Ha preso il via il trentacinquesimo viaggio apostolico di Papa Francesco a Cipro e in Grecia. Un pellegrinaggio voluto dal Pontefice verso due terre dilaniate, ponti millenari tra Oriente e Occidente. Lo scopo era e resta portare l’incoraggiamento della Chiesa cattolica ai “piccoli greggi”, sulle orme dei primi missionari. Tra i temi affrontati, primeggia la crisi dei migranti e l’appello all’accoglienza. “A noi, come Chiesa è chiesto di essere lievito che fermenta e andare avanti con fiducia” esorta Bergoglio.
Cipro, terra di fede e di piaghe
La Repubblica di Cipro, Stato del Mediterraneo orientale, terra evangelizzata dagli apostoli Barnaba e Paolo nel 46 d.C, è oggi straziata da profonde piaghe. E’ stata per secoli attraversata da instabilità politica, dapprima soggetta al dominio ottomano, britannico e all’invasione della Turchia nel secolo scorso. La capitale, Nicosia, è divisa oggi da una “linea verde” militarizzata. Territorio multietnico e religioso, già Benedetto XVI ne aveva riconosciuto l’esempio virtuoso: “Cipro può giocare un ruolo particolare nel promuovere il dialogo e la cooperazione”.
La Grecia: dall’età dell’oro alla crisi
La Grecia, culla della cultura classica e della democrazia occidentale, vive oggi una condizione di precarietà economica aggravata da un’emergenza umanitaria. Qui San Paolo radicò il cristianesimo e da Filippi, prima città evangelizzata d’Occidente, si irradiò il Cristianesimo in tutta Europa. Gli scontri con Ankara negli anni cinquanta sulla questione di Cipro, la Dittatura dei colonnelli, il tracollo economico del 2009 sono solo alcune delle piaghe che l’hanno vessata. Negli ultimi anni, migliaia di profughi sono naufragati a largo delle coste egee. Papa Francesco nel 2016, in un accorato viaggio a Lesbo, mostrò la sua vicinanza a quell’umanità senza volto: “Speriamo che il mondo si faccia attento a queste situazioni di bisogno tragico e veramente disperato, e risponda in modo degno della nostra comune umanità”.
Chiesa / Lo storico viaggio del Papa a Cipro e in Grecia: il Mediterraneo come monito all’Europa
Papa Bergoglio, in un videomessaggio inviato ai popoli delle due mete, aveva annunciato come il suo viaggio avrebbe rappresentato “un’opportunità per abbeverarsi alle sorgenti antiche dell’Europa“. I due territori inglobati nel mare nostrum hanno permesso al pontefice di affacciarsi con coraggio al tema degli “ultimi”, vittime di angherie e soprusi e soprattutto, dell’indifferenza. Il Mediterraneo, crocevia di civiltà nei secoli, abbraccia un’“Europa che non può prescindere – dichiara Papa Francesco – dalle ripetute tragedie”. Invita dunque tutti gli Stati a “navigare insieme” in un tempo di crisi, aggravato dagli effetti della pandemia. Nell’esacebarsi delle ostilità verso gli immigrati, il suo auspicio è che Cipro e la Grecia, “paesi ricchi di storia, di spiritualità e civiltà” possano essere “laboratori” di integrazione.
Chiesa / Lo storico viaggio del Papa a Cipro e in Grecia: un odio che si chiama filo spinato e indifferenza
A Nicosia, nell’antica chiesa di Santa Croce, riferimento per i cattolici ciprioti, il Papa ha tenuto un momento di preghiera con la comunità dei migranti. Le toccanti testimonianze di quattro profughi provenienti dal Congo, Camerun, Sri Lanka, Iraq, spingono Bergoglio ad appellarsi alle coscienze. Le sue parole risuonano con verità disarmante: “Voi siete arrivati qui, ma quanti dei vostri fratelli e delle vostre sorelle sono rimasti per strada? Quanti disperati iniziano il cammino in condizioni molto difficili e non arrivano?”
Ineludibile è il confronto del Pontefice con il vicino passato, tanto esorcizzato quanto ancora esistente nella realtà odierna. Bergoglio rievoca i campi nazisti e i lager di Stalin e ne tesse la comparazione con ciò che accade nelle coste del Mediterraneo e dell’Egeo. I lager di sterminio diventano i fili spinati imbastiti per non far passare i rifugiati, gente che fugge dall’odio e si imbatte in un rinnovato “odio che si chiama filo spinato!” E indifferenza, anestetico paralizzante della società odierna.
La democrazia che arretra
Papa Francesco, nel palazzo presidenziale di Atene, parlando al cospetto delle autorità del Paese, dichiara senza remore “l’arretramento” della democrazia europea. Parole dure e inequivocabili le sue, pronunciate con la fermezza e la schiettezza che lo contraddistinguono. La Grecia, “casa di popoli per secoli“, vede oggi uno “scetticismo” dell’esercizio democratico. Questo “richiede la partecipazione e il coinvolgimento di tutti e dunque domanda fatica e pazienza. È complesso, mentre l’autoritarismo è sbrigativo e le facili rassicurazioni proposte dai populismi appaiono allettanti”. Lo scetticismo popolare scaturisce dalla sfiducia verso i governi, dalla paura di una perdita identitaria che porta alla sete di fama e visibilità. Il male che ammorba l’Unione europea, come evidenziato da Francesco, è quello dei nazionalismi, da cui è profondamente lacerata.
I rimedi “umanitari” proposti da Papa Francesco
Francesco invita, come antidoto alla deriva umanitaria, al superamento dei parteggiamenti e degli egoismi a favore della partecipazione. Passare “dall’impegnarsi solo a sostenere la propria parte al coinvolgersi per la promozione di tutti”. Se un tempo le barriere in Europa erano di tipo ideologico, oggi, dice Bergoglio, il “pomo della discordia” sono i migranti. Esorta dunque al raggiungimento di “una visione d’insieme, comunitaria, di fronte alla questione migratoria. Bisogna rivolgere attenzione ai più bisognosi perché, secondo le possibilità di ciascun Paese siano accolti, protetti, promossi e integrati nel pieno rispetto dei loro diritti umani e della loro dignità”. A Lesbo, visitando il campo profughi di Mytilene, il Papa ribadisce: non bisogna difendersi dai più deboli. “Il futuro ci metterà ancora più a contatto gli uni con gli altri. Per volgerlo al bene non servono azioni unilaterali, ma politiche di ampio respiro”.
Graziana Caruso