Una conferenza dedicata alle frontiere dell’Intelligenza artificiale, quella tenuta il 10 maggio nello Studio Teologico San Paolo di Catania. Con una domanda di fondo: “La morte è la fine di tutto?” Tra le voci più importanti, quella del fisico Federico Faggin, che ha una lunga carriera nel campo della ricerca tecnologica e scientifica, soprattutto negli Stati Uniti. Dopo i saluti del direttore, Antonino Sapuppo, a introdurre l’argomento è don Vittorio Rocca, docente per lo Studio, a proposito dell’intelligenza artificiale. Lo fa riportando l’episodio di un parroco che ha chiesto aiuto a Chatgpt (l’ormai noto algoritmo capace di genare testi in base a determinati input) per l’omelia domenicale. I fedeli che l’hanno ascoltata non hanno trovato nulla di particolarmente diverso dalle solite prediche.
Ci si chiede così se anche i teologi potranno essere rimpiazzati dall’intelligenza artificiale. Gli algoritmi saranno capaci di darci risposte anche sulle questioni morali ed etiche? Il professore si sofferma su una serie di quesiti che riguardano i limiti dei computer. Sono quei limiti che ci rendono unicamente umani e che una macchina non potrà mai eguagliare. Dobbiamo ricordarci che “per comprendere la miscela di fattori, di ragioni di un essere umano, si richiede un discernimento umano”. In conclusione, “il rimedio non è intensificare la formazione digitale ma quella umana, una formazione morale della coscienza responsabile”.
Catania / Intelligenza artificiale: “la morte è la fine di tutto?”
Il fisico Francesco Faggin, autore del libro “Irriducibile. La coscienza, la vita, i computer e la nostra natura” edito da Mondadori nel 2022, parte dalla sua esperienza. “Un fascio di luce, energia fisica che esce dal mio petto. Un amore mille volte più potente di quello mai provato fino ad allora. Gioia e senso di pace. Mi sono sentito uno con il tutto esattamente come ogni cellula del nostro corpo è una parte del corpo intero. Era l’esperienza della coscienza”.
La morte è la fine di tutto? Faggin dà una risposta. Ma prima di formularla chiede di seguire un ragionamento non proprio semplice. Partiamo dalla definizione di coscienza: secondo la scienza classica la coscienza è l’insieme di segnali elettrici e biochimici presenti nel cervello. Un epifenomeno del funzionamento del cervello. Invece, secondo la fisica quantistica, spiega, la coscienza (come anche il libero arbitrio) è qualcosa di più. È un fenomeno puramente quantistico.
La fisica quantistica
La fisica quantistica, che studia i microfenomeni per cui la fisica classica non riesce a dare risposta, deriva interamente da informazioni quantistiche. L’informazione quantistica non è clonabile, non è conoscibile da fuori e quindi coincide con l’esperienza interiore di un ente quantistico. La coscienza è la capacità di un sistema quantistico di avere esperienza del suo stato. Si tratta di un’esperienza privata che può essere conosciuta solo dall’interno. Soltanto noi possiamo far esperienza della nostra coscienza. Ma essa non è pienamente comunicabile.
“L’esperienza che ho dentro di me non è le parole che uso per esprimerla”. In altri termini, continua Faggin, “noi siamo stati di campo e il corpo è un contenitore all’interno di tale campo. Quando il corpo muore la coscienza rimane, ci svegliamo ad una realtà più vasta. Quindi la morte non è la fine di tutto”. In merito all’intelligenza artificiale, sposa il pensiero di Vittorio Rocca circa la conoscenza dei limiti delle macchine e aggiunge: “A differenza delle informazioni quantistiche, le informazioni classiche contenute in un computer possono essere copiate e questo dimostra che l’intelligenza artificiale non può avere una coscienza e non può avere libero arbitrio”.
Eugenia Castorina