Il popolo palagonese, in questi giorni, festeggia con la tradizionale solennità la Patrona Santa Febronia. Ad essa è legato profondamente per eredità di secoli di culto con una devozione profonda. La festa è la testimonianza dell’attaccamento viscerale del palagonese alla sua amata Santuzza.
In antico la festa di Santa Febronia a Palagonia, con i suoi peculiari riti, incuriosiva i forestieri e la rendevano tra le feste patronali più conosciute in Sicilia (Cfr. G. Pitrè: “Feste Patronali in Sicilia”, 1899, a cura di A. Rigoli, Palermo 1978; L. Capuana: “Di alcuni usi e credenze religiose della Sicilia” a cura di G. Finocchiaro Chimirri, Catania 1994).
I festeggiamenti patronali si celebravano il martedì dopo Pasqua e si protraevano per oltre una settimana. Il fercolo con l’effige della Santa peregrinava non solo per le vie polverose del paese ma si spingeva sin fuori il centro urbano verso siti molto cari alla devozione palagonese.
Nel pomeriggio del giorno di festa “il simulacro della Santa, per dirupi, per sentieri tortuosi, è portato processionalmente a li Costi”, in contrada “Coste”. Sulle colline sovrastanti il paese, presso l’eremo di Santa Febronia, l’oratorio rupestre bizantino. Qui la leggenda vuole si sarebbe riparato da un terribile temporale il monaco che portava da Roma la reliquia di Santa Febronia.
Il peregrinare del fercolo per le contrade del paese
Nella giornata dell’ottavario il sacro fercolo continuava il suo lungo peregrinare per le contrade del paese. Nella tarda mattinata la Santa si dirigeva verso la Nunziata, una chiesetta rurale immersa tra i rigogliosi giardini d’aranci, ex cappella dei Principi Gravina Cruyllas nel loro feudo dell’ex Stato di Palagonia.
Prima dell’avvento dei mezzi meccanizzati, era solito raggiungere la Nunziata a piedi o, per chi lo possedeva, comodamente con il carretto trainato dal cavallo superbamente “parato” a festa per l’occasione con variopinti fiocchi, pennacchi e ciancianedde. Nel pomeriggio, invece, il fercolo di Santa Febronia raggiungeva la Santuzza. L’edicola sacra situata appena fuori il paese nel crocevia della vecchia strada statale che porta a Catania, dove si intonavano le lodi della Santa.
Ma i festeggiamenti non terminavano definitivamente con le processioni. L’indomani dell’Ottava, infatti, era il tempo della “scampagnata di Santa Febronia” quando i palagonesi solevano recarsi nei pressi della Mofeta dei Palici nel sito ove sorgeva l’antica Palikè. Qui bucolicamente si passeggiava, si giocava e si consumavano le tradizionali pietanze preparate per l’occasione.
L’evoluzione dei tempi, e soprattutto le nuove disposizioni ecclesiastiche sopravvenute negli anni Novanta del secolo scorso, hanno trasformato radicalmente i festeggiamenti patronali. sopprimendo le peculiari tappe extraurbane della festa tanto care alla devozione palagonese. La data della festa si fissò definitivamente per il 25 giugno, dìes natalis e giorno della commemorazione liturgica della Santa Martire Febronia.
Vita di Santa Febronia
Febronia nacque alla fine del III sec. d. C. nell’antica Persia, nella città di Sibapoli – Nisibis, odierna Nusaybin, a sud della Turchia al confine con la Siria. Rimasta orfana all’età di due anni, visse all’interno di una di quelle prime comunità cristiane fiorenti in quell’epoca in Mesopotamia, sotto le cure della zia Brienna, badessa del monastero e della religiosa Tomaide. Febronia, crebbe in virtù e dottrina, consacratasi pienamente al Signore e dedita alla preghiera e alla penitenza. Si distingueva per la conoscenza delle Sacre Scritture e il suo carisma nell’insegnamento della sacra dottrina.
Giovane monaca, grazie alla sua docilità ed umiltà, divenne guida spirituale delle consorelle, attirando l’ammirazione di numerose donne della città. Fu durante la decima persecuzione contro i Cristiani indetta dall’imperatore Diocleziano, che Febronia, rifiutandosi di fuggire con le sue compagne dal monastero, è catturata e condotta davanti al giudice Seleno. La giovane vergine non cede alle varie lusinghe offerte, tra cui quella di andare in sposa al giovane Lisimaco, nipote del giudice.
