Acireale e Catania, dalla notte dei tempi, rappresentano due poli significativi del nostro territorio. Entrambe, geograficamente parlando, sono “sorvegliate speciali” dall’Etna da un lato, e baciate dalle sinuose acque dello Jonio dall’altro.
Se ci fossimo trovati all’epoca dei miti e delle leggende, potremmo dire che i loro trascorsi avrebbero offerto spunti per impiantare intriganti vicende del tipo “Eros e Tànatos”. Storie in cui i sentimenti di amore e odio risulterebbero svisceratamente interconnessi.
Non sto qui a disquisire a lungo sulle basi storiche che hanno determinato questo stato di cose. Ma tutto nasce intorno alla prima metà del 1300, quando oltre ai dissapori tra le Aci dell’entroterra con gestione feudale ed Aci Aquilia Nuova (Acireale ) con gestione demaniale, si aggiunsero quelli con Catania che vantava in concorrenza una considerevole produzione di seta.
Questi motivi determinarono rivalità che, gradualmente, assunsero i connotati di una vera e propria guerra fredda. E quando, più in là nel tempo, in occasione dei moti rivoluzionari antiborbonici del 1821, Acireale non si schierò a fianco dei patrioti catanesi che caddero martiri in diverse fucilazioni, inutile dire che le asperità si acuirono.
Ma nel momento in cui entrambe le città si ritrovarono a fianco nella rivoluzione contro i Borboni, e precisamente nel 1848, si capì che era arrivato il momento di dare un taglio alle ostilità.
Catania e Acireale unite nella fede dalla sante patrone Agata e Venera
Come non placare le secolari incomprensioni se non davanti alle rispettive Sante Patrone? Infatti quell’anno nelle feste patronali di luglio ad Acireale sfilarono in processione le immagini delle Sante Venera e Agata. Precedentemente Catania per suggellare il desiderio e la volontà di conciliazione, dono’ ad Acireale un Tricolore ed una spada. Nella sua elsa, riccamente decorata, si riportavano i simboli delle due municipalità: l’elefante e la riviera dei Ciclopi.
Prima dell’inizio della lama, traluce l’iscrizione RESPICE FINEM ( guarda alla fine). Questi doni, dopo misteriosi trafugamenti, sono stati recuperati ed oggi la spada campeggia sulla base frontale del prezioso busto reliquiario di Santa Venera.
La storia ci insegna che, quando l’uomo non rivolge lo sguardo verso il cielo, non si potrà mai godere sulla terra la concordia e la pace. Con questo spirito dobbiamo guardare ai nostri Santi che nell’incipiente periodo estivo, vengono festeggiati un pò dovunque. Solo fidandoci e affidandoci al loro esempio, si potrà avviare il motore della solidarietà e della promozione umana.
Concludo con un detto che i non più “giovani” come me, ricorderanno: “Sant’Aita ppi ricchizzi, Santa Vennira ppi biddizzi”. Non credo che i nostri Padri in questa constatazione abbiano voluto sottolineare la portata della ricchezza e della bellezza solo dal punto di vista esteriore. È tangibile che esse sono senz’altro presenti nei pregevoli busti reliquiari delle Sante Patrone Agata e Venera.
Sono certo che i nostri antenati, nella sintesi di quei due valori, abbiano trovato un unico denominatore. Cioè il contrappeso alla precarietà delle vicende umane che, nella santità, trova senso e pienezza di pace e di speranza.
Marcello Distefano