Carnevale Acireale -7 / Risale al 1880 la sfilata dei carri allegorici

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I nostri antenati iniziarono a celebrare il Carnevale ad Acireale a metà del 1500. Quando cominciava a costruirsi un “nuovo” casale appartenente ai casali delle Aci. Quel casale prese subito ad estendersi perché aveva molti requisiti per farlo.
Anzitutto, la posizione: una larga terrazza dalla quale si apriva e si dominava un ampio panorama sul mare.
E la brezza marina forniva ininterrotta e vitale ventilazione a quel sito. Il bosco lo rigenerava. E l’acqua che scendeva dal cuore dell’Etna assicurava sviluppo di vita a tutti i livelli.

Foto Massimo Musmeci

Le persone che scelsero di abitare questi luoghi si ritrovarono attorno a un pozzo e dinanzi a una cappella dedicata alla Vergine Annunziata. Vollero che “nascesse” un tempo nuovo dove ciascuno degli abitanti doveva portare qualcosa di diverso. Bisognava inventare attorno a una Vergine che aspettava un figlio. Bisognava creare un futuro per una generazione nuova.
E nacquero le prime abitazioni e le prime chiese. Ma dovevano essere “originali”. Cariche di novità, di bellezza, di arte elaborata da intelligenza, da generosità di impegno, da bontà di animo, da mani animate da spirito elevato.
Una Città veramente “superba”. Maestosa. “Reale”.

Foto Massimo Musmeci

Fu Abatazzo la prima maschera del Carnevale di Acireale

E anche il Carnevale doveva avere quelle caratteristiche. Difatti, la prima “maschera” fu quella dell’ “Abatazzo” che intendeva diffondere l’idea dell’uomo impegnato nella cultura, nella pienezza del sapere e della scelta di modo di vivere sobrio. E.. l’altra “maschera” che apparirà in seguito sarà quella del “Barone”: un possidente altolocato che sapeva investire sui terreni e vivere nell’agiatezza.

“Superbo” il programma degli abitanti di Aci che iniziarono a commerciare la seta, le pelli, le corde e ad abbellire chiese e palazzi e ville con affreschi, ori e argenti e con artistiche tele e con dignitosi monumenti e con legno plasmato e con ricami e.. col sorriso di un’arte protesa ad un produttivo contagio, ad una diffusione del pensiero, del sentimento, del dialogo aperto e costruttivo, dell’armonia del buono e del bello, del reale e del fantastico, dell’umile e del sublime. Della generosa energia esistenziale che rende nobile la vita.
Nel 1880 gli acesi inventarono la “sfilata” dei carri. Che oggi si ripete ancora.

Foto Massimo Musmeci

Riconosco di essermi dilungato sull’origine del Carnevale Acese, senza accennare all’edizione 2025. Ma i carri allegorico-grotteschi si devono ammirare in circuito più che qui descritti. L’ultima sfilata sarà martedi 4 marzo e… sarà – ancora una volta – una stupenda festa di grandiose maschere, di luci, di colori, di suoni. Di costumi, di coriandoli, di gruppi in maschera, di concerti, di intrattenimenti vari e di decine di migliaia di volti di persone che sorridono… Perché il Carnevale di Acireale è tutto questo e non solo e va vissuto personalmente.

Carnevale Acireale / L’elenco dei CARRI in concorso

CATEGORIA “A”:

“CHE PECCATO” dell’Ass.ne culturale “ARDIZZONE COREOGRAFIE”
“EUTOPIA” della “S.F. COSTRUZIONI srl di CAVALLARO”
“FUGA DALLA REALTÀ” dell’Ass.ne culturale “PRINCIPATO”
“UN NUOVO MODO DI PENSARE” dell’Ass.ne culturale “SCALIA FICHERA”
“RE…DIVIVO” dell’Ass.ne “PERSICHINO/MESSINA”

Foto Massimo Musmeci

CATEGORIA “B”:

“ANTICO SPLENDORE” dell’Ass.ne culturale “COCO”
“QUANDO IL DIAMANTE BRILLA, L’INVIDIA STRILLA” dell’Ass.ne culturale “ARTE E CULTURA di CAVALLARO PAOLO G.”
“PERLA d’AMARE” dell’Ass.ne culturale ”M S M”
“SPECIE PROTETTA” dell’Ass.ne  culturale “LEOTTA RACITI”.

Nella storia del Carnevale di Acireale, un posto speciale ebbero le “Carrozze Infiorate” che poi divennero “Macchine Infiorate” e, infine, si trasformarono in “Carri Infiorati”. Non sono affatto scomparsi ma sono stati oltremodo valorizzati.
È stata creata una specifica “FESTA DEI FIORI” che si tiene successivamente, in Primavera. E sarà la festa della gentilezza, della finezza, della cortesia, del profumo, della leggiadria, elegante e raffinata, soave e leggera. Dolce. Come vuole essere una Città che ama l’Arte.

Antonino Leotta