Chiesa e Stato / 86 anni fa la firma dei Patti Lateranensi

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a1929nEra l’11 febbraio 1929 – 86 anni fa – quando furono firmati i “Patti Lateranensi”. Essi tutt’oggi regolano i rapporti tra Chiesa e Stato, come recita l’art 7 della costituzione: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti (tra Chiesa e stato) sono regolati dai Patti Lateranensi.” Grazie ad essi si chiuse la questione romana, aperta sotto il pontificato di Pio IX, cioè una vertenza tra Stato Sabaudo e Chiesa. La Chiesa Cattolica aveva espresso chiaramente di volere un Concordato che regolasse le condizioni della Chiesa in Italia ed un trattato che riconoscesse i confini territoriali della Chiesa, fondando lo Stato della Città del Vaticano.

In breve, all’interno del trattato, si afferma che la Religione Cattolica è l’unica religione dello Stato (art. 1), garantisce alla S. Sede il diritto di legislazione, la libertà nell’indire conclavi e concili; liquida il credito della S. Sede verso l’Italia mediante un versamento di un compenso di un miliardo in titoli di stato e di 750 milioni di lire in contanti come risarcimento per tutti i beni confiscati dallo stato liberale. Mentre il Concordato assicura alla Chiesa il libero esercizio del potere spirituale, del culto e consente alle patti_lateranensiscuole secondarie d’introdurre l’insegnamento della religione, già introdotto qualche anno prima nelle scuole elementari, però proibisce ai sacerdoti di partecipare alla vita politica. Presenti all’evento del negoziato giuridico c’erano il cardinale Segretario di Stato Pietro Gasparri per conto della Santa Sede e Benito Mussolini, capo del Fascismo, come primo ministro italiano. Entrambi firmarono gli accordi raggiunti nel palazzo di San Giovanni in Laterano, da cui il nome Patti lateranensi.

Questa ricorrenza cade proprio nella chiusura dell’ottava riunione del Consiglio di Cardinali che sta studiando un progetto per riformare la curia romana sull’indicazione di Papa Francesco “una chiesa per i poveri”.

Riccardo Naty

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