L’eco della visita del Papa a Lesbo e l’ennesimo naufragio nel Mediterraneo che pare abbia provocato oltre 200 vittime, stipate su quattro barconi malconci in partenza dall’Egitto. Si è aperto sulla scia di questi eventi il 38° convegno nazionale delle Caritas diocesane, in corso dal 18 al 20 aprile a Sacrofano, in provincia di Roma. Circa 600 partecipanti da 174 Caritas diocesane di tutta Italia, per discutere del tema “Misericordiosi come il Padre”. Giovedì incontreranno Papa Francesco in Vaticano. Oggi saranno presentati una iniziativa per i profughi sulle navi nel Mediterraneo e un dossier con i numeri dell’accoglienza ecclesiale in Italia.
“L’accoglienza ai profughi è solo un atto di restituzione per aver impoverito queste persone”. La visita di Papa Francesco a Lesbo e il dolore per l’ennesima tragedia nel Mediterraneo che ha causato probabilmente 400 morti hanno dato lo spunto a monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, per rispondere ad alcune polemiche e precisare meglio quale deve essere l’atteggiamento delle comunità cristiane nell’inclusione sociale dei poveri, compresa l’accoglienza dei migranti. Orecchie più attente non poteva trovare, visto che l’uditorio era composto dai 600 rappresentanti di 174 Caritas diocesane di tutta Italia, riuniti a Sacrofano, in provincia di Roma, fino al 20 aprile per il 38° convegno nazionale delle Caritas diocesane, sul tema “Misericordiosi come il Padre”.
“Guerre e povertà spingono migranti a fuggire”. In risposta a chi accusa il Papa di incentivare l’immigrazione con gesti come la visita a Lesbo mons. Galantino ha precisato: “Chi fa queste affermazioni mostra di avere una intelligenza un po’ al di sotto della media. Perché chi spinge questa povera gente a scappare sono le guerre, la povertà, come quelle che si stanno combattendo in questo momento in Libia, in Siria, in Iraq”. “Per noi inclusione sociale dei poveri significa anche imparare con coraggio che il primo elemento che favorisce l’immigrazione non è il Papa che va a Lampedusa o a Lesbo – ha puntualizzato –.
Ci vuole intelligenza e capacità di capire, di convincerci e di dire che ciò che sta succedendo oggi, con molta probabilità, è anche nostra responsabilità”.
“Inclusione sociale dei poveri – ha precisato – significa fare cultura, imparare a leggere bene la storia, perché la prima spinta all’immigrazione è risultato di un certo tipo di politica. Solo con un impegno teso a restituire al povero la dignità che gli è stata sottratta e chiamando per nome le mani che gli hanno tolto questa dignità possiamo riuscire a potenziare una cultura che capisca quello che facciamo”. Parlando più in generale dell’atteggiamento della Chiesa nei confronti dei poveri, mons. Galantino ha ribadito ciò che Papa Francesco ricorda da tempo: “Una Chiesa che, nel suo stile, nelle sue scelte e nelle sue parole, si percepisce come un potere accanto ad altri poteri”, che “non usa strategie accorte”.
“La carità non è un gingillo ma la tuta di ogni giorno”. Anche perché, aveva detto poco prima nella prolusione il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente di Caritas italiana, “la carità non è un gingillo da indossare ogni tanto, è la tuta di ogni giorno” e compito della Caritas “è aiutare il povero e aiutare la comunità a comprendere”. “Bisogna moltiplicare gli sforzi – ha affermato – e stimolare sempre di più la politica”. “Se i modelli di sviluppo sono ancora dominati dal mito della crescita indefinita e persiste una cultura individualistica dell’’ognuno per sé’ che crea ingiustizia e lascia morire e se gli uomini di governo e di potere non sono in grado di sottrarsi a questo mito e a questa cultura, le comunità cristiane non possono non sentirsi interpellate da questi fatti”.
“Non è possibile costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi, perché sappiamo che le cose possono cambiare”.
Da qui l’invito a un’azione pedagogica, per creare una “cittadinanza ecologica” che “non si limiti a informare ma riesca a far maturare e a cambiare le abitudini in un’ottica di responsabilità”.
Abiti e scarpe per i salvataggi sulle navi. Oggi, oltre ad una tavola rotonda su come ricostruire l’Italia dopo la crisi, si parlerà ancora di profughi: l’ammiraglio Andrea Gueglio, coordinatore della missione europea Eunav for Med- Operazione Sophia in atto dal 22 giugno 2015, illustrerà l’iniziativa “Warm up” (“Riscaldare”) realizzata in collaborazione con Caritas italiana: per arginare i casi di ipotermia durante migliaia di salvataggi in mare, sulle navi della Marina militare saranno distribuiti ai profughi 1000 kit di abbigliamento e calzature.
23 mila profughi accolti nelle strutture ecclesiali. L’ufficio immigrazione di Caritas italiana presenterà inoltre un dossier aggiornato con i numeri dell’accoglienza nelle strutture ecclesiali in Italia: al 15 aprile 2016 sono accolti circa 23 mila profughi, di cui 13.896 in strutture convenzionate con le Prefetture-Cas (fondi Ministero interno), 4184 in strutture Sprar (fondi Ministero interno), 3.477 nelle parrocchie (fondi diocesani), 491 in famiglia o in altre tipologia di accoglienza (fondi privati e diocesani). Le regioni ecclesiali con il più alto numero di accoglienze sono la Lombardia, con oltre 4 mila persone accolte, il Triveneto con oltre 2.750, Piemonte-Val d’Aosta con circa 2.400 e Sicilia (più di 2.100). La rete ecclesiale si fa carico di 1/5 dell’intero sistema di accoglienza in Italia, che attualmente ospita oltre 80 mila persone. Lo scorso anno sono sbarcate in Italia 154mila persone, circa 24mila dall’inizio del 2016 ad oggi.
Patrizia Caiffa