Capodanno / Mattarella e il senso del ripartire insieme

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Ci sono tutte le chiavi per situarsi e per guardare avanti, nel discorso di fine anno del presidente Sergio Mattarella.
E c’è anche il punto di questo passaggio verso gli anni Venti: conosciamo i problemi, siamo consapevoli delle risorse, ma ci manca qualcosa, un innesco, per trasformare le risorse in chiavi per risolvere i problemi.
Il Capo dello Stato ovviamente non può offrire questo qualcosa: il suo deve essere un ruolo di regia, di garanzia, di facilitazione dei processi.
Per questo esordisce sulla prospettiva, che è una delle cose di cui sentiamo più pressante l’esigenza: “Per ampliare l’orizzonte delle nostre riflessioni; senza, naturalmente, trascurare il presente e i suoi problemi, ma anche rendendosi conto che il futuro, in realtà, è già cominciato”.
Un futuro che rischia non tanto di renderci, quanto prima di tutto piuttosto di farci percepire marginali. Proprio negli anni scanditi dagli anniversari di tre grandi che Mattarella non dimentica: Leonardo, Raffaello e Dante.
La parola chiave del discorso presidenziale, che, nel testo, occupa da sola tutta una frase, è: insieme.
Parola quanto mai inattuale, che traduce una esigenza ed evoca un sentimento. Dovremmo ripetercela, farla nostra. Come? Non certo ricordando le litanie del politicamente corretto che fanno la stessa misera fine del decreto del sindaco di Roma che ha proibito i botti di fine anno. Bisogna depurare questa ed altre parole chiave da un politicamente corretto che spacca il dibattito a metà, fra due opposti fronti che traggono le loro rendite l’uno dalla difesa retorica dello statu quo, l’altro dall’altrettanto retorica opposizione strillata e scorbutica.
Insieme significa, prima di tutto, come ci ha ricordato il presidente, consapevolezza della nostra identità, delle nostre risorse, dei nostri problemi. Non necessariamente in questo ordine, ma con questa ampiezza di vedute. Cosa non scontata, in tempi di analfabetismo di ritorno galoppante, di denatalità e di frammentazione del tessuto familiare e sociale. E, come si è appena constatato, di retoriche auto-immuni, come quelle malattie che ci affliggono nella post-modernità.
Eccoci allora all’agenda politica, già sincopata per il mese di gennaio, figuriamoci nella prospettiva del nuovo anno o addirittura del nuovo decennio.
Ma sulla politica, senza fare vaticini, destinati ad essere smentiti dalla fantasia degli attori, piccoli e grandi, italiani, europei e internazionali, si potrebbe avanzare una proposta, dalla parte dei cittadini e delle forze sociali e culturali, che ormai sono consapevoli della loro identità autonoma, slegata da appartenenze e finalizzazioni politiche immediate: impegniamoci, media, rappresentanze sociali, istituzioni culturali, tutti quegli attori che il presidente ha puntualmente e giustamente indicato, rifiutiamo di dare credito e di prendere in considerazione proposte che non abbiano un respiro almeno a cinque anni. Partendo dal nostro piccolo.
E, perché no, dal mondo cattolico italiano, che Papa Francesco pungola ad assumere un ruolo creativo. Così da ritrovare la misura delle cose, primo principio di una cittadinanza piena.

Francesco Bonini

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