La solennità di Pentecoste (Domenica 5 Giugno), nella nostra Diocesi, coincide con l’annuale giornata pro-Seminario. Qualcuno, forse i più, pensano che questa giornata sia mirata, esclusivamente, alla raccolta delle offerte per sostenere l’Istituto che, giustamente, viene definito “cuore e centro della chiesa locale” (OT, 5). Oltre a questo aspetto economico, a cui tutti siamo chiamati a concorrere, la giornata deve farci prendere coscienza dell’importanza e del relativo impegno che tutti dobbiamo avere nei riguardi del Seminario.
Ricordo con affetto l’indimenticabile prof.ssa Camilla Bella. La quale, il 27 dicembre 1983, nella veste di Presidente diocesana di AC, intervenne ad una tavola rotonda all’annuale convegno diocesano. All’inizio del suo intervento ella disse: “Vorrei pensare che, in questo momento, tutti i seminari del mondo siano stati chiusi. Per alcuni la notizia non desterà nessuna reazione, per molti è come se fosse morte la speranza”. Ero entrato da pochi mesi in Seminario e l’immagine del prete come portatore di speranza mi ha accompagnato negli anni della formazione. E mi impegna tutt’oggi nell’esercizio del ministero.
Il compito educativo e formativo del Seminario
E’ grave il compito educativo e formativo del Seminario, chiamato ad accompagnare quanti si preparano a diventare Sacerdoti. Non si tratta solo di una formazione teologico-spirituale, ma di preparare Preti pronti a affrontare le sfide che ogni tempo propone. Disponibili al dialogo con le varie correnti culturali che la società offre. Persone a servizio delle comunità, a tempo pieno, non impiegati del sacro. Servi di Cristo e non casta; gente libera da ogni attaccamento mondano, dal denaro soprattutto, capaci di far proprie “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi” (GS, I).
Occorre formare, come ricordava Papa Francesco incontrando il Seminario Regionale Marchigiano, a far sì che ”Solo trasformati dalla Parola di Dio potrete comunicare parole di vita. Il mondo è assetato di sacerdoti in grado di comunicare la bontà del Signore a chi ha sperimentato il peccato e il fallimento. Di preti esperti in umanità, di pastori disposti a condividere le gioie e le fatiche dei fratelli. Di uomini che si lasciano segnare dal grido di chi soffre”.
Quanta responsabilità è assegnata ai Superiori, che vivono il loro ministero nella penombra, ma la cui efficacia è fondamentale.
Il Seminario dovrebbe tenere nei cuori di tutti, e in quello dei sacerdoti in particolare, un posto privilegiato. Dovremmo contribuire , con la testimonianza della vita e mostrando la bellezza del sacerdozio, al nascere di nuove vocazioni. Come ricordava Monsignor Pasquale Bacile al suo saluto al presbiterio della Diocesi, la lampada si accende sempre da uno stoppino e ognuno dovrebbe essere fiero di esserlo.
Il ruolo del Seminario nella chiesa diocesana
Anche il Seminario dovrebbe mostrare la sua vitalità nella Chiesa diocesana. E’ fortemente riduttiva una presenza sporadica in qualche comunità della diocesi, per vivere poi una forma di “segregazione” che lo tiene fuori da ogni contesto socio-culturale-ecclesiale. Se è vero che la prima formazione si fa dinanzi al tabernacolo e nello studio serio e appassionato, non è da meno la strada, dove si incontra l’umanità ferita che attende non solo il pane della Parola e dell’Eucarestia, ma anche un buon samaritano capace di versare sulle piaghe “l’olio della consolazione e il vino della speranza”(Prefazio).
Monsignor Erio Castellucci, Vescovo di Modena e vice presidente della CEI, nel suo libro “Rifare i Preti. Ripensare ai Seminari”, guardando all’istituzione del Seminario, operata dal Concilio di Trento (a cui, purtroppo, ci si ispira anche oggi), scrive: “Credo che gli stessi padri di Trento, se si riunissero oggi, darebbero vita ad un Seminario differente rispetto a quello da loro provvidenzialmente impostato. E lo farebbero, credo, proprio sulla base della medesima istanza di allora. Cioè la necessità di formare presbiteri capaci di essere pastori e di stare in mezzo al gregge. Probabilmente però – continuo con una certa dose di presunzione – non punterebbero sul presidio del territorio ma sulla prossimità al popolo di Dio”.
Anche il Seminario come “Chiesa in uscita”
Se Papa Francesco ci indica come priorità pastorale quella di essere una “Chiesa in uscita”, credo che anche il Seminario – nelle dovute forme – è chiamato a percorrere questa strada. Ad aprire il suo cancello in ferro battuto che lo recinta e a mostrarsi al mondo. Con meno atteggiamenti clericali (“Il clericalismo è una perversione del sacerdozio” – Papa Francesco) a cui sembrano ispirarsi le nuove generazioni.
La giornata per il Seminario ci trovi tutti coinvolti in questo arduo progetto. Perché la formazione è “un fatto di Chiesa” e tutti dobbiamo sentirci responsabili e coinvolti. Oltre che grati a quanti si spendono con generosità, sacrificio e impegno, a far sì che i futuri presbiteri siano “Pastori con l’odore del gregge”. (Papa Francesco). Testimoni del Vangelo della gioia, servi premurosi e uomini integrali.
Don Roberto Strano