay c’è stato un presidente che ha guidato la secolarizzazione dello Stato e che era profondamente anticlericale, José Batlle y Ordóñez. Ma nell’ultimo periodo della sua vita fu amorevolmente assistito in Italia da una madre cappuccina. Quest’uomo apprezzò moltissimo la suora. In seguito, davanti alla camera ardente del presidente, si presentarono questa suora con la superiora e tutti, in maggioranza anticlericali, cedettero loro il passo, consentendo loro di pregare.
Credo davvero che madre Francesca che ci abbia lasciato il messaggio di essere vicini a tutte le persone, senza differenze di alcun tipo. Speriamo che questa audacia evangelizzatrice, che arrivò dove non arrivavano i sacerdoti, sia da esempio anche oggi e in futuro per la nostra Chiesa”.
Madre Rubatto, la santa della porta accanto
La superiora: “Santa del quotidiano”. E della santità e attualità di madre Francesca parlerebbe per ore, suor Nora Aranza, attuale superiora in Uruguay delle Suore Cappuccine. “La cosa che più mi colpisce della nostra fondatrice è l’attualità della sua santità, della porta accanto. Per usare un’espressione utilizzata da Papa Francesco nell’esortazione apostolica Gaudete ed exsultate”.
La religiosa ricorda la lunga stagione di impegno ecclesiale come laica consacrata, i suoi dialoghi con Don Bosco, il discernimento con il padre spirituale che la portò alla fondazione della congregazione e alla vita religiosa. Al suo arrivo in Uruguay “trovò un Paese in costruzione, percorse in lungo e in largo i quartieri di Montevideo, soprattutto quelli più poveri. Amò profondamente questo Paese, e volle essere sepolta qui, dove oggi è sorto il santuario.
Aveva tre pilastri nella sua azione caritativa, soprattutto verso i giovani: l’educazione, la salute e la dignità umana. Fin da subito ebbe fama di santità. Ed ebbe attenzioni ancora attuali. Suor Nora ne cita alcune: “Nella sua azione evitò qualsiasi assistenzialismo, era chiara in lei l’idea di una promozione umana integrale. Ebbe una particolare attenzione ai migranti, all’epoca molti erano italiani. Anche grazie alla lunga esperienza di laica, era convinta del valore della femminilità. Si faceva rispettare, non aveva paura di dire quello che pensava, anche nei confronti della gerarchia. Ma fu persona di pace, riconciliazione e di dialogo, anche con i non credenti”. Per finire, “una santa sempre in cammino, in uscita”.
Sepolta in Uruguay
Un esempio importante per una Chiesa chiamata a essere missionaria, nel Paese con la minor pratica religiosa di tutto il Continente.
“In realtà – spiega la religiosa -, il santuario dove è sepolta madre Francesca è sempre frequentato. È vero che l’Uruguay ha una storia particolare, ma il popolo non ha dimenticato le sue radici cristiane, soprattutto i più poveri”.
Il rito di canonizzazione, domenica, sarà seguito soprattutto in patria, con un megaschermo, “anche se sarà ancora notte”, dice suor Nora. Impossibile pensare a un viaggio così lungo, per la grande maggioranza dei fedeli.
Conclude il cardinale Sturla, che invece con alcuni confratelli vescovi sarà presente al rito.
“Ci stiamo preparando con gioia, è stato fatto un musical, destinato soprattutto ai giovani, ma apprezzato anche dagli adulti. Ora ci stiamo preparando per l’avvenimento di domenica 22 e domenica 29 maggio, al nostro ritorno, a Montevideo ci sarà una Messa di ringraziamento”.
Bruno Desidera
giornalista de “La vita del popolo”