Chiesa e coronavirus / La benedizione “Urbi et Orbi” di Papa Francesco è un invito ad affidarsi al Signore

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Straordinario appuntamento quello vissuto venerdì 27 marzo insieme a Papa Francesco, in diretta dal Sagrato della Basilica di San Pietro. Appuntamento annunciato personalmente dal Papa nell’Angelus di domenica 22 marzo e poi ricordato nell’Udienza generale di mercoledì 25 marzo, Solennità dell’ Annunciazione del Signore.
Nell’Angelus, infatti, il Papa aveva annunciato questo importante appuntamento dicendo: “Ascolteremo la parola di Dio, eleveremo la nostra supplica, adoreremo il Santissimo Sacramento con il quale al termine darò la Benedizione Urbi et Orbi, a cui sarà annessa la possibilità di ricevere l’indulgenza plenaria”.
La Benedizione “Urbi et Orbi” che normalmente viene impartita nel giorno di Natale e di Pasqua, è propria del ministero petrino perché si riferisce alla città di Roma e al mondo.
Alla Benedizione Urbi et Orbi si unisce la possibilità dell’indulgenza plenaria con la quale si ottiene la remissione della pena temporale provocata dal peccato, vengono cioè perdonati sia le colpe commesse che la pena.
Un momento straordinario di preghiera , un momento di straordinaria grazia e di misericordia che hanno inondato Piazza San Pietro e ogni uomo che posava lì il suo cuore stanco e smarrito.

Posti sulle colonne laterali del cancello della Basilica di san Pietro vi erano l’icona di Maria Salus Populi Romani, icona custodita nella Basilica di Santa Maria Maggiore, risalente al primo millennio cristiano e ritenuta dalla tradizione come dipinta da san Luca, e nell’altra colonna, invece, vi era posto il Crocifisso ligneo risalente al XV sec.  e custodito nella chiesa di san Marcello in Roma.  Questo Crocifisso è legato a due episodi ritenuti miracolosi: quello che vide scampato questo Crocifisso dall’incendio che aveva colpito la chiesa dove era custodito e quello della fine di una grave peste che aveva colpito Roma, dopo averlo portato in processione.
Sia l’icona della Vergine Maria, sia il Crocifisso erano stati meta del pellegrinaggio compiuto in modo non programmato, domenica 15 marzo dal Papa.
In questo scenario, nelle primi luci del vespro, in una piazza vuota, ma piena di preghiera, si vede salire il Papa sul Sagrato, da solo, affannato, come se portasse con sé tutta la supplica di un mondo ferito, per presentarlo a Dio, Padre di misericordia.
Dal Sagrato si ode proclamare la parola di Dio attraverso la lettura del vangelo di Marco nel racconto del miracolo della tempesta  sedata (Mc 4,35 – 41 ).
Il brano inizia con il dire che è sera: “La sera di quello stesso giorno…”. Gesù chiama i suoi discepoli a lasciare la folla e ad andare nell’altra sponda del lago. Saliti sulla barca per attraversare il lago,  incontrano una tempesta che impaurisce i discepoli; Gesù, specifica Marco, dorme in fondo alla barca. Presi da forte spavento i discepoli iniziano a chiamare Gesù dicendogli: “Maestro, affondiamo! Non te ne importa nulla? Egli si svegliò, sgridò il vento e disse all’acqua del lago: “Fa silenzio! Calmati! Allora il vento si fermò e ci fu una grande calma. Poi Gesù disse ai suoi discepoli: “Perché avete tanta paura? Non avete ancora fede?”.
Da settimane sembra sia scesa la sera – inizia il Papa a dire nella meditazione al Vangelo ascoltato –  fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città, si sono impadronite delle nostre vite riempiendo  tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati smarriti e impauriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo, importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda”.
Ci troviamo dentro questa tempesta nei silenzi di risposte assenti; di false certezze a cui ci si affidava; una tempesta che smaschera la vulnerabilità.
La tempesta dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato  ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta toglie il trucco ai diversi stereotipi con i quali si mascherano i nostri ego sempre preoccupati della nostra immagine.
Si è andati avanti vivendo con fretta, dimenticando i poveri, maltrattando il pianeta, avidi di successo e di denaro, dimenticando la Verità, facendo guerre .
Ora, mentre stiamo in mare agitato, t’imploriamo: “Svegliati Signore”.
A questo grido Gesù ci pone un appello alla fede: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”.
Un appello alla fede che, come precisa papa Francesco, non è tanto credere che Dio esista, ma è un venire a Dio e fidarsi di Dio.
In questa Quaresima, afferma il Papa, risuona l’appello urgente di Gesù : “Convertitevi”,” ritornate a me con tutto il cuore” ( Gal 2,12 ).
In questo tempo di prova, afferma il Papa, Dio ci chiama a vivere questo tempo come un tempo di scelta: scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. E’ il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri.
L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza, non si è autosufficienti, da soli si affonda; invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca.
Come ai discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai.
In questa tempesta il Signore ci chiede di risvegliare la solidarietà e la speranza, capaci di dare solidità, sostegno e significato in questo tempo dove tutto sembra naufragare.
Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un’àncora: nella sua Croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua Croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua Croce siamo stati risanati e abbracciati, affinchè niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore.
In questo tempo in cui si vive l’ assenza degli abbracci, siamo invitati ancora di più ad abbracciare Gesù crocifisso, abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza.
In questo tempo, ancora di più, facciamo risuonare l’annuncio che ci salva: “Cristo è risorto e vive accanto a noi”.
Toccanti le parole di papa Francesco che sgorgano da un cuore che ama Dio e la sua Chiesa.
Un invito alla fede, quella fede che con coraggio crede che Dio ci ama e grazie ad essa, con fermezza, si intraprende l’autentica strada della conversione: girare le spalle al peccato per camminare con verità sulla via dello Spirito  Santo che conduce all’amore misericordioso di Dio, sentendosi figli di questo Padre che ama, soffre e gioisce insieme ai suoi figli, come ci ricorda l’Apostolo Pietro: “Dio ha cura di noi” ( Cfr 1 Pt 5,7 ).

Letizia Franzone