Il martirio
Febronia resiste alle lusinghe promesse del giudice, che ben presto diventano minacce affinché abiurasse in favore delle divinità pagane. Febronia testimonia con fermezza ed eroicità la sua unica fede in Cristo. Viene, pertanto, condannata al martirio, secondo il martirologio romano, era, il 25 giugno del 305 d. c. Tra i tanti martiri esercitati sui Cristiani, nella Passio, quello della Vergine Febronia è descritto come uno dei più lunghi e cruenti subiti all’epoca. Legata ad un palo, viene flagellata, arsa, scorticata, le vengono strappati sette denti, tagliate le mammelle, quindi le mani ed i piedi, ed infine viene decapitata.
Il corpo della martire venne riposto nei pressi del monastero dove Febronia era vissuta, divenendo subito, lo stesso luogo, meta di pellegrinaggio e di preghiera, dove si racconta che si sono verificati numerosi prodigi. Nel 363 il corpo della santa fu traslato a Costantinopoli e successivamente, intorno all’anno 800, lo stesso corpo giunge a Trani. Dalla città pugliese, il corpo si disperse durante i saccheggiamenti compiuti dei saraceni. Il passaggio del sacro corpo dalla città pugliese è testimoniato da un reliquiario ligneo del ‘500 ed una tela custoditi presso il Museo Diocesano.
Il culto della santa si diffuse dall’oriente all’occidente
Dalle terre d’oriente il culto di Santa Febronia giunse in occidente con molta probabilità in epoca medievale grazie ai monaci di rito bizantino. Molteplici sono le località, sia in Italia come in Francia o in Spagna, che ricordano il culto e la devozione della Martire siriana. A Roma nella chiesa dei SS. Carlo e Biagio ai Catinari è custodito il cranio nella fenestella confessionis dell’altare maggiore. E una delle statue del Colonnato del Bernini, in Piazza San Pietro realizzato nel 1667-1668 dallo scultore Lazzaro Morelli, su commissione di Papa Alessandro VII (braccio destro nord casella n°26) raffigura Santa Febronia.
A Milano nel 1644, nei pressi dell’attuale corso Garibaldi, viene fondato un oratorio di Santa Febronia, con annesso conservatorio, dal sacerdote Francesco Maria Grasso su autorizzazione del vescovo di Milano Cesare Monti. Lo scopo era quello di accogliere fanciulle figlie di prostitute o di famiglie che non avevano i mezzi per sostenerle. Il conservatorio era gestito e diretto dalle monache “Orsoline”.
Nel 1624 alcune reliquie della santa arrivano a Palagonia
A Palagonia la devozione a Santa Febronia è antica di secoli. Sin dall’epoca medievale, infatti, nei dintorni del paese insistevano numerosi cenobi di religiosi abitati da monaci basiliani che dovettero importare la venerazione della Santa taumaturga di Sibapoli.
L’arrivo in paese, nel 1624, di alcune reliquie portate da Roma da un certo fra’ Baldassare da Leocata incrementarono il culto della Santa miracolosa venuta dall’Oriente. “La leggenda orale racconta delle reliquie del suo corpo e del loro culto in Palagonia.
Un frate domenicano (o cappuccino), come si vuole Rocco Pirri, reduce da Roma portava in Militello sua patria alcune reliquie, tra le quali quelle di Santa Febronia. Cammin facendo, smarrì la strada e dovette pernottare in Palagonia, anche perché si era scatenato un impetuoso temporale.
In quella notte gli apparve in sogno una vaga fanciulla che si disse Santa Febronia. Gli ingiunse impetuoso il desiderio di consegnare al parroco di quel comune le sue reliquie volendo essere riconosciuta come protettrice e patrona di esso.
Il giorno dopo il tempo si era rimesso a buono ed il frate pensò di riprendere il viaggio senza curarsi più di tanto del desiderio espresso e ricevuto in sogno. Giunto sulle alture di Palagonia, e, proprio alle grotte, comunemente intese le “Coste”, si scatenò un nuovo temporale che l’obbligò a riparare in quelle grotte.
Di nuovo abbonacciò il tempo, ma quando il frate volle riprendere il viaggio, le gambe non gli si reggevano e la mula non voleva dare un passo. Che gli rimaneva di fare? Rientrare in Palagonia e provvedere ai casi suoi. E lì consegnò le reliquie. E fu saggia soluzione la sua, perché il cielo si rasserenò ed egli riprese liberamente il suo viaggio per tornare a Militello”. (da“Feste Patronali in Sicilia” di Giuseppe Pitrè, 1899).
Carmelo Solano
Giuseppe Lagona